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Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento un genocidio di Italiani

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Rinascimento
view post Posted on 31/5/2012, 21:34




I CRIMINI DI GUERRA DELL'ESERCITO AUSTRO-UNGARICO. PREMESSA

La storiografia sulla prima guerra mondiale è sterminata, eppure gli studi sui crimini di guerra compiuti durante il suo svolgimento sono assai pochi, relativamente alla mole complessiva dei saggi riguardanti la Grande Guerra. Alcune ricerche comparvero subito dopo il conflitto, ma per avere una ripresa dell’interesse nel campo bisogna attendere gli ultimi anni.
Ad esempio, due importanti storici come John Horne e Alan Kramer hanno pubblicato per la Yale University Press un’opera intitolata significativamente German atrocities 1914: a history of denial, (New Haven – London, 2001), che già dal titolo fa riferimento alla rimozione dalla memoria od addirittura alle negazione delle violenze criminali compiute dagli invasori teutonici. In Italia, alcuni studiosi si stanno dedicando da qualche tempo al soggetto dei crimini di guerra nel primo conflitto mondiale, di cui è un esempio l’opera La violenza contro la popolazione civile nella Grande Guerra, Milano 2006, a cura di Bruna Bianchi.
Una delle potenze belligeranti che si segnalò per la particolare gravità del suo operato nel periodo 1914-1918 fu l’Austria-Ungheria. Tale è il parere dello storico Hans Hautmann, che ha presentato una sua relazione sull’argomento dei crimini di guerra dell’esercito austro-ungarico e sul loro sostanziale oblio dopo il 1918 nel 23° convegno della «German Studies Association» americana. (Cfr. Hans Hautmann, Die Verbrechen der österreichisch-ungarischen Armee im Ersten Weltkrieg und ihre Nicht-Bewältigung nach 1918, Referat auf der 23. Jahrestagung der amerikanischen «German Studies Association» in Atlanta, 7-10 ottobre 1999; www.doew.at/thema/thema_alt/justiz/kriegsverbr/hautmann.html ).
L’Hautmann afferma che i peggiori crimini compiuti durante il primo conflitto mondiale avvennero ad opera della Germania, della Turchia (con lo sterminio degli Armeni) ed appunto dell’Austria-Ungheria: «Drei große Verbrechen sind im Ersten Weltkrieg geschehen: die Greuel der Deutschen in Belgien, der Völkermord der Türken an den Armeniern und die Ausschreitungen der kaiserlichen Armee Österreich-Ungarns».
Questo studioso inoltre sostiene che in nessun altro stato dell’epoca, neppure nella Russia zarista, i poteri d’emergenza riconosciuti all’esercito furono così ampi come nell’Austria imperiale, al punto da determinare una situazione di dittatura di fatto: «einer Diktatur».
L’elenco di crimini dell’impero asburgico enumerato da Hautmann comprende anche le deportazioni di prigionieri politici e di percentuali elevatissime delle popolazioni italiane («Aus Welschtirol, dem Trentino, das bei Beginn des Krieges zwischen Österreich-Ungarn und Italien 386.000 Einwohner zählte, wurden 114.000 Italiener zwangsweise ausgesiedelt und in Lager nach dem Landesinneren verbracht.») all’interno di campi di concentramento.
Hans Hautmann in conclusione al suo articolo afferma recisamente che i crimini di guerra dell’esercito austro-ungarico durante il primo conflitto mondiale non sono quasi stati studiati e che esiste in Austria una sostanziale rimozione nella memoria collettiva di quanto è accaduto.
Eppure, sostiene questo storico, è innegabile una continuità fra la prima e la seconda guerra mondiale anche sul piano dei crimini di guerra. Egli non esita a chiamare in causa come termine di paragone il nazismo, che avrebbe avuto il suo preludio nel 1914-1918: «der Erste Weltkrieg in vieler Hinsicht Präludium für die Verbrechen des Nationalsozialismus war. »


Si deve lodare l’onestà intellettuale di questo studioso, ma si deve anche aggiungere che quanto egli riporta nel suo intervento presso la «German Studies Association» si riferisce solo ad una piccola parte dei crimini di guerra dell’Austria imperiale compiuti durante il primo conflitto mondiale. Basti dire per ora che uno studio ponderoso redatto sulle violazioni delle leggi di guerra da parte dell’impero asburgico giunse a qualcosa come sette interi volumi: si tratta di Relazioni della Reale Commissione d'inchiesta sulle violazioni dei diritti delle genti commesse dal nemico, pubblicata appunto in sette volumi negli anni 1920-1921. I crimini di guerra dell’impero colpirono sia i militari, sia i civili, coinvolgendo gli Italiani sudditi austriaci ed i “regnicoli”.

