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Abolire la festa del 25 Aprile?
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Abolire la festa del 25 Aprile?

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view post Posted on 26/4/2017, 15:10
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CITAZIONE (Giuseppe Saracino '88 @ 27/4/2015, 06:57) 
Maledetta quella guerra e tutto quello che ne seguì! Riusciremo mai ad aver pace?

Forse nel secolo venturo...

25 Aprile, giorno del rancore
di Luigi Iannone

Il 25 Aprile è la festa più tediosa e incomprensibile dell’anno. E non lo dico per repulsioni tardo nostalgiche o per fatto estetico e avversione visiva a drappi rossi o similari ma perché è una ricorrenza che si dice ‘democratica’ ma discrimina più persone di quante non ne facciano tutte le altre feste comandate messe insieme. Niente di più che un raduno di vincitori che non hanno mai avuto e, tuttora, non hanno umana pietà per i vinti. In Spagna questa vicenda la superarono subito con la Valle de los Caídos. Un solo cimitero affinché fratelli combattenti su fronti opposti potessero riposare tutti, per sempre e in pace.

Da noi, no! L’odio resiste imperituro e si alimenta non raramente su una Storia scritta male e commentata e spiegata ancora peggio. Più che festa trattasi di apologia della contrapposizione perpetua che coinvolge tutti, anche le nuove generazioni. Siamo al caos generalizzato sul fronte della corretta interpretazione storiografica ma all’inquadramento e al rigido manicheismo su quello organizzativo: e così ci ritroviamo partigiani che non vogliono la destra di qualunque forma o colore, ebrei che detestano i palestinesi che vorrebbero sfilare nello stesso corteo, progressisti che disprezzano i barbari leghisti, i trinariciuti che allontanano quelli di Forza Italia perché a lungo alleati dei post-fascisti di Alleanza nazionale, e potremmo continuare per decine e decine di righe.

Una penosa vicenda che non conosce sosta ed è ancora più paradossale se si pensa che, con tutte le evoluzioni e involuzioni del caso, va avanti dalla fine della Seconda guerra mondiale. In ogni altro luogo della Terra chi si fregia della patente di democraticità e la celebra in una festa nazionale tende sempre ad accogliere e non a separare. Qui da noi è come una festa di famiglia trasformatosi in serata per Vip dove si fa selezione all’ingresso e si impedisce ai cugini, ai fratelli, ai figli, alle madri di prender parte. Non che vi siano fiumane di persone che bramino per entrare in questa annuale orgia del risentimento collettivo, tuttavia la boriosa selezione risulta stantia.

È dunque una festa partita male e continuata peggio, qualificatasi per la peculiarità tutta italiana di quelle variegate colorazioni di rosso che imperversano per le strade e saturano di falsità i nostri libri scolastici (chi ricorda, per esempio, che i civili morti sotto i bombardamenti degli Alleati furono in numero maggiore rispetto alle pur deprecabili stragi naziste?); per una bandiera che simboleggia solo da noi, con una inconsueta potenza espressiva, democrazia e libertà mentre in giro per il mondo se ne guardano bene dal tirarla fuori ad ogni piè sospinto.

E poi slogan triti e ritriti e linciaggio morale e politico per chiunque osi dissentire di una virgola rispetto al Verbo resistenziale. E non parlo solo di nostalgici e similari ma anche e soprattutto di coloro i quali hanno pure tentato in tutti questi anni di dare un senso al 25 aprile decrittando deficit e sconcezze, falsità storiografiche e reticenze; tentando in pratica di mettere sul piedistallo un minimo di verità condivisa senza far prevalere gli odi di parte o la difesa di una casacca. Qualcuno, per esempio, ricorda mai che il comunismo in tempo di pace ha mietuto più vittime che il nazismo in tempo di guerra? Lo si può fare? È permesso farlo?

