| Caro Italo.Romano,
mi pare molto giusto quello che scrivi sulla Vienna asburgica quale fucina dell'antisemitismo, che ebbe in figure come Lueger i suoi più noti esponenti ma che era diffusissimo nella popolazione. Francesco Giuseppe stesso era un antisemita, come già lo erano stati molti altri membri del suo casato, a cominciare da Maria Teresa. Anzi, l'imperatore si servì anche dell'antisemitismo per tentare di schiacciare gli Italiani.
LA PROPAGANDA ANTISEMITA DELL’IMPERO ASBURGICO IN FUNZIONE ANTI-ITALIANA I molti studi di Leon Poliakov, l'autore di gran lunga più importante sul sorgere dell'antisemitismo moderno, documentano le radici anzitutto germaniche dell’ideologia antisemita, con epicentro proprio a Vienna. La documentazione al riguardo è amplissima, più di quanto si possa immaginare, e l'antisemitismo era giunto in Austria ad una ramificazione ed estensione che appaiono oggigiorno quasi incredibili. (cfr ad esempio Il mito ariano : saggio sulle origini del nazismo e dei nazionalismi, Roma 1999). Il borgomastro di Vienna, Karl Lueger, propose un modello di antisemitismo che era destinato anche a riunificare nell’ostilità contro gli ebrei le varie etnie dell’impero, fornendogli un “capro espiatorio” ed un “nemico” (immaginario) da combattere sotto la guida dell’imperatore. La morte prematura di Lueger fu definita fatale per le sorti dell’impero asburgico quando l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo, poiché egli con la sua ideologia razzista stava cercando d’appianare i violenti contrasti sociali e nazionali veicolandoli all’odio antisemita. Al contrario, in Italia l’antisemitismo fu quasi sconosciuto sino alle leggi razziali del 1938, e comunque assolutamente minoritario e neppure lontanamente paragonabile a quello austriaco (Cfr al riguardo gli studi di F. Levi, di Renzo De Felice ecc.). La snazionalizzazione anti-italiana della Venezia Giulia si servì di una molteplicità di strumenti, fra cui anche la diffusione e la propagazione dell’antisemitismo.
La numerosa colonia ebraica triestina, venutasi formando a partire dagli inizi del ‘700, sebbene fosse di provenienza tedesca conosce una rapida e fortissima italianizzazione, riscontrabile nell’uso della lingua, negli abiti, nella scelta dei nomi, nell’educazione dei figli: bisogna ricordare come l’ebraismo italiano, a differenza di quello d’altri paesi, specialmente dell’Europa orientale, si sia sempre segnalato per una ben maggiore integrazione col tessuto sociale e culturale della circostante comunità cristiana. Alcuni discendenti degli ebrei immigrati divengono anzi irredentisti. Il forte patriottismo italiano degli askenazi giulio-veneti si può ritrovare nella figura di Giorgio Liuzzi, ebreo di religione, che poco dopo la prima guerra mondiale aderisce convintamente al fascismo, divenendo anzi un generale della Milizia e partecipando in questa veste alla guerra di Spagna. Negli anni Trenta egli scrive una sorta di manifesto rivolto ai suoi correligionari, nel quale li invita non ad abbandonare la propria religione (a cui egli stesso aderiva), bensì a considerarsi tutti e convintamente italiani. Dopo la guerra, Liuzzi prosegue la propria carriera militare, sino a divenire capo di stato maggiore dell’esercito. Il “caso” degli ebrei tedeschi immigrati a Trieste e ben presto italianizzatisi fornisce un ulteriore esempio di come la cultura italiana fosse capace d’estendere il proprio influsso ben oltre il gruppo nazionale d’appartenenza, costituendo anzi la “koiné” degli abitanti della Venezia-Giulia. Nel periodo 1866-1918 i numerosi ebrei italiani residenti a Trieste erano praticamente tutti d’idee patriottiche ed irredentiste ed anzi fortemente presenti nella “Lega Nazionale”, l’associazione che tentava di difendere gli Italiani dall’oppressione asburgica.