Edited by Rinascimento - 29/7/2012, 22:02
 
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view post Posted on 31/5/2012, 23:24
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Riuscire a trovare un "aggancio" tra i crimini della prima guerra e quelli della seconda non deve essere stato facile per lo storico tedesco, soprattutto per via della burocrazia e di quella "rimozione mnemonica" citata. Una moda, a quanto pare, assai diffusa anche in Francia e nei paesi della ex-Iugoslavia...
 
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view post Posted on 2/6/2012, 18:24
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PUGNA PRO PATRIA SEMPER!!!!

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Sarebbe bello poter raccogliere e riorganizzare tutto il materiale di Rinascimento.
 
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view post Posted on 18/6/2012, 05:03




I must admit, the webmaster has written cool..! gs777-villivonka
 
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Rinascimento
view post Posted on 3/7/2012, 20:33




GLI STUPRI DELL'INVASORE DOPO CAPORETTO
Si formò in Italia dopo la prima guerra mondiale una Commissione d’inchiesta sui crimini compiuti dall’invasore dopo Caporetto. I suoi lavori si conclusero con la pubblicazione del volume “Il martirio delle terre invase” nel quale si parlava anche dei numerosi stupri subiti da donne italiane.
In seguito, la “Reale Commissione d’Inchiesta” pubblicò ben sette volumi fra il 1920 ed il 1921: si tratta delle "Relazioni della Reale Commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti delle genti commesse dal nemico".
Il IV volume dedicava un intero capitolo alla ricostruzione delle violenze carnali inflitte a donne italiane da parte dei militari dell’esercito austroungarico: si tratta del capitolo “Delitti contro l’onore femminile”, all’interno del volume IV, L’occupazione delle provincie invase. L’argomento era ripreso nel VI volume, al cui interno si riportavano documenti, testimonianze, aneddoti.
Michele Strazza in "Senza via di scampo. Gli stupri nelle guerre mondiali", Consiglio Regionale della Basilicata 2010, pp. 200 [http://www.ildialogo.org/Allegati/Stupri_di_Guerra.pdf
] ha esaminato anche il tema delle violenze sessuali compiute da militari austro-ungarici.
I soli casi accertati di stupro da parte degli invasori furono 735, ma la relazione medesima ammetteva che ve ne erano stati moltissimi altri sfuggiti, anzitutto per vergogna delle vittime e delle loro famiglie.
Gli stupri erano sovente accompagnati da violenze d’altro tipo. Ad esempio, un uomo venne legato ad un palo e costretto ad assistere allo stupro della moglie, prima di venire torturato ed ucciso. Spesso i mariti od i padri vennero assassinati durante le aggressioni sessuali, specie se cercavano di difendere le donne, ma anche in assenza di reazione. In altri casi, furono le donne a venire uccise dopo lo stupro: 53 furono uccise subito dopo, mentre altre 40 morirono giorni od anche mesi dopo in conseguenza delle violenze. Molte altri furono contagiate da malattie veneree. Le violenze avvenivano abitualmente a mano armata ed in gruppo e riguardarono donne d’ogni età, dalle bambine sino a vecchie ottuagenarie. Sovente le madri furono violentate davanti ai propri figli.
Le autorità militari asburgiche avevano emesso ordini che proibivano le violenze, ma senza troppo interessarsi della cosa, tanto che i colpevoli rimasero impuniti. Anzi, la voce popolare accusava d’essere Particolarmente propensi agli stupri proprio gli ufficiali. Alcuni fra questi, che frequentemente saccheggiavano le abitazioni private in cui erano ospitati, ordinavano alla propria truppa d’andare a rapire donne per soddisfare la loro libidine. Solo in rarissimi casi si ebbero processi per i fatti sopra sintetizzati e mai, a quanto è dato capire, condanne. La risposta abituale delle autorità militari dell’invasore a coloro che osavano denunciare gli stupri esprimeva quantomeno indifferenza, poiché veniva detto, ad esempio, che i soldati avevano bisogno di divertirsi oppure che non avevano intenzione d’apprendere la moralità dall’Italia.

