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Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento un genocidio di Italiani

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Italoromano
view post Posted on 10/1/2011, 11:00




CITAZIONE (AzzurroItalia @ 6/1/2011, 17:56) 
CITAZIONE (Italoromano @ 4/1/2011, 21:13) 
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Wiki andrebbe presa con due lunghe e robuste pinze, già... ;)

Oltretutto a me ha sempre dato l'idea di essere quello strumento di controllo che Orwell ha descritto in 1984. Se ci fate caso, wikipedia accetta i liberi contributi solo finchè questi non entrano in contrasto con quello che, su un qualunque argomento, i "controllori" del sito vogliono che venga riportato. Per il modo in cui essa è strutturata e controllata dall'alto, wikipedia permette proprio quelle manipolazioni della storia e della verità profetizzate dallo scrittore britannico.

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Caro AI,


personalmente non saprei se Wiki possa definirsi una sorta di strumento di un qualche progetto orwelliano, ma di sicuro il suo funzionamento è discutibilissimo, alquanto fallace e non poco caotico: insomma pieno zeppo di limiti (ed errori).

Mi pare inoltre che vi prevalgano le culture nazionali dominanti ed in genere più aggressive e determinate (quindi l'italiana è un poco in seconda fila)...e da questo punto di vista sì, è un palcoscenico poco fedele e rispettoso della nostra storia, questo senz'altro direi (=beninteso: sempre secondo il mio modesto avviso personale).

CITAZIONE (Peppero @ 7/1/2011, 10:09) 
Rinascimento i tuoi interventi sono sempre apprezzati, grazie delle informazioni...

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Sono assolutamente d'accordo.
 
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Rinascimento
view post Posted on 10/1/2011, 16:02




I CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER ITALIANI
Al momento dell’entrata in guerra il governo imperiale s’affidò interamente alle capacità coercitive dell’esercito, che divenne, come poi accadde anche in Germania, lo strumento di una progressiva militarizzazione della società, politica, economica e sociale. Il Parlamento venne chiuso sine die, quindi a tempo indeterminato, mentre determinate leggi costituzionali venivano sospese. Questa scelta politica d'altronde fu in linea con la tradizione dispotica e la natura di stato di polizia dell'impero asburgico, come fra gli altri ha mostrato un grande studioso come Leo Valiani. Anche Almerigo Apollonio, nella sua opera "Dagli Asburgo a Mussolini. Venezia Giulia 1918-1922", incomincia il saggio accennando alle deportazioni austriache contro gli Italiani nella Grande Guerra ed alla loro natura fortemente repressiva.
Al tempo stesso, si giunse ad un regime di “caccia alle streghe” ed a persecuzioni politiche contro gli avversari interni, veri o presunti, di proporzioni sconosciute all’epoca, e paragonabile per dimensioni all’operato dei giacobini nella prima repubblica francese. Confluirono nei lager asburgici molti innocenti per discorsi incauti, atteggiamenti ritenuti sospetti o denunce anonime. Gli arresti operati dalle autorità militari avevano un supporto legislativo in due Ordinanze Imperiali emanate il 25 luglio 1914 (BLI n.164 e BLI n.156).
Dal maggio del 1915, con l'entrata in guerra dell'Italia, le autorità militari austriache estesero anche al Trentino ed alla Venezia Giulia le misure di deportazione in campi di concentramento della popolazione politicamente “sospetta”, già applicate su ampia scala in altre regioni e con altre etnie. La deportazione in teoria poteva essere decisa per sospetti sulle opinioni politiche del deportato o per vicinanza alla zona di guerra, ma di fatto era stabilita per all’appartenenza alla nazionalità italiana. Era sufficiente ignorare il tedesco per essere immediatamente ritenuto sospetto. Ricorda il deputato socialista Valentino Pittoni: “la più lieve diffidenza fatta nascere da qualche fonte disonesta, il rapporto più raffazzonato e meno scrupoloso di organi di polizia meno subordinati bastavano per internare o confinare illegalmente un uomo, per trascinarlo qua e là per anni interi come un volgare delinquente di stato, per esporlo all'odio e al disprezzo della popolazione, per consegnarlo a degli organi di polizia che mostravano gioia bestiale contro gente indifesa”.
I deportati trentini furono oltre 75.000, a cui si devono aggiungere decine di migliaia di Triestini ed Istriani, deportati da Pola e da un’ampia zona limitrofa, estesa fino a comprendere Rovigno, ed un numero imprecisato di Italiani abitanti nel Cadore austriaco ed in Dalmazia. Il Trentino fu quasi spopolato in intere sue zone, Trieste ridotta ad un terzo dei suoi abitanti di prima la guerra e Pola e tutta l’area istriana circostante riportate quasi ad un deserto.
I deportati Italiani di cittadinanza asburgica nei Lager austriaci durante la prima guerra mondiale furono circa 185.000, raggiungendo in pratica la cifra altissima di 1/4 od un 1/5 (a seconda delle cifre proposte) dell’intera popolazione italiana residente nei territori colonizzati dall’autorità austriaca.
L’abbandono fu imposto dalle autorità asburgiche con la forza e l’inganno, costringendo moltissimi deportati nei lager ad andarsene dalle propri case con nient’altro che i propri abiti e convinti di assentarsi per pochi giorni ed a breve distanza, anziché per sempre (nelle intenzioni del governo imperiale) ed in luoghi remoti. L’impero si servì della violenza su ampia scala già al momento di compiere le deportazioni: ad esempio, le cittadine trentine di Roncegno e Marter, in Valsugana, furono spianate dal bombardamento dell’artiglieria austriaca, che usò anche proiettili incendiari, per costringere gli abitanti ad andarsene.
Le testimonianze scritte nel dopoguerra hanno consolidato la triste fama di alcuni luoghi di reclusione che divennero giustamente un simbolo della oppressione austriaca contro le aspirazioni irredentiste degli italiani.
Il campo di concentramento già nell’Austria di Francesco Giuseppe era un lager circondato da filo spinato e da guardie, in cui i reclusi vivevano in baracche di legno, sottoposti a lavori forzati e nutriti e curati poco e male. Le autorità asburgiche erano solite separare i compaesani fra loro, anzi persino spezzare le famiglie, destinandole a lager molto lontani fra loro e naturalmente al di fuori di possibilità di comunicazioni. Fu inevitabile un’elevata mortalità.
Per dare un’idea del trattamento riservato a questi deportati nei lager asburgici, bastino alcuni esempi. Su 1754 Trentini prigionieri nel campo di Katzenau, 353 morirono. Nel campo di Tapiosuli, nei pressi di Budapest, nel solo periodo compreso fra gennaio ed aprile del 1917 ci furono oltre 2000 morti su 9000 deportati. A Gollersdorf gli Italiani furono rinchiusi in baracche di legno che avevano in precedenza ospitato un lazzaretto per malati di tifo: vi furono anche altri casi analoghi in altri campi. Fra i lager adoperati, vi fu quello di Mathausen, esattamente lo stesso che fu poi impiegato dai nazisti nella seconda guerra mondiale per rinchiudervi gli Ebrei.
Soltanto fra i Trentini (75 mila deportati) coloro che non ressero agli stenti ed alle malattie dei lager fatiscenti furono circa 8000. Il totale delle vittime dei campi di concentramento in cui Francesco Giuseppe rinchiuse i suoi stessi sudditi è sconosciuto, ma le cifre proposte superano oscillano attorno alle 30.000 vittime.
Si noti comunque che il progetto era quello di deportare col tempo gran parte o tutta la popolazione italiana dei territori irredenti e trasferirla e sparpagliarla in regioni lontanissime, in Austria, Boemia e Moravia. Questo piano fu, ad esempio, formulato in modo esplicito da altissimi funzionari dell'impero per il Trentino e ci si servì della guerra come pretesto al fine d'iniziare la deportazione.