Invece, non c’è nulla da fare. C’è così tanta retorica in questa festa astiosa e divisiva, nutrimento quotidiano per gli istigatori di odio, che anche solo replicare alle solite nenie diventa atto para-terroristico e passibile di apologia di fascismo. Perché di questo si tratta. Si ostenta una vittoria militare ma allo stesso tempo una superiorità morale, e si nega con inaudita virulenza verbale e fisica la pietà per i morti dell’altra parte e gli sconfitti. E se per le prime due questioni possiamo intenderne le motivazioni primariamente culturali e politiche in un Paese come il nostro dove c’è necessità costante di un nemico, facciamo invece fatica a comprendere il disprezzo umano e il rancore verso combattenti passati a miglior vita oramai settanta anni fa. Molti di costoro, se non la quasi totalità, lottarono per una idea di Patria che oggi farebbe sorridere le giovani generazioni; ma per quello combatterono e non per altro. E molti di quelli che un attimo dopo la caduta di Mussolini si atteggiarono a strenui paladini dell’antifascismo, avevano passato la giovinezza cantando inni ultra-nazionalistici, concedendosi saluti romani a profusione e ascoltando ‘’il capoccione’’ parlare da Palazzo Venezia. Ma anche questa è cosa nota!

E siccome la patria e la bandiera fino a qualche anno fa suscitavano l’orticaria a quasi tutti i rappresentanti del mondo cultural-politico-accademico come diretta conseguenza vi era il fatto che coloro i quali combatterono con in testa l’idea di una Patria da difendere fossero considerati degli illusi e degli sconsiderati.

Ma queste convinzioni sono state tanto estese e vorticose che il 25 Aprile riesce comunque a oscurare ogni altra festa nazionale. Vi sono stati periodi anche recenti della nostra storia in cui sembrava dovesse fermarsi anche il battito cardiaco di ogni singolo italiano per permettere alle fanfare di ogni paesello di suonare con inaudita potenza ‘Bella ciao’. Gli anni dei governi Berlusconi li ricordiamo tutti; sembrava che un’orda di selvaggi in camicia nera si fosse impossessata del Paese e gli echi della lotta partigiana dovevano perciò ridestarsi con rinnovato ascendente su giovani e meno giovani, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, alimentati da una grancassa massmediatica sempre prona.

Eppure il 25 Aprile segna con un marchio di sangue una ‘guerra civile’. Una lotta armata fratricida dove fatti cruenti e indegni hanno coperto pagine di eroismi e coraggio. Morti innocenti perché dalla parte sbagliata; giustizia sommaria e violenza su donne inermi, colpevoli di aver condiviso brandelli di vita con un fascista e su anziani rei di aver mantenuto fede ad una idea.

La Storia farà il suo corso ma in Italia è un scorrere lentissimo, sfiancante. L’antifascismo è infatti sin da subito divenuto religione laica inattaccabile, ma soprattutto strumento per carriere politiche, nelle università e nelle redazioni di giornali. Ecco perché non raramente si alimenta un fascismo virtuale proprio per mantenere in vita il carrozzone dell’antifascismo reale; antifascismo che per anni è stato predicato da coloro i quali esaltavano i carri armati a Budapest, attendevano l’arrivo di ‘Baffone’ o dipingevano il Maresciallo Tito come un buontempone. Gli stessi che ora sono talmente ideologizzati da essere antifascisti senza fascismo e magari erano usi al saluto romano e poi, in fretta e furia, in quella notte del 24 aprile, smisero la camicia nera per indossare quella rossa.

Perché ciò che accadde da quella notte in poi è chiaro a tutti. I vecchi camerati divennero i nuovi compagni che, però, da più di mezzo secolo sono inseguiti dai loro fantasmi e scorgono il fascismo dappertutto.

