CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
La mia affermazione, "La Sardegna non è Italia" esula dall'indipendentismo inteso come corrente politica. Tant'è che ho specificato subito dopo inserendo la definizione di Nazione tratta dalla Treccani. La Sardegna non è Italia sia che esista e sussista un movimento indipendentista sia che esso scompaia nell'oblio, si tratta di un fatto oggettivo corroborato da quella che è l'identità profonda stessa dell'isola e della sua gente. La sensazione di alterità della Sardegna e dei Sardi rispetto all'Italia è palese perfino agli italiani stessi che visitano l'isola per la prima volta, e non è casuale.
Due considerazioni. La prima, che la definizione di nazione e’ molto elastica, concetto culturale ma anche ideologico e politico che puo’ variare da uno scrittore all’altro. La stessa enciclopedia Treccani ci dice che vi e’ un dibattito sulla definizione e che quel concetto assume una pluralità di significati a seconda del diverso contesto in cui viene utilizzato. La Sardegna può essere nazione come può non esserlo. Forse per te non è Italia, ma la Sardegna per altri lo è.
La seconda considerazione da fare e’ che non si possono usare due pesi e due misure. Se affermiamo che i sardi sono diversi dagli italiani intendendo i peninsulari, allora dobbiamo riconoscere che anche i sardi sono diversi fra loro per origine, lingua e storia. Di conseguenza si potrebbe dire, per esempio e con altrettanta disinvoltura che Carloforte non e’ Sardegna, che ha un suo popolo, una sua lingua e una sua cultura. Lo stesso potrebbe dire Alghero e cosi’ altri territori. Non più una nazione ma tante nazioni. Se la Sardegna fosse divisa a spicchi, non solo si aggraverebbero i problemi interni ma a livello mondiale l’Isola conterebbe ancora meno di quello che conta oggi e in caso di guerra e di invasione diventerebbe facile bottino di altre nazioni.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Bada bene, io non ho parlato di isolamento, chiusura fine a se stessa e altre amenità diffuse da certuni autori, come archeologo sono perfettamente cosciente del ruolo che ha ricoperto la Sardegna nelle varie epoche storiche, della diffusione delle ceramiche nuragiche in ogni attracco o portolano lungo le tratte est-ovest del Mediterraneo e dei continui e proficui scambi commerciali e culturali con le altre genti. Ciò che io ho ribadito è un fatto oggettivo, ossia la specificità nazionale del popolo Sardo che non significa vivere in un mondo parallelo isolato ma bensì vivere da Sardi in mezzo alle altre genti con connotati specifici ben precisi; connotati comunemente richiesti per definire una comunità nazionale in quanto tale. Le influenze tra culture sono alla base dei rapporti tra popoli, Francia, Italia, Spagna hanno convidiso ed influenzato tanto in quel rapporto di connessioni osmotiche che ha generato la cultura europea nei secoli e tuttavia dubito fortemente che tu sostenga che i due paesi in questione siano italiani. Lo stesso discorso vale per la lingua, spagnolo e francese sono lingue romanze al pari del sardo e dell'italiano, segno evidente del passato romano comune, eppure non mi risulta che venga rivendicata questa lontana parentela nei confronti dei suddetti paesi per giustificare una presunta italianità degli stessi.
Io ho semplicemente riportato la definizione di Nazione da un'illustre fonte come la Treccani e la ho pedissequamente applicata alla Sardegna con una facilità tale che solo le evidenze oggettive, chiare e limpide possono vantare. Per confutare ciò sarebbe opportuno tentare di negare sia la specificità geografica, sia quella etnica che linguistica che culturale, cosa impossibile ovviamente.