Edited by Rinascimento - 29/7/2012, 22:01
 
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Rinascimento
view post Posted on 29/7/2012, 20:54




E' opportuno valutare l'impatto della snazionalizzazione sul piano delle dimensioni demografiche. Prima d'affrontare la questione, si deve porre una breve premessa.



IL CENSIMENTO AUSTRIACO DEL 1910
I risultati definitivi del censimento ufficiale asburgico del 1910 stabilirono per la Venezia Giulia, ovvero la ripartizione amministrativa cosiddetta del “Litorale austriaco”, quanto segue:
-popolazione totale della Venezia Giulia 978385 abitanti
-421444 Italiani asburgici (43%)
-237230 Sloveni (24%)
-152500 i Serbo-Croati (15,5%)
-167211 altri (17%): fra questi,
-un 7% Italiani “regnicoli” cioè cittadini del Regno d’Italia;
-un 5% costituito da Tedeschi ed Ungheresi riuniti, servendosi questi ultimi del Tedesco come propria lingua d’uso in territorio giulio-veneto: difatti erano per lo più amministratori o militari;
-altri 5% Inoltre, altre minoranze erano costituite da Istro-Rumeni, Greci, Albanesi, ecc., di per sé piccolissime, ma la cui somma dava esiti numerici di una certa importanza

Tutti gli Slavi riuniti (Sloveni, Croati, Serbi) arrivavano a 389.730 (circa 40%), mentre gli Italiani cittadini asburgici erano 421444 (circa 43%), a cui si aggiungevano Italiani immigrati dal Regno d’Italia (circa 7%), chiamati nel censimento “regnicoli” per distinguerli dai cittadini asburgici, in numero di oltre 70.000, concentrati per lo più a Trieste, mentre in Istria erano solo 13.000. Persino più folta era la percentuale di immigrati esistente fra gli Slavi. Infatti, fra i soli Sloveni, su 237.230 unità censite, 60.359 non erano autoctoni, in quanto risultavano recenti immigrati dalla Slovenia in questa regione.

Sommati gli Italiani asburgici ed i “regnicoli” (tenuti distinti nel censimento asburgico, sebbene fossero tutti Italiani, separati solo in base alla cittadinanza), nonché scorporati i gruppi etnici distinti, ma che in Venezia Giulia adoperavano come lingua d’uso la stessa di altri (è il caso dei Serbi e degli Ungheresi, nel censimento accorpati a Croati e Tedeschi), le proporzioni erano quindi le seguenti
Italiani 51%
Sloveni 24%
Croati 14%
Tedeschi 4%
Altri (Serbi, Ungheresi, Greci, Albanesi, Istrorumeni, et alii) 7%