Eppure il fascismo è morto. È finito con Mussolini, e non vi potrà essere alcuna riedizione senza il ‘titolare’. Ma se il fascismo è morto e sepolto, l’Italia resiste ed esiste da tempo immemore. Ecco perché è utile ricordare almeno questo ai tanti soloni della ‘democrazia repubblicana’: l’Italia non nacque sulle colline insieme ai partigiani ma esisteva da qualche migliaio di anni. Se ne facciano una ragione.

http://blog.ilgiornale.it/iannone/2017/04/...no-del-rancore/

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view post Posted on 12/5/2017, 18:54
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Aedo,
che fai, vai controcorrente? Adesso qualche lettore di sinistra ti accusera' di essere un ''fascistone''! :asd:
 
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view post Posted on 13/5/2017, 17:40
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Ti stimo per il coraggio e la coerenza, Aedo Italico.
Io invece agisco diversamente e magari taccio se penso l'opposto.
Di questi tempi ho la vaga impressione che tanti siano 'marziani' o che non vivano la realtà quotidiana che viviamo tutti noi, e questo lo penso specialmente quando discorro con giovani comunisti, con vegani e con sostenitori entusiasti dell'Europa attuale.
E' anche per questo che evito le discussioni su argomenti come la politica, ho sempre paura di trovarmi di fronte a fessi indottrinati che non sono disposti a ragionare sulle cose.
Ultimamente ho avuto delle liti furibonde per la questione del porto d'armi e delle modifiche al codice penale. Io sostenevo che il cittadino deve avere la possibilita' di reagire davanti all'aggressore e non incorrere in processi e simili, se si difende. Gli interlocutori invece erano dell'opinione contraria, dicevano che se tu hai un arma, anche se per difesa, tu sei un violento e meriti di essere trattato come l'aggressore!
Tornando in topic, trovo sensato il pensiero di Veneziani, una proposta che gli onorevoli italiani dovrebbero prendere davvero in considerazione, anche se qualche associazione partigiana potrebbe irritarsi.


All’armi, son sfascisti. E tocca resistere a loro
di Marcello Veneziani
Ma se il 25 aprile diventasse la Festa dell'antisfascismo? Se fosse quella la vera, Resistenza che urge ai nostri giorni, la guerra di liberazione dallo sfascismo? Il fascismo dista ormai 72 anni dal nostro presente, è pura archeologia, più del comunismo sovietico. Oggi è lo sfascismo il vero pericolo contro cui si dovrebbero chiamare gli italiani. Sfascismo vuol dire arrendersi al declino dell'Italia.

Anzi peggio, approfittare dello sfascio del nostro paese, lucrare sul piano politico, elettorale, sociale ed economico. C'è chi spera di mettere a frutto i brandelli d'Italia, e mettere all'incanto i lacerti del nostro Paese. Lo sfascismo non riguarda solo chi campa sulle rovine del nostro Paese all'insegna del tanto peggio tanto meglio, chi miete consensi sulla sfiducia, sulla ribellione di tutti a tutto e tutti, come fanno i grillini. Ma sfascisti sono anche quelli che puntano sullo sfascio della famiglia italiana, dell'identità nazionale, della sovranità popolare, del legame comunitario, del sentire religioso, delle imprese italiane, da svendere all'estero. Sfascisti sono quelli che immaginano l'Italia come una periferia dell'Europa, un sobborgo del mondo e un suk aperto ad accogliere chiunque voglia venire. Sfascisti sono quelli che vedono con piacere le nostre città invase da orde di clandestini, le nostre coste assediate da flussi di migranti, con i centri di accoglienza come incubazioni del disagio sociale. Sfascisti sono pure quelli che rimettono i destini del nostro Paese nelle mani di caste apolidi e oligarchie transnazionali, tecnocrati e finanzieri globali. Gli sfascisti hanno smesso di ragionare per popoli, ragionano solo per individui, profitti e fatturati. Per loro l'Italia è solo un vuoto nome dato a un relitto antico, un anacronistico richiamo a un paese delineato da confini, da una storia e da una civiltà. Quel paese è dato ormai per estinto e c'è chi esulta dello sfascio.

Oggi il pericolo numero uno per il nostro Paese è questo sfascismo trasversale e pervasivo. Ed è ridicolo, incomprensibile, che invece si cerchi ancora di mobilitare lo spirito pubblico italiano contro l'antico cadavere del fascismo o come si preferisce dire, del nazi-fascismo.