La strategia utilizzata da alcuni funzionari imperiali sul piano strettamente politico (poiché si faceva anche largo ricorso ad altri mezzi, inclusa la violenza) contro la Lega Nazionale e l’irredentismo italiano fu quella già sperimentata a Vienna con grande successo, che comprendeva la diffusione dell’anti-semitismo e la presentazione dell’impero quale “baluardo cattolico”. Questo piano appariva ai funzionari asburgici sembrava perfettamente adatto allo scopo in quanto rivolta contro un movimento liberal-nazionale italiano in cui era forte la componente giudaica ed anche quella massonica, anch’essa coinvolta nella medesima demonizzazione da parte della propaganda governativa. Ma quanto era riuscito facilmente al Lueger, a Vienna, non ebbe alcun successo a Trieste. La reazione venne a mancare per un largo ordine di motivi, ma anzitutto Trieste, città italiana in cui mancava del tutto una mentalità antisemita ed in cui anzi gli ebrei erano bene accetti ed integrati (come si è spiegato sopra), non recepì affatto la propaganda asburgica dell’odio anti-ebraico. Essa ebbe invece un notevole successo presso i nazionalisti sloveni e croati. Questi ultimi, costituiti da popoli di storia molto recente e quasi privi di una tradizione letteraria, avevano un movimento nazionale dominato dal proprio clero, il quale, all’interno della struttura istituzionale dell’impero asburgico, era costituito di fatto da funzionari imperiali. Numerosi preti nazionalisti slavi si misero di buona lena a predicare l’antisemitismo, poiché in questo modo potevano contemporaneamente compiacere l’imperatore Francesco Giuseppe e servire la causa del proprio nazionalismo, essendo gli ebrei triestini tutti italiani. La loro azione ebbe successo presso i nazionalisti slavi sia per xenofobia pura e semplice, sia per ostilità economica e sociale, essendo la ricca e colta borghesia italiana invidiata dalle masse dei poverissimi contadini sloveni e croati. Scrive lo storico Almerigo Apollonio nella sua opera Libertà, Autonomia, Nazionalità - Trieste, l'Istria e il Goriziano nell'Impero di Francesco Giuseppe 1848-70: “ Gli ebrei italiani e gli ebrei triestini di origine italiana furono quindi sostenitori naturali del liberalismo e del movimento unitario italiano, che a quei principi liberali si ispirava.”. Egli poi aggiunge che “Non c'è alcun sintomo a Trieste, in città, di un antisemitismo tra le classi medie o popolari per tutto il XIX e XX secolo. Negli anni dopo il 1866 notiamo invece forti accenni di ispirazione o tono antisemita nelle campagne del contado triestino e negli stessi sobborghi.” Si trattava delle zone abitate dagli slavi. Infatti, spiega Apollonio, “tale accentuazione antisemita sarebbe sorta e si sarebbe sviluppata parallelamente ad un crescente sentimento di astio anticittadino. Il "cittadino", occupato negli affari e negli uffici, sarebbe diventato anzi, nell'immaginario degli abitanti del "territorio", l'ebreo per antonomasia”, parte del “motivo propagandistico del cittadino filoitaliano e antidinastico” che il governo asburgico cercava in ogni modo di diffondere.
Le conseguenze della propaganda antisemita asburgica, recepita dai nazionalisti slavi, furono spesso tragiche. Ad esempio, a Trieste dal 10 al 12 luglio 1868, si ebbero violenze sugli Italiani da parte di reparti regolari dell’esercito austro-ungarico, costituite interamente da Sloveni. Questi, dopo aver udito discorsi incendiari di politici nazionalisti Sloveni, che predicavano contemporaneamente l’odio contro gli Italiani e gli Ebrei (tutti gli Ebrei triestini all’epoca erano degli irredentisti italiani), assalirono la popolazione indifesa di Trieste al grido di "morte agli italiani e agli ebrei maledetti". L’eccidio fu opera di militari slavi in uniforme asburgica che assalirono ed uccisero civili italiani disarmati. Si ebbero tre morti: Rodolfo Parisi (ucciso con 26 colpi di baionetta), Francesco Sussa, Emifio Bernardini. Inoltre, furono gravemente feriti altri 21 Italiani: Ignazio Puppi, Giobatta Lucchini Giovanni Krammer, Pietro Bellafronte, Antonio Rustia. Emilio Rupnik, Edoardo Offacio, Giulio Cazzatura, Giacomo Katteri, Giuseppe Santinelli, Pietro Mosettig. Giovanni Stancich, Giuseppe Benporath della Comunità Ebraica cittadina, Teodoro Damillo. Nicolo Modretzky, Gaspare Hans, Giovanni Schmutz, Edgardo Rascovich, Angelo Crosato, Luigi Grusovin ed Ernesto Ehrenfreund.
In realtà, al di là dei singoli episodi, l'antisemitismo in Venezia Giulia si diffuse fortemente presso gli slavi, divenendo quasi parte integrante dell'ostilità nazionalistica contro gli italiani, proprio perché gli ebrei locali erano tutti italiani ed irredentisti. Antisemitismo ed anti-italianesimo furono così quasi sinonimi presso gli ambienti dei nazionalisti slavi della Venezia Giulia asburgica.
Edited by Rinascimento - 5/4/2012, 22:17
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