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Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento un genocidio di Italiani

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Rinascimento
view post Posted on 11/12/2012, 11:21 by: Rinascimento




Concordo sostanzialmente con l'amico Mazzini ed aggiungo solo che atteggiamenti simili sono diffusi anche nel resto del mondo. Credo esprimono un aspetto della psiche umana, che tende spesso ad idealizzare il passato. Storici delle religioni e psicologi hanno persino compiuto ricerche su questo aspetto.
Comunque, non credo possa esistere dubbio sul fatto che almeno a partire dal 1815 il dominio asburgico in Italia era percepito, certo con differenze di gradazione a seconda del periodo, della regione, della classe sociale ecc., quale estraneo.
Porto l'esempio del Trentino tra fine Ottocento ed inizio Novecento.




LE FORZE POLITICHE NEL TRENTINO ASBURGICO
Il Trentino asburgico vedeva tre partiti: il liberale; il cattolico; il socialista.

Il primo partito, quello liberale, era ritenuto a ragione il più favorevole all’Italia ed era, nei limiti del possibile (per evitare le persecuzioni ed il carcere) irredentista in modo radicale. Si tratta d’una scelta politica tanto nota da parte del liberalismo trentino (come anche quello triestino) che non è il neppure il caso d’approfondire la questione.

Il secondo partito, quello cattolico, ebbe naturalmente come suo massimo rappresentante De Gasperi. Questi si considerava italiano ed era fortemente critico nei confronti della politica austriaca, che egli definiva quale persecutrice agli Italiani del Trentino. Ad esempio, egli scriveva sul giornale “Trentino” che «l’Austria è composta di vari popoli: polacchi, ruteni, sloveni, croati, tedeschi, czechi,rumeni, italiani ecc. Tutte queste nazioni sono in base alla Costituzione eguali di fronte allo Stato. In realtà i tedeschi, benché non siano maggioranza, vogliono spadroneggiare. Così nel nostro Trentino tentano di invadere il nostro territorio, intedeschizzandoci; e vogliono amministrarci, come non fossimo capaci di fare da soli. Perciò noi diciamo: noi vogliamo l’integrità nazionale del Trentino. Attenderemo alla difesa dei confini linguistici e ci opporremo con tutte le forze a qualunque tentativo di diminuire il nostro possesso nazionale, da qualunque parte esso venga. Noi vogliamo l’elevazione nazionale del popolo nostro e cercheremo un graduale sviluppo ed aumento dei nostri beni nazionali. In questo lavoro noi ci ispireremo ai principi della giustizia, consapevoli dei nostri diritti, e degli altrui». Una questione molto sentita dagli Italiani sudditi dell’impero era la concessione d’una università in lingua italiana, che fu sempre negata. Quando fu fatta concessione davvero minima e parziale in proposito, con l’apertura d’un corso giuridico in lingua italiana ad Innsbruck, gli studenti ed i docenti furono assaliti in massa dagli abitanti locali, praticamente assediati ed infine arrestati in blocco (malgrado fossero stati assaliti e non assalitori) dalla polizia asburgica. Questo avvenne il giorno stesso dell’inaugurazione del corso, il 3 novembre 1904: le autorità asburgiche soppressero subito questo corso in lingua italiana e mai nessuna concessione venne fatta alla minoranza italiana al riguardo, nonostante il suo alto livello culturale. De Gasperi, come Battisti, era presente ad Innsbruck, fu arrestato (ingiustamente) dalla polizia e si fece quasi un mese d carcere. Questo uomo politico denunciò diverse volte apertamente e si batté contro i tentativi di germanizzare il Trentino ed affermò a chiare lettere che il governo austriaco si disinteressava dei problemi di questa regione e metteva in atto una politica persecutoria nei confronti dei suoi abitanti. Iniziata la guerra con l’aggressione dell’Austria alla Serbia, durante il periodo della neutralità italiana e nel corso delle trattative fra stato austriaco ed italiano per la cessione del Trentino, De Gasperi si recò tre volte a Roma ed ebbe colloqui con l’ambasciatore austriaco, Karl Macchio, con il pontefice Benedetto XV e con il ministro degli Esteri italiano Sidney Sonnino il 16 marzo 1915. Egli durante tali colloqui si mostrò favorevole al passaggio di Trento all’Italia. Durante il conflitto De Gasperi denunciò la politica di deportazioni forzate d’abitanti del Trentino in lager, doveva vivevano in condizioni inumane: egli parlava ancora di “germanizzazione” e di “sradicamento italiano”, il che si potrebbe tradurre nel linguaggio contemporaneo con l’espressione di pulizia etnica. Al Parlamento di Vienna, l’11 ottobre 1918, De Gasperi dichiarò esplicitamente che la popolazione del Trentino si aspettava dal trattato di pace il riconoscimento del principio nazionale e la sua effettiva applicazione agli italiani che vivevano sotto il dominio dell’impero: in altri termini, egli chiedeva per il Trentino il passaggio all’Italia. Quando si valutano queste posizioni di De Gasperi si ricordi sempre che il partito cattolico, dei tre esistenti nel Trentino sotto il dominio asburgico, era ritenuto quello più moderato riguardo alla questione nazionale!

