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Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento un genocidio di Italiani

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Rinascimento
view post Posted on 31/1/2011, 18:17




RISPETTO DELLE LEGGI DELL'IRREDENTISMO ITALIANO, VIOLENZA POLITICA DEL NAZIONALISMO SLAVO
L’irredentismo italiano in Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia fu caratterizzato da una pressoché totale estraneità alla violenza e da un assoluto rispetto delle leggi vigenti. Scrive Ernesto Sestan, il grande storico originario di Albona:
“In un quarantennio, quasi, di irredentismo, niente congiure, niente cospirazioni, nessun turbamento sensibile dell’ordine pubblico, nemmeno […] nessuna diserzione dagli obblighi militari, nessun atto di spionaggio militare da parte degli irredentisti adriatici […], nessuno spirito barricadiero […], nessun comitato di tipo balcanico.
Benché l’irredentismo italiano abbia dato il nome alle consimili rivendicazioni nazionali in altre parti d’Europa, fu tra tutti uno dei più pacifici, legalitari […] gli animi potevano essere e anche erano gonfi di passioni, e di nobili passioni, ma non armavano la mano, non trasmodavano in azioni di forza […] Si combatteva con armi legali.” (Ernesto Sestan, Venezia Giulia. Lineamenti di una storia etnica e culturale, Udine 1997, pp. 99-100). “Anche quando […] la pressione slava si fece sentire più forte”, scrive il Sestan, da parte italiana “gli atti di violenza e di intemperanza si contano sulle dita di una mano.”

Al contrario, il nazionalismo sloveno e croato nel 1866-1918 si servì ampiamente della violenza politica contro gli Italiani, con innumerevoli atti criminali, tollerati se non favoriti dalle autorità asburgiche.
Oltre all’operato repressivo delle autorità asburgiche verso gli Italiani, intensissimo ed esteso ad ogni ambito (politico, economico, sociale, culturale, persino religioso), la pulizia etnica anti-italiana orchestrata da Vienna si servì dell’appoggio dei nazionalisti slavi, Sloveni e Croati.
Questi poterono costituire ed adoperare, con piena tolleranza delle autorità, autentiche organizzazioni paramilitari, disposte in reparti armati, addestrati e guidati dai capi politici nazionalisti.
L'operato delle organizzazioni paramilitari slave era quindi funzionale sia a seminare un clima di terrore negli Italiani, sia a danneggiarli economicamente ed ad impedirne la trasmissione della propria cultura.
 
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Italoromano
view post Posted on 31/1/2011, 20:43




CITAZIONE (Rinascimento @ 31/1/2011, 17:36) 
Cari amici,

senz'altro l'esercito piemontese era molto più piccolo di quello austriaco a causa della sproporzione dei due stati e fu lasciato solo dagli altri regnanti italiani (Pio IX e il Borbone), che tradirono la causa dell'indipendenza ritirando i propri contingenti.

Tuttavia, concordo con Italo.Romano quando ricorda che esso fu malamente adoperato. Le forze armate piemontesi erano uno strumento militare notevole, con ottimi soldati e ufficiali inferiori, un'artiglieria potente e di grande precisione, una cavalleria eccellente nelle cariche. Il suo vero punto debole erano gli alti comandi ed il sovrano stesso, privi di vere doti strategiche.

Carlo Alberto, l'eterno Amleto, attese troppo ad intervenire, altrimenti avrebbe potuto schiacciare i reparti austriaci prima ancora che potessero riorganizzarsi dinanzi alla violenta ed imprevista insurrezione. Inoltre non sfruttò adeguatamente la vittoria di Santa Lucia, davanti a Verona, quando andò vicinissimo a cacciare Radetzky dalla sua grande base, con esito risolutivi per il controllo di tutto il Veneto.

Il campo del "che cosa sarebbe successo se" è sempre scivoloso. Resta il fatto che nel 1848 si perse un'occasione per cacciare da soli gli stranieri dall'Italia, con molti anni d'anticipo.

Cordiali saluti

___________________________________________



Vi furon diversi atti e comportamenti eroici, però di fatto vanificati da paurose carenze nella organizzazione logistica: un servizio medico ridotto all'osso, una sussistenza cronicamente incapace di alimentare sufficientemente e costantemente le truppe (ne prese atto, nel proprio diario, financo il Duca di Savoia, ossia il futuro Vittorio Emanuele II, lodando il coraggio e l'abnegazione dei propri soldati, che si trovaron a combattere digiuni anche da 36 ore...!).