QUOTE (Italoromano @ 10/1/2011, 11:00) 
QUOTE (Peppero @ 7/1/2011, 10:09) 
Rinascimento i tuoi interventi sono sempre apprezzati, grazie delle informazioni...

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Sono assolutamente d'accordo.

Grazie a te!

Edited by Rinascimento - 11/1/2011, 10:02
 
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Rinascimento
view post Posted on 14/1/2011, 10:54




IL GIUDIZIO DI LEO VALIANI SULL'AUSTRIA-UNGHERIA

Leo Valiani, grande studioso di fama internazionale originario di Fiume, nella sua opera La dissoluzione dell’Austria-Ungheria individua la causa prima della caduta dell’impero nella sua cronica incapacità di rinnovarsi ovvero in un assetto politico ed istituzionale anacronistico accompagnato da una politica estera aggressiva. Egli cita in proposito le parole di un protagonista della Finis Austriae, il ministro degli Esteri austro-ungarico Istvàn Buriàn, il quale osservava che il tracollo dell’impero giungeva quale il “frutto di 50 anni di cattiva politica anacronistica”.
Le strutture istituzionali della Duplice Monarchia apparivano inadeguate ai tempi. Lo stato austro-ungarico aveva un carattere fortemente dinastico, essendo ancora imperniato attorno ad una casata, tanto poter venire definito proprietà più di una famiglia che di un popolo. Il suo carattere multinazionale conviveva con l’egemonia dell’elemento austro-tedesco e di quello magiaro, e la discriminazione delle altre etnie. Inoltre, i due popoli dominanti erano in contrasto fra loro, col risultato che l'elemento austriaco concepiva l'impero quale uno stato federale, quello magiaro una federazione di stati. Infine, esso possedeva una natura cosiddetta di Machtstaat, in cui l’elemento coesivo era rappresentato dall’esercito e dalla volontà espansionistica. Come aveva osservato a fine Ottocento l’allora ministro degli Esteri dell’Austria-Ungheria, il conte Kàlnoky, la monarchia asburgica si era formata e sviluppata più quale Macht indirizzato aggressivamente verso l’esterno che quale Staat predestinato ad organizzarsi internamente.
Se ho interpretato correttamente il pensiero di Valiani, la Duplice Monarchia avrebbe quindi rappresentato uno stato con un apparato istituzionale arcaico sovrapposto ad un molteplice troppo eterogeneo socialmente ed etnicamente, che cercava di compensare le tensioni ed i contrasti intestini con la snazionalizzazione oppressiva al suo interno e la aggressività bellicista verso il mondo esterno.
Il Valiani infatti ricorda come il governo austro-ungarico, posto dinanzi all’alternativa fra un piano di riforme e la guerra, abbia consapevolmente scelto quest’ultima. La premessa a Dissoluzione segnala quale causa determinante della scomparsa dell’impero austro-ungarico non tanto le questioni nazionali, pur gravi ed importanti, quanto le scelte imperialistiche e militaristiche di Vienna nei suoi rapporti internazionali e quindi la scelta di una Groβmachtpolitik sproporzionata alle proprie possibilità ed incoerente rispetto alle proprie stesse esigenze.