Che senso ha tenere in vita l'Associazione Partigiani (Anpi) se non ci sono più partigiani? E' una domanda elementare ma sconveniente che sorge ormai da più parti. E che rimanda a una questione più grande: si può ancora, 72 anni dopo, vivere la Resistenza come un fatto presente contro un nemico incombente, e non come un fatto storico contro un nemico passato? Quando passerà la Resistenza dalla politica alla storia? Si risponde di solito che ciò accadrà quando sarà memoria condivisa.
Ma avremo una memoria condivisa quando riconosceremo che uccidere Mussolini fu forse una necessità storica e rituale per fondare l'avvenire, ma lo scempio di Piazzale Loreto fu un atto bestiale di inciviltà e un marchio d'infamia sulla nascente democrazia. Avremo una memoria condivisa quando riconosceremo che Salvo d'Acquisto fu un eroe, ma non fu un eroe Rosario Bentivegna, artefice della strage di via Rasella. Quando ricorderemo i sette fratelli Cervi, partigiani uccisi in una rappresaglia dopo un attentato, e porteremo un fiore ai sette fratelli Govoni, uccisi a guerra finita perché fascisti. Quando diremo che tra i partigiani c'era chi combatteva per la libertà e per l'Italia e chi invece per instaurare la dittatura stalinista e i soviet. Quando distingueremo i partigiani combattenti sia dai delinquenti sanguinari che dai partigiani finti e posticci. Quando onoreremo quei partigiani, quei soldati in divisa e chiunque abbia combattuto lealmente, animato da amor patrio, senza dimenticare il sangue dei vinti. Quando celebrando le eroiche liberazioni, chiameremo infami certi suoi delitti, come per esempio l'assassinio del filosofo Gentile, del poeta cieco Carlo Borsani o del grande studioso dell'antichità Pericle Ducati. Quando rispetteremo quanti, da fascisti o da antifascisti, da monarchici o da comunisti, pagarono sulla propria pelle le loro scelte e invece disprezzeremo quanti pagarono le loro scelte con la pelle degli altri. Quando celebrando la Liberazione ricorderemo almeno tre cose: che nel ventennio nero furono uccisi più antifascisti italiani nella Russia comunista che nell'Italia fascista (lì centinaia di esuli, qui nemmeno una ventina); che morirono più civili sotto i bombardamenti alleati che per le stragi naziste; che ha mietuto molte più vittime il comunismo in tempo di pace che il nazismo in tempo di guerra, shoah inclusa. Quando saremo in grado di sopportare il peso della verità intera e non di una sola parte, allora saremo pronti per avere una memoria condivisa. Altrimenti, meglio avere memorie divise ma senza odio persistente piuttosto che tenere artificialmente in vita memorie false e coatte o spegnere le memorie nell'oblio condiviso.

In ogni caso, è tempo di liberare l'Italia dallo sfascismo, di far nascere una vera Resistenza antisfascista. E' quello il nemico di oggi, nemico interno ed esterno. E non i fantasmi di settantadue anni fa.

www.iltempo.it/marcello-veneziani/2...a-loro-1027682/
 
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view post Posted on 23/4/2020, 16:40
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In tempi di coronavirus, c'e' chi per il 25 Aprile propone il canto Bella Ciao dal balcone e chi non è d'accordo...

25 aprile, Rachele Mussolini: "La gente è disperata, c'è poco da cantare"
Adnkronos 23 aprile 2020

