| Cari amici, anzitutto grazie a tutti voi per i vostri interventi ed i vostri apprezzamenti. Vorrei rispondere ad Azzuro.Italia ed Italo.Romano, i quali si sono chiesti se il sottoscritto non potrebbe scrivere un libello sul genocidio asburgico. In verità, quando avevo iniziato a raccogliere il materiale sull’argomento, all’inizio del 2010, avevo una mezza idea in proposito, ma al momento mi trovo ben lontano dal poter redigere un saggio conforme ai criteri accademici, anche perché dovrei consultare a lungo ed intensamente gli archivi di Trieste e Vienna, il che non ho potuto fare. Al momento sarei in grado di preparare un libretto di sintesi e divulgazione: ciò che qui scrivo è ben documentato ovvero sicuramente vero, ma sono solo bozze di una tematica, purtroppo per gli Italiani, davvero sterminata. Basti dire che già solo l'argomento delle violenze slave contro gli Italiani in Dalmazia nel periodo 1866-1918 resta quasi tutto da scrivere ed è davvero voluminoso. L'idea mi piacerebbe, anche se al momento non sarei ancora pronto. In futuro, chi può dirlo?
Grazie sincere comunque per l’apprezzamento e buona domenica a tutti!
ALCUNI ESEMPI DELLO SNATURAMENTO DELL’ONOMASTICA La slavizzazione o germanizzazione dei nomi e cognomi italiani avvenne in diversi modi. Talora si compilavano gli atti di nascita in latino, trasformando cognomi come Micheli, Fabbri, Lauri, Marini nelle forme Michelis, Fabbris, Lauris, Marinis, che successivamente divenivano senz’altro Marinic, Fabbric, Lauric, Michelic. In altri casi si ricorreva direttamente al passaggio alla forma slava. Ad esempio, i cognomi terminanti in –ich (come De Vudinich), che sono di pretta origine italiana (dal latino –icus) venivano trasformati in slavi con la scomparsa della “h” finale, rendendoli così del tutto identici ai patronimici slavi. Un esempio di questo è il cognome Blasevich. Esso così scritto rispecchia l’originale grafia veneta ed istriana e deriva dal nome Biagio, a suo volta derivante dal latino blaesus. Cognomi scritti e pronunciati come “Blasevich”, italianissimi sia per origine, sia per il gruppo familiare afferente, così adoperati da secoli, vennero arbitrariamente trasformati in Blasewitz secondo la forma tedesca, od in Blazevic secondo quella slava. Un altro caso, clamoroso, è quello di Antonelli trasformato in Antonaz. Il cognome Antonelli deriva quindi dal nome o dal soprannome del capofamiglia, messo al plurale, ed è in origine un patronomico. Il suo significato “funzionale” al momento della sua codificazione nel secolo XVI esprime il valore di “figli di Antonello”, “parenti di Antonello”, appunto Antonelli. Il nome Antonello a sua volta è una variante del nome Antonio, precisamente un diminutivo: si tratta quindi di una modifica ipocoristica. Il nome Antonio (Antonius) è un antico nome latino, probabilmente derivato dal prenome Anto, di origine etrusca. Sono moltissimi i cognomi costituiti da varianti derivate direttamente da Antonio: Antolini, Antonazzi, Antonazzo, Antonelli, Antoniazzi, Antonini, Antoniol, Antonioli, Antoniolli, Antonioni, Antoniutti, Dall'Antonia, Dantone, Dantoni ecc. Esistono anche varianti derivate dai diminutivi Togno, Tone, Toni, Tonio, Tono: Datone, Detone, Togn, Tognali, Tognalli, Tognana, Togni, Tognini, Tognoli, Tognolli, Tognon, Tognoni, Tognotti, Tonaz, Tonazza, Tonazzi, Tonazzoli, Tonazzolli, Tonella, Tonellato, Tonelli, Tonet, Tonetta, Tonetti, Tonetto, Toni, Toniat, Toniatti, Toniazzo, Tonidandel (‘Antonio da Andalo’), Tonin, Tonina, Toninato, Toninelli, Toniolatti, Tonioli, Toniolli, Toniotti, Tonoli, Tonolini, Tonolli, Tonon, Tononi. Molti di questi cognomi sono presenti soltanto in alcune regioni o