A mio modestissimo parere, Leo Valiani è stato certo uno studioso di notevole importanza, ed è singolare che un autore capitale nello studio della scomparsa dell'impero austro-ungarico sia forse più conosciuto ed apprezzato all’estero che non in Italia.
 
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Italoromano
view post Posted on 14/1/2011, 13:35




Caro Rinascimento,


posso solo presumere che la generale ignoranza del Valiani sia dovuta all'assoluta peculiarità della sua esperienza politica ed intellettuale; è stato ad es. uno dei primi studiosi italiani a collaborare con colleghi stranieri in opere scientifiche collettanee, ma politicamente fu sempre minoritario, un originale.

Da liberalsocialista visse la dissoluzione del Partito d'Azione, sino all'età matura, quando rilasciò giudizi assai poco lusinghieri - e quindi sottaciuti, qui in Italia - sull'esperienza storica comunista (i comunisti, com'è noto, non hanno mai amato nemici a sinistra).

Approfitto per sottoporre all'attenzione generale un quesito: la Duplice Monarchia non si riformò perchè non potè o perchè non volle?

Personalmente tendo a credere nella prima ipotesi, nel senso che una struttura multinazionale tanto complessa non ritengo avrebbe potuto concedere riforme interne, nel timore di fomentare ulteriori rivendicazioni e tensioni interetniche.

Tu cosa ne pensi?
 
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Rinascimento
view post Posted on 14/1/2011, 21:47




Caro ItaloRomano,

ti esprimo il mio modesto parere.

Su Leo Valiani concordo con il tuo giudizio, che mi pare molto acuto. Questo insigne studioso, molto conosciuto ed apprezzato all'estero, in Italia è scarsamente noto anzitutto per la singolarità della sua vicenda umana ed intellettuale. Originario di Fiume, d'origini miste ma convinto Italiano per scelta e cultura, schierato a sinistra ma anti-comunista, patriota ma anti-fascista. D'altronde, i temi di cui lui si è occupato non sono molto frequentati nella storiografia italiana, nonostante l'indubbia grandezza di quest'ultima.

In quanto al quesito che poni sull'Austria-Ungheria, secondo me questo stato né volle, né potè modificarsi.
In primo luogo, esso separava Italiani, Polacchi, Serbi, Ucraini, Romeni dalle loro madrepatrie, cosicché anche una soluzione federale sarebbe stata per loro di dubbia efficienza.
In secondo luogo, esso si era formato ed era sorretto dall'egemonia della componente austriaca: l'imperatore aveva forti ed effettivi poteri, anche superiori al Parlamento; l'aristocrazia asburgica conservava un ruolo eminente; l'esercito, pur multietnico, vedeva una prevalenza di alti ufficiali austriaci.
Togliere all'Austria la sua condizione di privilegio sarebbe stato a dir poco sgradito agli Austriaci ed inoltre avrebbe posto in pericolo l'impero stesso, che era tenuto assieme dalla prevalenza dell'etnia germanica: esistevano folti colonie germanofone in Slovenia, Croazia, Ungheria, Boemia, Transilvania.

Le componenti unificanti l'impero erano l'imperatore e l'esercito, da cui discendeva appunto il Machtstaat di cui parlava Valiani. Credo che per loro fosse una scelta obbligata e che neppure pensassero di poter optare per altre strade.

Beninteso, il mio è un semplice parere personale: correggimi pure liberamente se sbaglio.


:italia:
 
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Italoromano
view post Posted on 14/1/2011, 22:47




A parte che condivido il tuo dettagliato parere, credimi:non ho alcun titolo per impartire lezioni a chicchessia, e men che meno a te, che sei, semmai, oggetto della mia stima.

Nel merito: sono d'accordo, la Duplice Monarchia - definizione che io uso per comodità, ma che, come ben sai, sarebbe corretta solo dall'Augsleich in poi - aveva nell'esercito il primo vero cardine del potere imperiale, un ruolo ancor più rafforzato dopo i tumulti rivoluzionari del 1848/49, stroncati proprio grazie al decisivo intervento dei maggiori capi militari (il Radetzky e lo Jelacic).