Il terzo partito, quello socialista, ebbe naturalmente come suo massimo rappresentante Cesare Battisti. Non è il caso di spiegare quale fosse la posizione di Battisti, ossia del socialismo trentino, riguardo alla presenza austriaca: l’impiccagione di Battista per mano del boia venuto da Vienna, il pubblico dileggio prima dell’esecuzione capitale, l’esposizione del corpo al ludibrio con il carnefice sorridente dietro al corpo appeso dell’irredentista sono sufficienti a ricordarlo. Può essere invece utile citare una lettera di Cesare Battisti indirizzata a Benito Mussolini (allora socialista e direttore dell’”Avanti!”, che contribuì a far cambiare opinione quest’ultimo sull’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale e sulla questione della volontà del Trentino di staccarsi dall’Austria.
“Caro Mussolini, Vedo in una corrispondenza romana del tuo giornale messa in burletta una eventuale guerra italo-austriaca, per liberare… coloro che non hanno assolutamente alcun desiderio di staccarsi dall’Austria. Io non ho, nè mi arrogo, caro Mussolini, il diritto di parlare in nome di tutti gli irredenti, per quanto mi giungano da Trieste e dall’Istria voci di consentimento; ma sento di potere, di dovere anzi dire una franca parola in nome del Trentino. Il Trentino ci tiene a staccarsi dall’Austria. Se tu fossi stato lassù nei giorni angosciosi della mobilitazione te ne saresti convinto. Avresti assistito alla partenza coatta di oltre trentamila uomini, montanari, contadini, gente abituata da preti e da poliziotti alla rassegnazione. Eppur tutti fremevano d’odio, tutti partivano lanciando all’Austria la maledizione.
L’idea nazionale – non nel senso nazionalista, ma nel senso sano ed equilibrato di difesa di un proprio patrimonio di coltura – e per reazione al Governo austriaco fattosi sempre più feroce e per l’attrazione ed il fascino esercitato dall’incontestato progresso economico d’Italia – ha pervaso tutto e tutti. [...] E c’è non in questo o in quel partito. C’è nel cuore di tutto il popolo.
[...] e son uomini delle più disparate classi sociali, avvocati, professori, contadini, operai, vecchi e giovani, ricchi e poveri, qui venuti nella speranza di tornare presto lassù con le armi in pugno. Per un tacito patto essi sono fino ad oggi vissuti oscuri, modesti, senza far parlare di sé.
Io rompo oggi la consegna per gridar con loro la mia protesta, per dire ai fratelli d’Italia: ‘Se l’Italia non può ricordarsi di noi, irredenti, sia. Se l’operare per la nostra redenzione dovesse recarle rovina, noi subiremo ancora il servaggio. Sia tutto questo! Dimenticateci, se volete, ma non dite che noi non vogliamo staccarci dall’Austria. È un’offesa. È una bestemmia”. Cesare Battisti quindi non solo era irredentista acceso, ma sosteneva che la maggioranza dei Trentino lo fosse.


In conclusione, è incontestabile che tutte e tre le forze politiche del Trentino asburgico, i partiti liberale, cattolico, socialista, fossero, nonostante le grandi differenze ideologiche che li separavano, concordi nel denunciare la politica oppressiva e persecutoria dell’Austria verso gli Italiani ed a sostenere posizioni irredentistiche. Mi pare impossibile negare che la maggioranza o la stragrande maggioranza dei Trentini fossero favorevoli all’unione con l’Italia.-
 
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