Per la definizione di nazione ho gia’ detto sopra. Per cio’ che concerne il linguaggio, quando noi sosteniamo che una nazione e' l'unione di invidui parlanti la stessa lingua, ci viene in mente che la Sardegna non ha una vera lingua ufficiale o lingua unica come invece l'hanno l'Italia, la Francia e la Spagna menzionate. In Sardegna troviamo da sempre varianti della stessa lingua. Ipotizzando la diffusione di una lingua comune come lo e' la limba sarda comuna, linguaggio di recente creazione e poco diffuso su suolo isolano, sappiamo tutti che questa lingua non sara' mai veramente ufficiale anche se ritenuta valida su alcuni documenti e proposta da alcuni consiglieri regionali, e questo perche' la limba sarda comuna privilegia il logudorese e discrimina il campidanese e una parte dei sardi, quelli del meridione, non l'accetta come propria. Inoltre tale limba sarda comuna e' gia' entrata in conflitto con una seconda lingua artificiale, la limba de mesania.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Poco importa la questione del Bogino, si è trattato di un esempio che pur tuttavia resta dubbio. Se è vero infatti che potrebbe sussistere come sostiene il Meloni un collegamento alquanto poco credibile, secondo me, con la trombetta in questione, ciò non di meno sono stati scritti innumerevoli saggi sulle esecuzioni sommarie e brutali perpetrate ai danni dei sardi così come lo sfruttamento economico dell'isola che fu ingente e spropositato a fronte degli sforzi volti a migliorare le condizioni della stessa. Furono disboscati migliaia di ettari di foreste e secondo quanto affermato dal Prof. Cogoni dell'Università di Cagliari nel suo studio sull'idrogeologia del Marghine, questa scellerata politica sabauda è concausa dell'inaridimento e della siccità che colpisce affligge tutt'oggi numerose aree della Sardegna. I moti anti-piemontesi affondano le radici nel malgoverno dell'isola, perchè tale fu quello piemontese. Inoltre, correggo, il Bogino non fondò nessuna Università, semmai attuò una riforma. Le Università di Sassari e di Cagliari nascono tra la fine del XVI e gli inizi del XVII sec.
Va beh, volendo fare i pignoli Cagliari ottenne il riconoscimento di Papa Paolo V nel 1606 mentre Sassari quello di re Filippo III di Spagna nel 1617 ma a parte questo, il termine fondare usato dal Meloni che può sembrare eccessivo o anche errato, non lo e’ del tutto se prendiamo in considerazione il fatto che ai tempi di Bogino le università erano malfunzionanti e forse nemmeno operative. Paolo Baccillieri scrive: “A partire dal 1743 un potente ministro piemontese, Gian Lorenzo Bogino, attuò illuminate misure di carattere riformistico: riaprì, rifondandole sul modello dell'ateneo di Torino, le università di Cagliari e di Sassari, dove si provvide nel 1764 a riorganizzare il funzionamento dell’università in seguito alle richieste delle autorità locali”. Gli fa eco la scrittrice Laura Alberti, che dice: “In Sardegna la prima organica riforma dell’insegnamento pre-universitario fu promossa nel 1760-1761 dal ministro Bogino all’interno di un più generale progetto che mirava soprattutto a rifondare le due università sarde.” (a pagina 269 del libro Maestri e istruzione popolare in Italia tra Otto e Novecento, R.Sani e A.Tedde, Vita e Pensiero V&P Universita, Milano 2003). Sulla stessa riga anche Claudio Bossi, che della riforma di Bogino dice: “rivitalizzò le due Università di nuovi statuti modellati su quelli dell’ateneo di Torino; arricchì di libri le biblioteche, fondò a Cagliari la Scuola di Chirurgia e la Reale Stamperia.” A quanto sembra l’illuminista Bogino ha fatto cose molto positive per l’Isola.
Per cio’ che riguarda i Savoia e’corretto guardare anche il bicchiere mezzo pieno, cioè i vantaggi dello Statuto Albertino e i miliardi investiti in Sardegna per costruire strade, ospedali, ferrovie, porti. Lo storico Aldo Accardo, che insegna nelle facoltà dell’Isola, scrive che in epoca sabauda fu favorito dai regnanti lo sviluppo e la crescita della società sarda.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Il dubbio è legittimo in chi non conosce e/o ha vissuto determinate situationi ma posso garantire che ciò corrisponde a cruda verità. Che in quegli anni venisse imposto l'italiano a suon di colpi in ogni scuola italiana ciò non toglie che di persecuzione ed imposizione linguistica si sia trattato a maggior ragione alla luce del fatto che il Sardo non è un dialetto dell'italiano, ma una lingua a se stante. Sull'indottrinamento posso garantire tant'è che manifestazioni popolari come quelle dei riti paganeggianti del Carnevale Sardo, dal fortissimo carattere identitario, con radici affondanti in epoche davvero ataviche e remote sono state dapprima limitate, in seguito vietate sotto il fascismo e successivamente denigrate per trovare riaffermazione e dignità in tempi recenti.
Sulla larga maggioranza di insegnanti continentali non ho prove inconfutabili alla mano ma ho la certezza, per testimonianza di un uno studioso di linguistica sarda di assoluto rispetto, che questo fenomeno ha interessato l'isola a partire dagli anni '20 fino agli anni '50 in quanto pochissimi erano i Sardi letterati e abilitati all'insegnamento che parlassero l'italiano come prima lingua, a testimonianza di quella che è sempre stata la lingua della cultura e del popolo sardo. Che ciò fosse mirato o meno, cambia poco, si è pur sempre trattato di un processo di denazionalizzazione.