In estrema sintesi, credo si possa sostenere che l'architettura statale asburgica fosse politicamente irreformabile, poichè nell'epoca della definitiva affermazione degli Stati nazionali - la Grecia, l'Italia, la Germania, la Serbia, la Romania, ecc... - un impero multinazionale era una sorta di arcaico controsenso vivente, destinato inevitabilmente a scomparire.
 
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Rinascimento
view post Posted on 15/1/2011, 10:01




Caro Italo.Romano,

anzitutto ti ringrazio sinceramente per l'apprezzamento nei miei confronti, che però è troppo generoso da parte tua. Sappi comunque che la stima è reciproca.

In quanto al giudizio sul "mostro dei popoli" di mazziniana memoria, ovvero il dominio coloniale asburgico, non posso che concordare col tuo parere. Quella istituzione era un anacronismo ed era destinata a cadere: la sua natura strettamente dinastica, il peso feudale dell'aristocrazia di sangue, l'etnocentrismo austriaco, il legame fra trono ed altare erano veri e propri residui del passato. L'impero avevano moltissimi nemici interni sia per motivi "nazionali", sia anche per motivazioni sociali e politiche di chi gli era ostile per la sua organizzazione cetuale ed il suo cesoropapismo.

Vienna non fece alcuno sforzo per rimediare alle proprie debolezze e portò avanti una politica suicida, basata sulla repressione interna e l'aggressività esterna. Non seppe neppure essere leale verso l'Italia e continuò a tramare contro il suo "alleato".


1) Fra gli altri, lo studio di Diego De Castro La questione di Trieste. L'azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954 (opera che però parte dal periodo anteriore alla prima guerra mondiale) evidenzia la correttezza della politica estera italiana verso l' "alleato" asburgico e la frequente malafede e slealtà del governo viennese.
L'Italia per lealtà alla Triplice evitò rigorosamente d'interferire nelle vicende interne dell'impero austro-ungarico e d'appoggiare il locale movimento nazionale ed irredentista. L'irredentismo italiano nelle terre asburgiche fu praticamente abbandonato e lo stesso movimento irredentista nella madrepatria non incontrò affatto i favori governativi. (su questo cfr. anche Luciano Monzali, "Italiani di Dalmazia", pp. 125-137sgg.). I ministri degli Esteri d'Italia, come Mancini e Robilant, non vennero meno agli accordi sottoscritti né tramarono contro l'Austria-Ungheria.
Scrive il Monzali:
"La decisione di avvicinarsi al blocco austro-germanico, concludendo nel maggio 1882 un'alleanza difensiva con Austria-Ungheria e Germania, denominata poi Triplice Alleanza, fu la risposta politica che la classe dirigente liberale ideò per reagire alla profonda crisi della politica estera dell'Italia alla fine degli anni Settanta; ma fu anche, come hanno notato Francesco Tommasini e Pietro Pastorelli, la ricerca di uno strumento politico per cercare di risolvere sul lungo termine e per via diplomatica il problema del confine italo-austriaco e la questione degli italiani d'Austria."
Al contrario, l'imperatore austro-ungarico proseguì nella sua politica di persecuzione del movimento italiano, sia a coltivare progetti di distruzione dell'Italia stessa. Il gabinetto Taaffe e quello Beust perseguivano una politica smaccatamente anti-italiana sia nella politica interna, sia in quella estera.
Questa linea interpretativa è accolta, fra gli altri, da un importante anzi insigne studioso come Leo Valiani.

2) Il capo di stato maggiore austriaco, Conrad von Hötzendorf, propose due volte di attaccare a sorpresa e senza dichiarazione di guerra l'Italia stato alleato: la prima nel 1908, approfittando del terribile terremoto di Messina; la seconda nel 1911, quando le forze armate italiane erano impegnate in Libia. Lo ricorda il grande storico militare Piero Pieri. Gli intenti di von Hötzendorf erano quanto di più sleale e fedifrago si possa immaginare: attaccare di sorpresa un alleato, senza nessuna violazione del trattato da parte di quest'ultimo, in un momento in cui questo era in difficoltà per un terremoto od impegnato in un conflitto con una terza parte.
Si noti che l'impero asburgico concedeva ampi poteri anche politici alle forze armate ed una condizione di semi indipendenza allo Stato Maggiore. La volontà aggressiva di Conrad von Hötzendorf non era affatto espressione della sua volontà personale, ma dei circoli militari austriaci e dell'aristocrazia di corte.
Al contrario, nessuna proposta del genere fu mai avanzata né dallo Stato Maggiore né dal Governo italiani.

3) Inoltre, l'Austria-Ungheria infranse chiaramente gli accordi sottoscritti rifiutando di concedere all'Italia parte dei territori italiani nel momento in cui annesse la Bosnia-Erzegovina: il fatto che fosse sotto protettorato militare dal 1878 non assolveva Vienna dai suoi impegni, nel momento in cui aveva annesso de iure tale regione.