"Il Paese piange: la gente è disperata e rischiamo una rivolta sociale, c’è ben poco da cantare. Piuttosto rimbocchiamoci le maniche". Così Rachele Mussolini, nipote del Duce, commenta all’Adnkronos l’iniziativa dell’Anpi di intonare 'Bella ciao' dalle finestre il 25 aprile, festa delle Liberazione. "L'Italia è stata travolta dallo tsunami coronavirus, un anniversario sottotono sarebbe stato più opportuno. Rispetto, tuttavia, chi ha voglia di festeggiare, le ricorrenze di tutte la parti politiche, ma, per favore, senza che vi siano morti di Serie A e di serie B”, sottolinea la consigliera comunale di Roma (lista civica Con Giorgia). Che a proposito della canzone simbolo della Resistenza cantata all’estero per omaggiare l’Italia ritiene inadeguata la scelta: "Mi è salito il sangue al cervello quando ho ascoltato la notizia, perché se si vuole lanciare un messaggio di solidarietà unitario allora si pensi a cantare l’inno di Mameli, non Bella ciao". E la proposta di La Russa? "Non sono in disaccordo, ma dedicherei alle vittime del coronavirus un’altra data che non sia il 25 aprile".

L’anniversario della Liberazione per Rachele Mussolini è semplicemente la festa di San Marco: "Si chiama così il padre delle mie figlie e per me quel giorno è la sua festa". Poi, più seria: "Il mio stesso dna non mi consente di festeggiare il 25 aprile". Sebbene, ribadisce, "rispetti le ricorrenze di tutte la parti politiche e abbia, tra l’altro, sempre denunciato l'errore delle leggi razziali (anche se in Italia fu cosa ben diversa di quanto accaduto in Germania), tuttavia, al di là dei fatti, io sono parte coinvolta della storia per ragioni familiari ed emotive".

"Mio padre quando perse il suo aveva solo 17 anni. Non riusciva a sopportare - confida Rachele Mussolini che è stata assai legata al papà Romano, scomparso nel 2006 - la vista delle immagini di piazzale Loreto ogni volta che venivano proiettate. Il suo era solo il dolore di un figlio che emotivamente mi ha trasmesso attraverso sentimenti di tristezza e inquietudine. Al di là del fatto che potesse essere un criminale - e non era il caso di mio nonno - vedere tuo padre a testa ingiù è uno scenario che nessun figlio avrebbe il coraggio di guardare. Dolore riflesso: anch’io come mio padre ho il rifiuto di quelle immagini. Fanno male al cuore".

https://it.notizie.yahoo.com/25-aprile-rac...-101520311.html
 
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view post Posted on 23/4/2020, 16:59
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Portare la gente a cantare in piazza in periodo covid-19 è da irresponsabili...

Salvini, corteo 25 Aprile non è priorità
Rispetto per chi diede la vita per libertà ma ora servono aiuti

MILANO, 23 APR - "Io rispetto chi diede la vita in passato per la liberà del nostro Paese, ma in questo momento ritengo prioritario, più che andare a cantare 'Bella Ciao' in piazza e chiudere le porte delle carceri ai mafiosi e ai camorristi, aiutare con soldi veri e immediati i cittadini che ne hanno bisogno". Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in merito ai cortei per il 25 Aprile. "Stamattina un parroco mi ha detto 'ma come, a me impediscono di fare funerali e quant'altro e altri invece possono celebre, festeggiare, ricordare?'", ha aggiunto Salvini, in collegamento con 7 Gold.
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2...e8f7d9db13.html

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view post Posted on 20/10/2020, 09:23

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CITAZIONE (eveline1 @ 25/4/2012, 12:52) 
" Solo il 17 Marzo e il 4 Novembre uniscono a mio avviso."

Punti di vista.A me,per esempio non interessano affatto.Con l'unica e dovuta eccezione,del ricordo delle vite perdute,gente inconsapevole e martoriata che non ha fatto piu' ritorno a casa.

CITAZIONE (Basofilo @ 24/4/2012, 18:51) 
E' una festa utile: no lezioni --> più tempo per studiare. Quindi io direi di non abolirla.

Hai dimenticato che c'e' chi l'aspetta per dormire di piu'

Il paradosso dell'ideologia anti nazionalista: le persone che lottarono nelle guerre d'indipendenza (dalla prima alla quarta) erano poveri martoriati, mentre quelle che combatterono nella guerra civile dalla parte degli Alleati erano degli eroi? Mah....
 
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110 replies since 20/4/2009, 09:55   2069 views
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