Le percosse a scuola venivano date anche a chi non sapeva la matematica e la scienza, se è per questo, ma non si può strumentalizzare la cosa facendo intendere ben altro. I motivi che guidavano i maestri a percuotere gli allievi potevano essere i piu’ diversi, ma dietro non vi era alcun complotto o tentativo di cancellare una cultura locale. Almeno, io non conosco fonte che riporti tutto questo. Per esempio Gavino Ledda, che studiò intorno agli anni 50, fu un sostenitore della lingua italiana, preceduto nei tempi dai vari Satta, Deledda, Spano. Nessuno gli impose la cultura italiana a bastonate, ne’ gli chiesero mai di dimenticare quella sarda. Era lui che voleva studiarla. Fra l’altro la lingua italiana era conosciuta pure dal bosano Delitala nel XVI secolo, cioè ben prima dell’arrivo dei Savoia, e la usava nei suoi scritti. L’italiano non era nemmeno una novita per i sardi dell’epoca.
Sul carnevale, mi giunge nuova. Io so che era proibita l’ingiuria, la satira volgare, l’attacco agli ecclesiastici e ai governanti. Attacchi che in alcune parti d’Italia potevano farsi pesanti, tutte cose che venivano stimolate da una certa parte politica, soprattutto da esponenti del comunismo italiano. Anche il mascheramento poteva essere proibito in via eccezionale ma solo per prevenire in zone ad alto rischio aggressioni, rapine e sequestri. Questione di ordine pubblico e non di denigrazione. Leggi uguali per tutti, dal Piemonte alla Sicilia.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Non la penso allo stesso modo, la Sardegna non è una comune regione italiana come può essere la Basilicata, ha una sua assoluta specificità e soprattutto una storia che tendenzialmente ha battuto strade ben differenti da quelle della Penisola e in una regione a statuto speciale, quale dovrebbe essere la nostra, avrebbe dovuto avere largo spazio. D'altronde, così come ampio risalto ha lo studio dei Comuni italiani (per fare un esempio), allo stesso modo, inversamente, un processo politico e storico di primario interesse come quello dello sviluppo dei Giudicati in Sardegna e delle guerre sardo-iberiche è totalmente eradicato da qualsiasi libro di testo. Ovviamente nessuno pretende un dettagliato studio della Storia della Sardegna, nell'ovvia necessità di strutturare una conoscenza storica generale, ma un approfondimento doveroso e vitale dei principali momenti storici dell'isola dovrebbe essere il minimo sindacabile nelle scuole della Sardegna. Le proposte non mancarono ma si ridussero sempre e solo al frutto dell'operato di nobili insegnanti in disaccordo con il Ministero. Non c'è nessun tipo di assenza di logica, anzi, tutto ciò è perfettamente in linea con il pensiero post-unitario "facciamo gli italiani" soprattutto per sardi.
Mi e’ giunta la notizia che in Sardegna, intorno agli anni 70, e non diversamente da quanto accadeva in altre regioni italiane, le scuole medie inferiori avessero adottato i libri Meravigliosa Italia della casa editrice Aristea. In particolare, la Sardegna aveva il volume Sardegna di V.Lugani e B.Pelleschi, 320 pagine dedicate esclusivamente all’Isola, con capitoli sulla preistoria e sui nuragici, sui cartaginesi e sui romani, sui giudicati, sulla storia bizantina, sulla vita di Eleonora d’Arborea e dei personaggi sardi illustri, sulle guerre mondiali e i dimonios, sulle leggende sarde, sui territori di Cagliari, Sassari e Nuoro. La persona che mi racconta questo dice anche che quando si e’ dovuta trasferire a Genova per lavoro, il figlio di circa 11-12 anni, su richiesta del nuovo insegnante, aveva dovuto acquistare il volume sulla Liguria per le ricerche scolastiche e lei era seccata perche’ aveva dovuto spendere altre 2400 lire (prezzo del libro). Questo potrebbe contraddire certe dicerie sull’insegnamento, e cioè che le scuole italiane non coltivassero la cultura locale o che la snobbassero.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Antoni Simon Mossa è soltanto nato a Padova, per il resto era sardo, egli non pronunciò quelle parole perchè politico indipendentista, semmai entrò in politica nel Psd'az per poterle esprimere e difenderle politicamente. Comprendo come tu da osservatore esterno possa avere una percezione dell'indipendentismo come una realtà scissa dal tessuto socio-culturale sardo per via del basso consenso elettorale, permettimi di fornirti delle delucidazioni. L'indipendentismo è l'espressione finale del processo di coscientizzazione del popolo sardo, processo ancora letargico e non semplice che necessità di tempo e lavoro per dare frutti consistenti anche a livello elettorale; il fatto che molti sardi ancora non abbiano piena coscienza di se non scalfisce assolutamente quello che è il sostrato identitario dell'isola. Risulta davvero superficiale ignorare che la quasi totalità dei sardi si senta parte integrante di una comunità di popolo con un legame forte e profondo, quasi fraterno che a sua volta si connette profondamente con la terra, amata come patria e non come regione della nazione madre; questo fenomeno profondo e saldo non si verifica in alcuna altra parte d'Italia tant'è che agli occhi della maggioranza degli italiani noi sardi siamo come un'anomalia, veniamo avvertiti come un fiero popolo oltremarino che quasi per casualità è unito alle sorti peninsulari e il titolo stesso di questo topic è paradigmatico, così come il commento del fratello sopra di me in preda a quella dicotomia, tutta sarda, tra ciò che si è e ciò che ci si è detto di essere.