4) Nel dopoguerra della Prima Guerra Mondiale vi fu un politico che difese l'Italia dall'accusa, del tutto falsa, d'aver "tradito" l'Austria. Egli fece notare che l'Italia non aveva affatto tradito, poiché nella Triplice Alleanza le condizioni erano sempre state poste a favore di Vienna e mai di Roma. Inoltre, il governo austriaco aveva frequentemente violato i patti sottoscritti, mai quello italiano.
Il politico in questione era austriaco ed ultra-nazionalista: Adolf Hitler. Se persino Hitler ha ammesso la malafede e la slealtà asburgiche nei confronti dell'Italia, davvero non vi è dubbio. Egli lo fece nei primissimi anni della sua carriera politica, quando era ancora sconosciuto e non aveva alcun interesse ad accattivarsi l 'Italia (cfr. Erik Ruby "Il tradimento tedesco", Magliano 1996)


Buona giornata!
 
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Italoromano
view post Posted on 15/1/2011, 15:55




Complimenti, intendevo giusto scrivere qualcosa sulla figura - e l'opera - di Franz Conrad von Hotzendorf, che riassume e quasi sublima in sè il succo di questa bella discussione, ossia il carattere sostanzialmente antiitaliano della politica asburgica.

L'episodio del suo piano di aggressione elaborato proprio durante i soccorsi internazionali dopo il devastante terremoto di Messina e Reggio Calabria dice già tutto; io aggiungerei solo che anche la famigerata "Strafexpedition", ancorchè motivata dalla necessità strategica austriaca di sganciarsi quanto prima dall'oneroso fronte meridionale per concentrarsi ad est contro l'orso russo (tornato nuovamente a minacciare la pianura magiara dai Carpazi), a sua volta ben esprimeva tutta la profondità dell'intento punitivo nei nostri confronti covato dal von Hotzendorf.
 
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Rinascimento
view post Posted on 16/1/2011, 23:19




Caro ItaloRomano,

hai senz'altro ragione in ciò che scrivi sull'italofobo Conrad von Hotzendorf e sul suo progetto di "punire" l'Italia per il suo (del tutto inesistente) tradimento. L'idea di assalire a tradimento il nostro paese, quando era vittima di un grave terremoto o impegnato in un conflitto con la Turchia, dimostra inoltre che questo "maresciallo" era privo di lealtà, senso dell'onore e persino sincerità. Con quale diritto poi accusasse l'Italia di tradimento (inesistente: la Triplice era puramente difensiva ed era stata l'Austria ad attaccare la Serbia)? Era un ipocrita.
Non era però affatto il solo ad essere ostilissimo all'Italia nelle alte sfere del potere asburgico.
Mi sono permesso d'inserire un piccolo e del tutto incompleto "album di famiglia".
Buona notte!




ITALOFOBIA ED ANTI-ITALIANESIMO DEGLI ASBURGO
Conrad von Hotzendorf aveva proposto per due volte un attacco proditorio contro un alleato, senza alcuna violazione del trattato da parte dell’Italia e neppure alcuna provocazione. Egli aveva persino suggerito di scendere sul suolo italiano “alla maniera degli antichi barbari” (sic). Persino la Strafexpedition fu voluta in buona misura più che il suo odio patologico verso il popolo italiano che per ragioni strategiche, essendo l’esercito asburgico minacciato alle sue spalle da quello russo.
Buon ultimo, questo comandante ebbe una parte importante nel determinare la deportazione nei lager asburgici di decine di migliaia di Italiani, in questo associandosi alle analoghe richieste del comandante della “armata dell’Isonzo”, il croato Boroevic. Persino le memorie di Conrad von Hotzendorf si segnalavano per il loro atteggiamento italofobo, come ricorda il grande storico Piero Pieri.

L’odio verso l’Italia aveva comunque il suo massimo rappresentante in Francesco Giuseppe, giustamente definito dal D’Annunzio come “angelo della forca sempiterna”.
Si è già ricordato ad inizio di questo filone di discussione che egli si prefiggeva un genocidio o pulizia etnica degli Italiani in Dalmazia, Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, in ciò d’altronde seguendo le orme di altri sovrani della sua dinastia. Massimiliano I compì un massacro spaventoso di ladini in Alto Adige, dando l’inizio alla germanizzazione dell’area. Maria Teresa si segnalò anch’essa per un’ulteriore snazionalizzazione della regione alto-atesina, con persecuzioni, cacciate o germanizzazioni forzate degli Italiani (ladini e trentini) ivi residenti.
Francesco Giuseppe aveva preso ad odiare intensamente gli Italiani sin dal 1848, quando salì al trono in seguito all’abdicazione del padre (infermo di mente, così come fu mentalmente instabile il figlio Rodolfo).
L’abdicazione paterna fu sollecitata dai circoli conservatori di corte, che vedevano nel giovane Francesco Giuseppe, dal carattere debole e facilmente manipolabile, lo strumento adatto per compiere una politica repressiva. Il nuovo monarca si appoggiò al feroce maresciallo Radetzky, responsabile di un regime brutale, con oltre mille condanne a morte dopo la fine della guerra, l’impiego dell’artiglieria a tappeto su intere città (Milano, Brescia, Venezia), la distruzione per rappresaglia di interi villaggi italiani, le continue violenze soldatesche sulla popolazione indifesa anche in tempo di pace.
Radetzky si era così espresso in modo reciso: "Bisogna slavizzare la Dalmazia per toglierla alla pericolosa signoria intellettuale di Venezia alla quale le popolazioni italiane si rivolgono con eccessiva ammirazione". Il maresciallo giunse a minacciare gli abitanti del Lombardo-Veneto di compiere una pulizia etnica di ampie proporzioni, che sarebbe dovuta consistere nelle sue intenzioni nella cacciata od uccisione della maggior parte della classe dirigente locale e la sua sostituzione con elementi germanici: questo era già stato compiuto in altre regioni dal cosiddetto “impero”.
La cosiddetta “marcia di Radetzky” divenne popolarissima in Austria (lo è ancora adesso) ed, a testimonianza dell’ostilità di Francesco Giuseppe verso l’Italia anche dopo la costituzione della Triplice Alleanza, l’anniversario della sconfitta italiana di Custoza continuò ad essere celebrato a corte con regolarità.