I dati del censimento austriaco del 1910, come quelli anteriori, erano basati su criteri precisi. Le rilevazioni statistiche sulla popolazione dell’Impero vennero effettuate sulla lingua d’uso, in relazione al Congresso Internazionale di Statistica del 1873 che raccomandò d’inserire una domanda sulla lingua parlata in tutti i censimenti. Le cifre proposte appaiono nelle loro linee generali del tutto innegabili, anche se alcune osservazioni sono state rivolte riguardo alla metodologia adoperata dall’amministrazione asburgica per valutare l’appartenenza etnica stessa. E’ appena il caso di ricordare come ciò che si definisce come “etnia”, “popolo”, “nazione” ecc. sia definito attraverso il ricorso ad una grande varietà di criteri, di cui quello linguistico è certo molto importante, ma non esclusivo, avendo un loro ruolo anche altri, come la religione, l’appartenenza politica, talora persino la classe sociale e l’attività economica ecc. Per rimanere ai censimenti austriaci, essi catalogavano unitamente Serbi e Croati, appunto su base linguistica, essendo la lingua serba e quella croata assai simili se non di fatto semplici varianti di una e medesima lingua. Tuttavia, non appare possibile negare l’esistenza di due popoli distinti, serbo e croato, che appartengono ad un medesimo gruppo linguistico, ma sono storicamente separati fra loro, spesso in maniera conflittuale: le differenti religioni (cattolica ed ortodossa) e la mentalità e cultura che esse hanno influenzato, la diversa appartenenza politica (tradizionalmente gravitante attorno all’area centro-europea per i Croati, prettamente “balcanica” per i Serbi), ecc. ecc. hanno portato a due nazioni che si auto-definiscono quali disgiunte tra loro.
Inoltre, lo stesso criterio linguistico deve essere articolato con attenzione nella valutazione dell’appartenenza etnica, mediante il riconoscimento della distinzione fra la lingua d’uso (impiegata comunemente), la lingua familiare (adoperata in contesto familiare), la lingua franca (adoperata fra persone di gruppi etnici diversi per comprendersi tra loro), oltre che naturalmente la lingua scritta.
I dati statistici forniti dai censimenti austriaci possiedono quindi una loro obiettività, tuttavia non possono, causa la natura dell’operazione statistica svolta, tenere nel debito conto le varie sfumature e distinzioni esistenti all’interno dei diversi gruppi etnici. Beninteso, le cifre in quanto tali di questi censimenti stessi corrispondono al vero, ciononostante esse non forniscono informazioni ulteriori inerenti la cultura delle varie etnie.
Qualora infatti si consideri non soltanto la lingua d’uso, bensì la lingua franca e la lingua scritta, si scoprirebbe facilmente come entrambe fossero solitamente italiane. Infatti, la lingua franca comunemente più utilizzata in larghe aree della Venezia Giulia, assieme e congiuntamente alla lingua d’uso, era l’istro-veneto, mentre, accanto al Tedesco, lingua amministrativa, nello scritto la lingua letteraria e scientifica era per eccellenza l’italiano propriamente detto.
Bisogna tener conto di come in questa regione, per secoli, si convisse in un regime non di monolinguismo, bensì di poli-linguismo, il quale era differenziato sia per etnia, sia per classe sociale, nonché ancora per utilizzo.
Eccezion fatta per l’amministrazione, la cultura scritta giulio-veneta si esprimeva in italiana, oltre che, almeno sino al ‘700, in latino, e rientrava nell’ambito culturale dell’area italiana, di cui subiva gli influssi.
Inoltre, in quasi tutta l’Istria, nonché a Trieste e nel contado limitrofo, ancora ad inizio Novecento era comune a tutti i vari gruppi etnici conoscere l’istro-veneto, in una delle sue varianti, e praticarlo per comunicare con le persone di nazionalità e lingua differente. Soprattutto nell’Istria, che annoverava nel 1910 quasi la metà della popolazione complessiva della Venezia Giulia, era largamente estesa ai vari gruppi etnici ivi residenti, molto variegati al loro interno stesso, l’eredità della cultura veneta.

Olinto Mileta Mattiuz, “Popolazioni dell’Istria, Fiume, Zara e Dalmazia (1850-2002)”, Centro di Ricerche Storiche di Rovigno-Ades, 2005. Nicolò Sponza, "Uno sguardo alle rilevazioni demografiche: i censimenti istriani 1910-1953", La Ricerca, Unione Italiana, Centro Ricerche Storiche di Rovigno, n. 25-26, settembre-dicembre 1999, p. 17-19; Guerrino Perselli, “I censimenti della popolazione dell'Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936”, Trieste-Rovigno 1993. Sator (Pietro Battara), "Le popolazioni della Venezia Giulia", editore Darsena, Roma, 1946.

Edited by Rinascimento - 3/8/2012, 15:33
 
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Rinascimento
view post Posted on 1/8/2012, 15:32




L'analisi dei dati demografici relativi alle percentuali di popolamento italiano in Venezia Giulia e Dalmazia conferma l'esistenza di pratiche di snazionalizzazione contro gli Italiani.



DALMAZIA
Le percentuali d’Italiani sul totale della popolazione dalmata, che comprendeva appunto Italiani, Croati, Serbi, Montenegrini, Greci, Armeni, Aromuni, Magiari ecc., segnano un costante e rapidissimo calo nel giro di poche generazioni:
1845 - 19.7%
1865 - 12,5%
1869 - 10,8%
1880 - 5,8%
1890 - 3,1%
1900 - 2,6%
1910 - 2,7%
Si può quindi osservare che nel volgere di 65 anni gli Italiani in Dalmazia diminuirono in percentuale d’oltre i 8/10 della loro popolazione. In rapporto alla popolazione dalmata totale, la percentuale d’Italiani del 1910 era all’incirca 1/7 di quella del 1845. La diminuzione del gruppo etnico italiano in confronto a quello dell’insieme complessivo degli abitanti di Dalmazia era stato quindi di 6/7: dal 19,7% del 1845 al 2,7% del 1910.