località (anche se poi possono essersi diffusi in seguito all’emigrazione). Il cognome Antonelli è invece pan-italiano e presente davvero su tutto il territorio nazionale. La sua notevole diffusione si spiega con la popolarità del culto di due santi, sant’Antonio del deserto (detto anche sant’Antonio abate) e sant’Antonio da Padova, che hanno condotto ad un largo impiego del nome “Antonio” e quindi del suo diminutivo “Antonello”. Ci si trova quindi dinanzi ad un cognome pan-italiano, diffuso su tutto il territorio italiano, che deriva dal nome anch’esso italiano Antonio, i quale a sua volta discende dal latino Antonius, che a sua volta ha come radice un vocabolo etrusco, quindi di una popolazione dell’Italia antica, che ha lasciato profonde eredità a Roma stessa ed all’Italia moderna stessa. [1] Con Antonelli ci si trova dinanzi ad un cognome pertanto italianissimo. Ebbene, nel secolo XIX numerose famiglie italiane dell’Istria ebbero il cognome cambiato da Antonelli ad Antonaz: fra questi persino una famiglia di irredentisti, uno dei cui membri era un importante rappresentante giornalistico degli ideali liberal-nazionali. La slavizzazione o germanizzazione forzate dei cognomi italiani aveva diverse finalità. Essa era anzitutto diretta a cercare di privare gli Italiani della loro coscienza identità. Inoltre, ciò permetteva di meglio falsificare i censimenti, diminuendo le percentuali di popolazione italiana in essi registrate, con tutte le conseguenze sul piano amministrativo. Ancora, questo diveniva uno strumento ideologico e propagandistico sfruttato dagli slavi, che asserivano, in totale contrasto con la verità storica, che non esistevano Italiani in Dalmazia e Venezia Giulia, ma soltanto slavi italianizzati, che andavano quindi slavizzati. Le teorie razziste del nazionalismo slavo, secondo cui i popoli sarebbero biologicamente distinti (tipica idea razzista ottocentesca, da cui scaturì il nazismo, del tutto priva di fondamento scientifico), trovava in questo modo delle forme di rivendicazione: prima si cambiavano a forza i cognomi, poi si sosteneva che li portava, anche se di cultura italiana, era soltanto uno slavo per eredità biologica, infine s’affermava la legittimità di slavizzarlo. Questo procedimento fu largamente adoperato soprattutto in Dalmazia ed è tuttora impiegato, in pieno contrasto con la verità storica, per slavizzare a posteriore la storia dàlmata, trasformando in croati personaggi che erano in realtà italiani.
[1] Storici dell'Italia antica hanno elaborato la tesi cosiddetta del "pan-italianesimo", secondo cui i vari popoli pre-romani (Etruschi, Liguri, Italici, Celti, Veneti, Latini, persino in parte i Greci, i quali comunque avrebbero irradiato la propria cultura in larga parte della regione italiana, ben al di là dei confini del proprio popolamento) avrebbero raggiunto un considerevole grado di unità culturale ben prima dell'unificazione romana. Tale teoria ha avuto il suo pioniere anzitutto in Michel Lejeune, sia storico in senso stretto, sia glottologo (in assoluto uno dei maggiori mai esistiti), il quale ha affermato la comunanza culturale e linguistica fra i diversi popoli d’Italia prima dell’unificazione romanza, conseguente alla mescolanza etnica fra indo-europei e mediterranei ed alla diffusione culturale. La tesi di questo studioso francese ha poi incontrato grande fortuna nell'ambito dell'antichistica [ Una breve presentazione della sua figura si trova in A. PROSDOCIMI Michel Lejeune. L’Italie antique et autre chose encore, in Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres (Parigi, 19 gennaio 2001), Parigi 2001, pp.33-41.]
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