La Corsica
La Corsica (vedi cartine 1 e 2 ) ha anch'essa cultura, usi e storia italiani. In epoca medievale fu contesa da Pisa e Genova che, dopo la battaglia della Meloria (1284), ne rimase padrona. L'occupazione genovese è mal ricordata dai corsi, contrariamente a quella di Pisa che ne plasmò il dialetto. Il 1768 è l'anno della perdita della Corsica: la Repubblica di Genova vendette l'isola alla Francia, che da anni ambiva al possesso dell'isola per un maggior controllo del Mediterraneo. Le truppe francesi (giunte a Bastia già dal 1764) sbarcarono nella restante Corsica nel 1769 e piegarono facilmente le resistenza dei corsi guidati da Pasquale Paoli. Insieme alla Corsica divenne francese la toscana isola di Capraia, che però sarà ceduta alla Toscana con la pace di Vienna del 1815. Nell'Ottocento cominciò lentamente il processo di francesizzazione della Corsica, che divenne sempre più inesorabile, tanto che agli inizi del Novecento l'italiano era quasi scomparso. Solo nelle chiese l'uso dell'italiano tardò a sparire: addirittura nel 1969 nelle montagne di Aiaccio un prete predicava ancora in italiano. Una ripresa dell'italianità della Corsica si manifestò tra le due guerre mondiali ad opera di alcuni intellettuali quali Bertino Poli, Petru Giovacchini, ecc.. Nel 1942 la Corsica fu occupata - ma non annessa - dall'Italia, ma dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 tornò nelle mani della Francia. A tutt'oggi nell'isola permangono caratteri italiani: il dialetto della sua parte meridionale è affine al gallurese mentre il corso del nord è una parlata di tipo toscano. Tracce di genovese si riscontrano a Bonifacio, un tempo luogo di prigione di galeotti genovesi. Una curiosità (che forse non tutti sanno): Napoleone nacque ad Aiaccio solamente un anno dopo la cessione della Corsica alla Francia.
I dialetti corsi e sardi
In Corsica oggigiorno è vivo un movimento che aspira all'indipendenza dell'isola dalla Francia e alla formazione di uno stato a sé. Tale movimento fa leva sulla posizione geografica dell'isola, totalmente estranea alla Francia, sulla cultura, sulle tradizioni e sulla parlata; in particolare viene contrapposto il corso al francese. In realtà il corso è una di quelle parlate locali che solo recentemente - e proprio per la profonda differenza rispetto al francese - sono state erette al rango di "lingua". Se la Corsica fosse stata italiana (come la Geografia sostiene) molto probabilmente non si sarebbe avuto nessun pretesto per avanzare richieste di autonomia linguistica. Quando la superba Repubblica di Genova - per motivi economici e per l'incapacità di governarla - decise nel 1768 di vendere la Corsica, la offrì in primo luogo al granduca di Toscana che non si dimostrò interessato; accettarono invece i francesi che all'inizio non la consideravano neppure parte integrante della Francia ma un possedimento d'oltremare. Il legame tra la Corsica e la Francia fu creato sostanzialmente da Napoleone. D'altra parte le rivolte antigenovesi scoppiate nel Settecento non avevano assolutamente carattere etnico, ma erano semplicemente una dura risposta alla continua imposizione di tributi da parte di Genova che allora viveva una profonda crisi economica. Riguardo alla parlata corsa, essa non è affatto univoca (pertanto non è esatto parlare di "lingua" corsa). I dialetti corsi si dividono in due grandi famiglie: quelli della cosiddetta Banda di dentro (cioè la costa che guarda l'Italia, detta dai Corsi "di qua dai monti"), e quelli della Banda di fuori (costa che guarda il mare aperto, detta dai Corsi "di la dai monti"); i primi fanno capo al dialetto cismontano di Bastia (simile al toscano dell'Elba e di Livorno), i secondi all'oltremontano di Aiaccio (simile al sardo-gallurese detto appunto sardo-corso). Il modello linguistico adottato dagli autonomisti corsi è quello di Aiaccio, più diverso dal modello letterario italiano rispetto al dialetto di Bastia, che invece, dopo il toscano, è in assoluto il più vicino al modello letterario italiano. L'italiano rimase lingua di cultura in Corsica fino all'incirca al 1870 quando venne sostituito "in toto" dal francese (ad eccezione dell'occupazione italiana durante la seconda guerra mondiale); attualmente in Corsica solo qualche opuscolo clandestino ed indipendentista è stampato in lingua italiana.