TRIESTE E GORIZIA
Anche i dati dei censimenti di Gorizia e Trieste, i due grandi centri urbani della Venezia Giulia, documentano un mutamento analogo, anche se la diminuzione della popolazione italiana fu meno drammatica rispetto al caso della Dalmazia.
A Gorizia, il censimento del 1880 vedeva le seguenti percentuali: Italiani 70,7%; Sloveni 17,8%; Austriaci 11,2%. Invece, il censimento del 1910 segnava un mutamento drastico; Italiani 50,6%; Sloveni 36,8%; Austriaci 11,1%; Nel 1880 gli Sloveni costituivano il 16,3% degli abitanti, mentre nel 1910 erano diventati il 35,1% della popolazione totale. L’aumento era stato del 218%, pressoché interamente a discapito della percentuale d’Italiani.
Trieste vedeva nel 1910 il 64,7% d’Italiani, un 24,8% di Sloveni, un 5,25% d’Austriaci. Soltanto trent’anni prima la situazione era stata però ben diversa ed era stata modificata da una forte immigrazione, poiché nel 1910 il 43% dei Triestini erano immigrati, di cui il 30% dall’interno dell’impero e solo per il 13% dall’esterno. Nel 1880 gli Sloveni costituivano il 3,8% degli abitanti, mentre nel 1910 erano diventati il 12,6% della popolazione totale. L’aumento di questo gruppo etnico era stato del 623%, tale da portarlo da una minoranza inconsistente ad un quarto del totale della cittadinanza.



ISTRIA
Una situazione comparabile si può riscontrare nella vicina Istria, nella quale si ebbe una diminuzione della popolazione italiana in 28 comuni, talora drastica. I cambiamenti dal 1880 al 1910 furono i seguenti, nei 28 comuni in cui gli Italiani diminuirono in percentuale:
-Albona vide meno che dimezzata la sua popolazione italiana (dal 32,58% al 14,69%);
-Antignana (dal 3,30% al 2,00%), Barbana d’Istria (dal 4,37% al 2,29%), Bogliuno (dal 14,73% allo 0,55%), Buie d’Istria (dal 95,26% al 90,80%), Capodistria (dall’80,18% al 75,87%), Castelnuovo d’Istria (dallo 0,52% allo 0,10%), Cittanova d’Istria (dal 97,84% al 91,69%);
-Fianona conobbe la percentuale d’Italiani ridotta ad un terzo (dal 30,69% all’11,07%);
-Gimino ne perse i 3/4 (dall’8,12% al 2,73%);
-Grisignana conobbe un calo di 27 punti percentuali (dal 99,33% al 72,07%); Isola d’Istria (dall’81,09% al 73,45%),
-Maresego vide la scomparsa della piccola comunità italiana locale (dall’1,11% allo 0,00%), come anche Matteria (dallo 0,06% allo 0,00%);
-Montona conobbe un calo di oltre la metà della percentuale della popolazione italiana (dal 75,92% al 32,70%);
-A Moschiena il popolamento italiano si ridusse in percentuale ad un dodicesimo (1/12) di quanto era stato in un recente passato (dal 4,54% allo 0,38%); Occisla-San Pietro (dallo 0,27% allo 0,15%);
-Parenzo vide un calo di 20 punti percentuali (dall’85,90% al 65,62%);
-a Pinguente la percentuale d’Italiani si ridusse ad un decimo di quanto era stata nel 1880 (dal 39,06% al 3,88%); Pirano (dall’80,93% all’80,03%);
-a Pisino la percentuale d’Italiani fu dimezzata (dal 15,58% al 7,82%);
-Pola (dal 46,38% al 43,55%), Rovigno d’Istria (dal 95,95% all’88,12%), Rozzo (dal 7,31% al 6,33%), San Dorligo-Dolina (dallo 0,17% allo 0,02%), Villa Decani (dallo 0,65% allo 0,14%);
-Visignano d’Istria vide un calo d’Italiani di 15 punti percentuali (dal 61,98% al 47,57%),
-a Volosca-Abbazia la comunità italiana perse 24 punti percentuali e si ridusse in proporzione ad un settimo (1/7) di quanto era stata nel 1880 (dal 27,57% al 3,59%).
Un simile tracollo del popolamento italiano era avvenuto nel volgere di soli trent’anni (1880-1910), in pratica poco più di una generazione.