Degno erede e successore del dannunziano “angelo della forca sempiterna” Francesco Giuseppe, Carlo I d’Asburgo, ultimo “imperatore” della dinastia
Questi espresse il suo atteggiamento verso l’Italia e gli Italiani in ciò che scrisse il 26 agosto 1916 in risposta a Guglielmo II di Germania.
L’allora arciduca sollecitava l’invio non di truppe germaniche, ma solo di cannoni, affinché l’offensiva contro l’esercito italiano “venga condotta esclusivamente dalle mie truppe. Tutto il mio esercito definisce la guerra contro l'Italia la nostra guerra. Ciascun ufficiale nutre in petto fin dai suoi giovani anni l'ardente desiderio trasmessogli dai padri, di combattere contro il nemico ancestrale.”
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 17/1/2011, 12:53




conrad non era altro che l'ultimo esponente della secolare casta militare asburgica,è per questo che per lui l'italia non poteva essere che il nemico secolare da abbattere....si tratta di un' avversione atavica,di casta,ideologica...
 
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Italoromano
view post Posted on 17/1/2011, 13:31




Concordo, caro Bepo, e colgo l'occasione per ringraziare l'amico Rinascimento della suddetta, dettagliata integrazione al discorso che abbiamo sin qui sviluppato.
 
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Rinascimento
view post Posted on 18/1/2011, 22:23




QUOTE (GIUSEPPE MAZZINI @ 17/1/2011, 12:53) 
conrad non era altro che l'ultimo esponente della secolare casta militare asburgica,è per questo che per lui l'italia non poteva essere che il nemico secolare da abbattere....si tratta di un' avversione atavica,di casta,ideologica...

Caro Italo.Romano, caro Giuseppe Mazzini,

concordo con voi nel giudizio su von Hötzendorf ed anzi lo estenderei a gran parte della classe dirigente asburgica, costituita in prevalenza da aristocrazia di sangue austriaca che si sentiva estranea all’Italia sia per motivi nazionali, sia ideologici e sociali: l’avversione di uno stato ancora dinastico e feudale verso una monarchia parlamentare in cui il re regna ma non governa ed il potere effettivo è passato nel Parlamento.
Aggiungerei ancora una ragione nella italofobia austriaca: il razzismo vero e proprio. Il patriottismo italiano e quello germanico si sono sviluppati secondo linee ben distinte. Il primo è sempre stato, sin dai tempi di Roma antica, fondato sulla condivisione della cultura, mentre invece il secondo si è costruito sul mito del “sangue” ovvero su di una presunta ed inesistente “identità razziale” biologica.
Il patriottismo ottocentesco italiano era liberale e tollerante, mentre invece quello tedesco si segnalò da subito come xenofobo ed oppressivo. Le ideologie razziste dell’800 furono praticamente sconosciute in Italia, mentre invece ebbero la loro principale origine ed il proprio epicentro nell’area tedesca. Vienna in particolare fu il focolaio dell’antisemitismo moderno, che rimase invece in terra italiana pressoché sconosciuto sino al 1938 ed anche dopo attecchì ben poco.
Se si leggono le lettere private, i diari, le memorie dei membri della classe dirigente austriaca del periodo 1866-1918 si nota come numerosi di questi fossero dei razzisti a tutti gli effetti, credessero nelle “razze umane” e ritenessero gli Italiani una sorta di “razza inferiore” rispetto alla presunta “razza tedesca”.


Buona notte
 
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Italoromano
view post Posted on 18/1/2011, 23:59




Vienna - la Vienna di fine secolo - fu davvero la grande incubatrice del pegiore antisemitismo, quello degli Schonerer e dei Lueger (storico borgomastro della capitale austriaca e primo vero "maestro" politico di Hitler).

Quantomai azzeccata poi la distinzione operata tra il nazionalismo italiano, su base storico-spirituale, e quello tedesco, su base eminentemente biologico-razziale (pangermanesimo).
 