Viceversa, se la Sardegna avesse continuato la propria esperienza autonomista dai tempi della "giudichessa" d'Arborea quando venne creata la modernissima "Carta de Logu", forse oggi essa avrebbe maturato una struttura linguistica, culturale ed economica autonoma o magari indipendente. Pur ritenenuto da moltissimi linguisti una lingua autonoma, il sardo non ha mai avuto una codificazione letteraria completa, tant'è che vi è una grossa differenza tra dialetto campidanese e dialetto nuorese; inoltre il dialetto gallurese (sardo-corso) è considerato italiano a pieno titolo e non sardo, in quanto subisce l'influenza del "ponte corso", l'unico tramite con la penisola italiana.
L'irredentismo corso durante la Seconda guerra mondiale
L'ultimo grande momento in cui in Corsica furono vivi movimenti irredentisti per un'annessione da parte italiana fu a ridosso della seconda guerra mondiale. In quel periodo molti Corsi, vedendo più probabile una neoannessione da parte italiana, ricominciarono apertamente a guardare all'Italia e si svegliò una certa coscienza rimasta sino ad allora sopita. A Livorno il professor Francesco Guerri fondò la rivista "Corsica antica e moderna", che seguiva l'"Archivio storico di Corsica" di Gioacchino Volpe. All'Università di Pisa i numerosi studenti corsi (tra cui spiccavano Giovacchini, Angeli e Poli) fondarono i "gruppi di cultura corsa". Tutto ciò ebbe fine nell'ottobre del 1946, quando il Tribunale per la difesa dello Stato francese, riunito a Bastia, condannò a morte i patrioti corsi Poli, Angeli, Giovacchini, Marchetti, Luccarotti e Grimaldi; si salvò solo il Grimaldi che era esule ed apolide in Italia e per il quale la Francia non chiese l'estradizione. Nel frattempo un analogo tribunale decreterà ad Algeri l'impiccagione dei colonnelli Cristofini e Pantalacci per collaborazionismo con il nemico (cioè gli italiani); in realtà essi erano tra i più ferventi fautori dell'annessione all'Italia della loro isola; per lo stesso reato il colonnello Mondielli e la giornalista Renucci scontarono lunghe pene, così come monsignor Domenico Parlotti, il dottor Croce, conservatore degli "Archivi di Stato della Corsica", e Petru Rocca segretario del Partito autonomista corso.
La Corsica oggi
I Corsi residenti in Corsica oggigiorno sono solo 260.000 circa, quelli costretti negli anni ad emigrare per il mondo sono invece oltre un milione. Molti di essi sono andati in Francia dove è stato offerto loro lavoro soprattutto nella pubblica amministrazione, francesizzandosi così velocemente. La politica di francesizzazione delle popolazioni alloglotte è stata particolarmente vessatoria nei confronti della Corsica. Essa addirittura fino al 1972 era aggregata alla regione Provenza-Costa Azzurra-Alpi-Corsica. L’abilità della Francia nel costruire regioni e dipartimenti che mettessero in secondo piano gli elementi ad essa estranei ed alloglotti, non era nuova: già nel 1860 il territorio della vecchia Contea di Nizza venne aggregato alla zona provenzale di Grasse e Cannes creando così un inedito dipartimento. Si ricordi inoltre che in Francia l'unica lingua ufficiale ed insegnata nelle scuole è il francese, come scrive Marzio Scaglioni “con buona pace dei principii di libertà ed espressione codificati fin dal lontano 1789”. Inoltre per legge in Corsica non si possono avere nomi propri italiani, ma solo francesi. All’atteggiamento nazionalista della Francia si accompagna l’indifferenza degli italiani i quali conoscono la Corsica più che altro come meta turistica d’élite.
Fonte:
www.irredentismo.it/Pagine%20web/corsica.htmEdited by Peppero - 12/2/2010, 21:14