La pressione slava su Trieste e la Venezia Giulia, favorita dalle autorità imperiali in funzione anti italiana, viene descritta da numerosi autori contemporanei ai fatti, che riportano una notevole mole documentaria in proposito: si possono ricordare Luigi Barzini, Ruggero Fauro, Virginio Gayda, Attilio Tamaro.
Con tutte le cautele e le distinzioni necessarie in un’analisi storica, due grandi storici come Ernesto Sestan (Venezia Giulia. Lineamenti di una storia etnica e culturale, Udine 1997) ed Angelo Ara (Fra nazione e impero. Trieste, gli Asburgo, la Mitteleuropa, a cura di C. Magris, Milano 2009) riconoscono che l’impero asburgico favoriva l’immigrazione slava nella Venezia Giulia, a discapito dell’elemento italiano.
Riguardo alla Dalmazia, è riferimento imprescindibile la giù più volte citata opera del professor Luciano Monzali “Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra”, Firenze 2004.
Gli esiti della politica asburgica, diretta a favorire in ogni modo l’immigrazione degli Slavi in Venezia Giulia, sono state descritte dallo studioso Giorgio Rustia, dedito da anni all’analisi di tematiche riguardanti la storia delle terre orientali d’Italia, nel suo Un contributo di analisi alle valutazioni della relazione “Sui rapporti italo-sloveni dal 1880 al 1956”, (https://digilander.libero.it/nvg/docRustia.html). Quella del dottor Rustia è un'analisi molto attenta e minuziosa, corredata da ampie statistiche e da precisi calcoli matematici applicati alla demografia.
Ottimo il recente studio demografico e statistico di Olinto Mileta Mattiuz, “Popolazioni dell’Istria, Fiume, Zara e Dalmazia (1850-2002)”, Centro di Ricerche Storiche di Rovigno-Ades, 2005. Si può consultare ancora Guerrino Perselli, “I censimenti della popolazione dell'Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936”, Trieste-Rovigno 1993.

Edited by Rinascimento - 7/8/2012, 09:34
 
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view post Posted on 1/8/2012, 16:11
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CITAZIONE (Rinascimento @ 29/7/2012, 21:54) 
I dati del censimento austriaco del 1910, come quelli anteriori, era basate su criteri precisi.

E' un errore o manca qualche frase? :huh:

 
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Haxeln
view post Posted on 1/8/2012, 19:03




è un interessantissimo lavoro, bravo Rinascimento
 
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Rinascimento
view post Posted on 1/8/2012, 19:59




@ Haxeln.
Grazie!
Aggiungo solo che, secondo alcune stime, beninteso incerte ed insicure, ad inizio del secolo XIX il popolamento italiano in Istria era pari a circa i 2/3 dell'intera popolazione, mentre invece un secolo più tardi era ridotto a ben meno della metà.
In una prospettiva di lungo periodo pare di potersi cogliere un indubbio impatto negativo del dominio asburgico sulla penisola istriana, che era rimasta quasi per intero e per moltissimi secoli sotto amministrazione veneziana.




@ Peppero.
Chiedo scusa! Riscrivendo il brano ho soppresso alcune parti e spostate altre, cosicché è sopravvenuto un errore di distrazione. Correggo subito!
CITAZIONE (Peppero @ 1/8/2012, 17:11) 
CITAZIONE (Rinascimento @ 29/7/2012, 21:54) 
I dati del censimento austriaco del 1910, come quelli anteriori, era basate su criteri precisi.

E' un errore o manca qualche frase? :huh:

 
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Daniele Italico
view post Posted on 1/8/2012, 23:02




Rinascimento,
purtroppo il sito <<legno storto>> http://www.legnostorto.com/index.php?optio...limitstart=1920 http://www.legnostorto.com/index.php?optio...limitstart=1960 non è accessibile a tutti. Devo chiederti il favore di trovare altre fonti per i messaggi postati il 29/7/2012, 21:54 , perchè se clicco sopra i due link dice <<l'accesso al forum è consentito solo agli utenti registrati e connessi>>. Mille grazie.
 