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Rinascimento
view post Posted on 20/1/2011, 22:42




Caro Italo.Romano,

mi pare molto giusto quello che scrivi sulla Vienna asburgica quale fucina dell'antisemitismo, che ebbe in figure come Lueger i suoi più noti esponenti ma che era diffusissimo nella popolazione.
Francesco Giuseppe stesso era un antisemita, come già lo erano stati molti altri membri del suo casato, a cominciare da Maria Teresa. Anzi, l'imperatore si servì anche dell'antisemitismo per tentare di schiacciare gli Italiani.


LA PROPAGANDA ANTISEMITA DELL’IMPERO ASBURGICO IN FUNZIONE ANTI-ITALIANA
I molti studi di Leon Poliakov, l'autore di gran lunga più importante sul sorgere dell'antisemitismo moderno, documentano le radici anzitutto germaniche dell’ideologia antisemita, con epicentro proprio a Vienna. La documentazione al riguardo è amplissima, più di quanto si possa immaginare, e l'antisemitismo era giunto in Austria ad una ramificazione ed estensione che appaiono oggigiorno quasi incredibili. (cfr ad esempio Il mito ariano : saggio sulle origini del nazismo e dei nazionalismi, Roma 1999). Il borgomastro di Vienna, Karl Lueger, propose un modello di antisemitismo che era destinato anche a riunificare nell’ostilità contro gli ebrei le varie etnie dell’impero, fornendogli un “capro espiatorio” ed un “nemico” (immaginario) da combattere sotto la guida dell’imperatore. La morte prematura di Lueger fu definita fatale per le sorti dell’impero asburgico quando l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo, poiché egli con la sua ideologia razzista stava cercando d’appianare i violenti contrasti sociali e nazionali veicolandoli all’odio antisemita. Al contrario, in Italia l’antisemitismo fu quasi sconosciuto sino alle leggi razziali del 1938, e comunque assolutamente minoritario e neppure lontanamente paragonabile a quello austriaco (Cfr al riguardo gli studi di F. Levi, di Renzo De Felice ecc.).
La snazionalizzazione anti-italiana della Venezia Giulia si servì di una molteplicità di strumenti, fra cui anche la diffusione e la propagazione dell’antisemitismo.

La numerosa colonia ebraica triestina, venutasi formando a partire dagli inizi del ‘700, sebbene fosse di provenienza tedesca conosce una rapida e fortissima italianizzazione, riscontrabile nell’uso della lingua, negli abiti, nella scelta dei nomi, nell’educazione dei figli: bisogna ricordare come l’ebraismo italiano, a differenza di quello d’altri paesi, specialmente dell’Europa orientale, si sia sempre segnalato per una ben maggiore integrazione col tessuto sociale e culturale della circostante comunità cristiana. Alcuni discendenti degli ebrei immigrati divengono anzi irredentisti.
Il forte patriottismo italiano degli askenazi giulio-veneti si può ritrovare nella figura di Giorgio Liuzzi, ebreo di religione, che poco dopo la prima guerra mondiale aderisce convintamente al fascismo, divenendo anzi un generale della Milizia e partecipando in questa veste alla guerra di Spagna. Negli anni Trenta egli scrive una sorta di manifesto rivolto ai suoi correligionari, nel quale li invita non ad abbandonare la propria religione (a cui egli stesso aderiva), bensì a considerarsi tutti e convintamente italiani. Dopo la guerra, Liuzzi prosegue la propria carriera militare, sino a divenire capo di stato maggiore dell’esercito.
Il “caso” degli ebrei tedeschi immigrati a Trieste e ben presto italianizzatisi fornisce un ulteriore esempio di come la cultura italiana fosse capace d’estendere il proprio influsso ben oltre il gruppo nazionale d’appartenenza, costituendo anzi la “koiné” degli abitanti della Venezia-Giulia.
Nel periodo 1866-1918 i numerosi ebrei italiani residenti a Trieste erano praticamente tutti d’idee patriottiche ed irredentiste ed anzi fortemente presenti nella “Lega Nazionale”, l’associazione che tentava di difendere gli Italiani dall’oppressione asburgica.