Il Sardo se interpellato manifesterà prima di tutto la sua appartenenza alla comunità spirituale, culturale ed etnica sarda intesa come identità primaria, (sventolando in ogni dove la bandiera dei quattro mori come fosse bandiera nazionale) e solo successivamente potrebbe aggiungere di essere anche italiano ma per via dell'educazione e dell'istruzione ricevuta. Ciò che per gli indipendentisti conta, non è il superstrato, la crosta superficiale dipinta col tricolore, ma quello che è il sostrato profondo della nostra gente e presto o tardi, vuoi anche per lo sfaldamento del potere centralizzato, salterà fuori con prepotenza.
Alcune volte gli osservatori esterni hanno una visione più ampia di quella che possono avere certi osservatori interni. L’identità con l’indipendentismo centra poco o nulla, questo va detto. Uno può sentirsi sardo e non essere in linea con le idee indipendentiste e i concetti precedentemente elencati. Mi dispiace per chi si professa indipendentista ed e’ convinto del contrario, ma secondo me le elezioni sono la prova del nove, la dimostrazione lampante che alla maggioranza dei sardi l’indipendentismo, magari inteso anche come secessionismo, non interessa e che preferiscono votare PD o M5S o seguire altri partiti, altri movimenti e ideologie piuttosto che seguire chi chiede la nascita di una nuova nazione. Questo si traduce in una fiducia maggiore nei partiti italiani che in quelli locali. Non è qualcosa di superficiale o da vedere in negativo, perché riguarda sempre una scelta lecita del popolo sardo.
CITAZIONE (Hyknusa @ 30/10/2015, 03:09)
Una precisazione sulla ricerca in questione. Si tratta di una ricerca dell'Università di Cagliari che ha coinvolto un numero enorme (alla luce del 1.600.000 sardi residenti) di intervistati, pari a 6000, promossa dalla Cattredra di Diritto Costituzionale della facoltà di Giurisprudenza, quindi non si tratta assolutamente di un studio farlocco promosso online da indipendentisti come hai sostenuto, anzi. In base a questa ricerca, più dei due terzi dei sardi ha sostenuto la propria sardità manifestando una buona fetta di essi parere assolutamente positivo all'indipendenza. Se poi questa presa di coscienza non si manifesta in voto l'ho già spiegato, la gente non ritiene sussistano ad oggi le condizioni per rivendicare la sovranità, si teme un tracollo economico e direi a ben vedere visto anche il regime coloniale in cui versa l'isola.. La mancanza inoltre di un partito di transizione che preveda prima un forte autonomismo e poi una crescente sovranità è un altro grave freno anche se come puoi osservare interessandoti di politica sarda, il tema della sovranità cresce esponenzialmente perfino nei partiti filo-italiani in Regione, segno dei tempi. Per concludere, credere che i sardi siano e si sentano italiani solo per il voto alle regionali è veramente superficiale e distaccato da quella che è la realtà complessa, profonda, del tessuto sociale sardo.
Può darsi che non votino il partito sardista per paura, può darsi anche che non lo votino perché non hanno fiducia nei politici locali talvolta coinvolti in scandali, indagati e persino arrestati. I motivi per cui i sardi non votano i partiti (indipendentisti compresi) possono essere tanti, mica uno solo. La maggior parte dei sardi però non vuole alcuna indipendenza.
p.s.= riguardo il titolo del topic, è stato postato da un giovane siculo iscritto in un forum sardo frequentato da indipendentisti.