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Rinascimento
view post Posted on 2/8/2012, 07:49




CITAZIONE (Daniele Italico @ 2/8/2012, 00:02) 
Rinascimento,
purtroppo il sito <<legno storto>> www.legnostorto.com/index.php?optio...limitstart=1920 www.legnostorto.com/index.php?optio...limitstart=1960 non è accessibile a tutti. Devo chiederti il favore di trovare altre fonti per i messaggi postati il 29/7/2012, 21:54 , perchè se clicco sopra i due link dice <<l'accesso al forum è consentito solo agli utenti registrati e connessi>>. Mille grazie.

Altre fonti per quei brani esatti non credo che esistano. I passi citati li avevo inseriti su quel sito alcuni anni fa sotto altro pseudonimo.
Li riscrivo, modificandoli ed inserendo la bibliografia?
 
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view post Posted on 2/8/2012, 17:08

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Ti ringrazio come al solito Risorgimento per le interessanti informazioni (anche se mi lasciano come sempre un bel po' di amaro in bocca)
 
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Daniele Italico
view post Posted on 2/8/2012, 19:07




CITAZIONE (Rinascimento @ 2/8/2012, 08:49) 
Altre fonti per quei brani esatti non credo che esistano. I passi citati li avevo inseriti su quel sito alcuni anni fa sotto altro pseudonimo.
Li riscrivo, modificandoli ed inserendo la bibliografia?

Sì, ti ringrazio molto. Le fonti si mettono non solo per un fatto di copyright, ma anche perché ci sono persone che vengono qui per studio, esami, tesine ecc ecc. Sarebbe utile indicargli i testi usati qualora volessero saperne di più a riguardo.
 
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Rinascimento
view post Posted on 3/8/2012, 19:20




CITAZIONE (dardanide @ 2/8/2012, 18:08) 
Ti ringrazio come al solito Risorgimento per le interessanti informazioni (anche se mi lasciano come sempre un bel po' di amaro in bocca)

Grazie a te!
Certo non fa piacere leggere o scrivere di simili vicende.




UNA STRANA POESIA
Claus Gatterer è stato un giornalista ed intellettuale altoatesino, naturalmente germanofono, che nel corso della sua attività di scrittura e di studio si è dedicato principalmente alle questioni delle minoranze e dei rapporti storici fra Italia ed Austria. Egli era un convinto sostenitore dell’idea d’una pacificazione e concordia fra le nazioni e si proponeva anche di favorire tale processo tramite il portare alla luce le radici delle ostilità reciproche.
Le sue posizioni possono essere ritenute non del tutto equilibrate e quantomeno parzialmente erronee, poiché il Gatterer dava un giudizio abbastanza positivo dell’impero asburgico, in ciò certamente sbagliando. Questa sua idea non gli impediva comunque di riconoscere onestamente che la realtà di questa costruzione imperiale presentava molti aspetti oscuri.
Fra gli esempi che egli porta compare anche il seguente, tratto da una citazione dello scrittore austriaco Karl Kraus, molto critico verso il nazionalismo ed il bellicismo austriaci. Egli tramanda in "Die Fackel im Ohr" (opera piuttosto critica verso certi aspetti del mondo austriaco) una poesia, se tale può definirsi, che fu composta durante la prima guerra mondiale in Germania e poi diffusa in Austria. Tale componimento è una sequela ininterrotta di frasi cariche d’ostilità verso gli Italiani, in cui si invita a “cancellare il popolo ingannatore” (quello italiano appunto), s’impartisce l’ordine “sterminate gli ipocriti manutengoli”, concludendo con l’esortazione “spaccate a tutti il cranio”. Il testo poetico suggerisce inoltre nella sua chiusura che gli autori di queste gesta dovrebbero essere fieri del proprio operato.
Il Gatterer commenta: “Questa poesia-manifesto è non solo un incitamento all’odio fra i popoli, ma un invito al genocidio”. Tale componimento in cui s’invitava al genocidio del popolo italiano conobbe tale popolarità da finire affisso durante il conflitto come manifesto propagandistico per ordine delle autorità di polizia. (Claus Gatterer, “Italiani maledetti, maledetti Austriaci.” L’inimicizia ereditaria, Bolzano 1986, p. 206).



P.S.
Caro Daniele Italico, ho inserito la bibliografia là dove l'avevi richiesto, modificando l'intervento.
 
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403 replies since 4/1/2011, 14:27   23858 views
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