La strategia utilizzata da alcuni funzionari imperiali sul piano strettamente politico (poiché si faceva anche largo ricorso ad altri mezzi, inclusa la violenza) contro la Lega Nazionale e l’irredentismo italiano fu quella già sperimentata a Vienna con grande successo, che comprendeva la diffusione dell’anti-semitismo e la presentazione dell’impero quale “baluardo cattolico”.
Questo piano appariva ai funzionari asburgici sembrava perfettamente adatto allo scopo in quanto rivolta contro un movimento liberal-nazionale italiano in cui era forte la componente giudaica ed anche quella massonica, anch’essa coinvolta nella medesima demonizzazione da parte della propaganda governativa. Ma quanto era riuscito facilmente al Lueger, a Vienna, non ebbe alcun successo a Trieste.
La reazione venne a mancare per un largo ordine di motivi, ma anzitutto Trieste, città italiana in cui mancava del tutto una mentalità antisemita ed in cui anzi gli ebrei erano bene accetti ed integrati (come si è spiegato sopra), non recepì affatto la propaganda asburgica dell’odio anti-ebraico.
Essa ebbe invece un notevole successo presso i nazionalisti sloveni e croati. Questi ultimi, costituiti da popoli di storia molto recente e quasi privi di una tradizione letteraria, avevano un movimento nazionale dominato dal proprio clero, il quale, all’interno della struttura istituzionale dell’impero asburgico, era costituito di fatto da funzionari imperiali. Numerosi preti nazionalisti slavi si misero di buona lena a predicare l’antisemitismo, poiché in questo modo potevano contemporaneamente compiacere l’imperatore Francesco Giuseppe e servire la causa del proprio nazionalismo, essendo gli ebrei triestini tutti italiani.
La loro azione ebbe successo presso i nazionalisti slavi sia per xenofobia pura e semplice, sia per ostilità economica e sociale, essendo la ricca e colta borghesia italiana invidiata dalle masse dei poverissimi contadini sloveni e croati.
Scrive lo storico Almerigo Apollonio nella sua opera Libertà, Autonomia, Nazionalità - Trieste, l'Istria e il Goriziano nell'Impero di Francesco Giuseppe 1848-70: “ Gli ebrei italiani e gli ebrei triestini di origine italiana furono quindi sostenitori naturali del liberalismo e del movimento unitario italiano, che a quei principi liberali si ispirava.”. Egli poi aggiunge che “Non c'è alcun sintomo a Trieste, in città, di un antisemitismo tra le classi medie o popolari per tutto il XIX e XX secolo. Negli anni dopo il 1866 notiamo invece forti accenni di ispirazione o tono antisemita nelle campagne del contado triestino e negli stessi sobborghi.” Si trattava delle zone abitate dagli slavi. Infatti, spiega Apollonio, “tale accentuazione antisemita sarebbe sorta e si sarebbe sviluppata parallelamente ad un crescente sentimento di astio anticittadino. Il "cittadino", occupato negli affari e negli uffici, sarebbe diventato anzi, nell'immaginario degli abitanti del "territorio", l'ebreo per antonomasia”, parte del “motivo propagandistico del cittadino filoitaliano e antidinastico” che il governo asburgico cercava in ogni modo di diffondere.

Le conseguenze della propaganda antisemita asburgica, recepita dai nazionalisti slavi, furono spesso tragiche.
Ad esempio, a Trieste dal 10 al 12 luglio 1868, si ebbero violenze sugli Italiani da parte di reparti regolari dell’esercito austro-ungarico, costituite interamente da Sloveni. Questi, dopo aver udito discorsi incendiari di politici nazionalisti Sloveni, che predicavano contemporaneamente l’odio contro gli Italiani e gli Ebrei (tutti gli Ebrei triestini all’epoca erano degli irredentisti italiani), assalirono la popolazione indifesa di Trieste al grido di "morte agli italiani e agli ebrei maledetti".
L’eccidio fu opera di militari slavi in uniforme asburgica che assalirono ed uccisero civili italiani disarmati. Si ebbero tre morti: Rodolfo Parisi (ucciso con 26 colpi di baionetta), Francesco Sussa, Emifio Bernardini. Inoltre, furono gravemente feriti altri 21 Italiani: Ignazio Puppi, Giobatta Lucchini Giovanni Krammer, Pietro Bellafronte, Antonio Rustia. Emilio Rupnik, Edoardo Offacio, Giulio Cazzatura, Giacomo Katteri, Giuseppe Santinelli, Pietro Mosettig. Giovanni Stancich, Giuseppe Benporath della Comunità Ebraica cittadina, Teodoro Damillo. Nicolo Modretzky, Gaspare Hans, Giovanni Schmutz, Edgardo Rascovich, Angelo Crosato, Luigi Grusovin ed Ernesto Ehrenfreund.

In realtà, al di là dei singoli episodi, l'antisemitismo in Venezia Giulia si diffuse fortemente presso gli slavi, divenendo quasi parte integrante dell'ostilità nazionalistica contro gli italiani, proprio perché gli ebrei locali erano tutti italiani ed irredentisti. Antisemitismo ed anti-italianesimo furono così quasi sinonimi presso gli ambienti dei nazionalisti slavi della Venezia Giulia asburgica.

Edited by Rinascimento - 5/4/2012, 22:17
 
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Italoromano
view post Posted on 20/1/2011, 22:57




In questo Cecco Beppe ebbe maestri esemplari negli Zar, che attuarono una operazione similare, facendo appunto degli ebrei il capro espiatorio ideale del montante panslavismo che poi essi stessi si proponevano di strumentalizzare e cavalcare per espandere i confini del proprio impero...

Quanto all'ebraismo triestino, così su due piedi mi sovvengono un paio di nomi illustri - ed a loro modo significativi - come Umberto Saba e Italo Svevo, ambedue comunque notoriamente italiani (e universalmente considerati tali).
 
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403 replies since 4/1/2011, 14:27   23847 views
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