L'esercito piemontese era uno strumento dinastico, ossia concepito per difendere la stabilità della monarchia sabauda da pericoli interni, più che fronteggiare eserciti stranieri - gli stessi ufficiali comandanti avevano una scarsissima esperienza diretta della battaglia -; inoltre, come tu stesso hai ben ricordato, pagava la netta inferiorità demografica della popolazione rispetto a quella austriaca.

Infine - ed anche qui mi ricollego al tuo opportuno accenno, caro Rinascimento - esistevano profonde rivalità tra i vari comandanti, che poi erano scarsamente considerati anche dal sovrano, teorico titolare del comando supremo, il quale nel 1849 ingaggiò apposta uno stratega straniero, il polacco Chrzanowsky (che non capiva una sola parola di italiano nè era mai sceso sotto le Alpi).

Concordo poi, in ultimo, colla tua contrarietà di fondo circa la storia fatta con i se ed i ma: le critiche, per quanto motivate, a posteriori son facilissime, sta di fatto che allora, per la prima volta dopo svariati secoli, un esercito italiano scese in campo contro gli invasori stranieri, facendo registrare numerosi atti di coraggio e di eroismo (come la carica dei carabinieri a cavallo a Pastrengo, rievocata ogni anno in piazza di Siena dal famoso carosello in occasione della festa dell'Arma).
 
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Rinascimento
view post Posted on 31/1/2011, 22:28




LA CONNIVENZA DEL GENERALE ASBURGICO RODICH CON LE VIOLENZE CROATE IN DALMAZIA
I nazionalisti Sloveni e Croati poterono costituire ed adoperare, con piena tolleranza delle autorità, autentiche organizzazioni paramilitari, disposte in reparti armati, addestrati e guidati dai capi politici nazionalisti. Esse erano destinate a perseguitare in modo sistematico gli Italiani e specialmente la loro classe dirigente ed i centri di aggregazione politica e culturale.
I Croati avevano organizzato, col pieno sostegno delle autorità pubbliche e la connivenza della polizia asburgica, degli organismi para-militari, camuffati da associazioni sportive.
Era il caso del cosiddetto "Sokol" croato, in teoria un'associazione sportiva, di fatto un'organizzazione para-militare dedita alla violenza contro gli Italiani.
Infatti, il grande burattinaio della prima grande ondata di violenze contro gli Italiani in Dalmazia, dopo il 1866, fu il suo governatore, il Croato generale Rodich, che si prefiggeva sia di servire agli ordini di Francesco Giuseppe di compiere una pulizia etnica contro gli Italiani, sia di servire la causa del nazionalismo croato.
Il sindaco di Spalato, l’italiano Bajamonti, nel tentativo disperato ed inutile d’opporsi alla sistematica repressione e cancellazione dell’identità italiana tenne un durissimo discorso alla Camera dei deputati austriaca nel dicembre 1876. Il deputato autonomista accusò apertamente il generale Rodich di avere reso Dalmazia una terra senza leggi e ordine, in cui i Croati erano liberi d’infliggere impunemente ogni violenza agli Italiani ed in cui l'amministrazione era asservita ai nazionalisti slavi.
Bajamonti affermò fra l’altro: “Noi non abbiamo governatore dappoiché il generale Rodich […] è un capo-partito che talvolta semina l'odio e le preferenze, l'ostracismo e il favoritismo, fino ad offendere la più istintiva delle virtù umane - il pudore”. Questi aveva aveva creato «un pascialato in uno Stato costituzionale», con l’obiettivo di «snaturare la Dalmazia, la quale naturalmente ritrae un carattere misto dalle due stirpi che la abitano, per darle un carattere prettamente slavo» (Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia, cit., p. 81)


P.S.
Caro Italo.Romano, hai certamente ragione nel segnalare la sussistenza, la sanità e soprattutto lo stato maggiore nei limiti principali dell'esercito piemontese nel 1848. Eppure, malgrado l'erronea conduzione strategica e l'inferiorità numerica, andò tuttavia vicino alla vittoria da solo.
Buona notte
:italia:
 
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Italoromano
view post Posted on 31/1/2011, 22:38




Sì, hai ben ragione...quasi da solo. E ci arrivò maledettamente vicino (mi piace pensare che fu perchè i soldati piemontesi combattevano dietro la bandiera tricolore, sentendosi artefici di una storica missione).
 
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Rinascimento
view post Posted on 3/2/2011, 20:46




LA CANCELLAZIONE DEI NOMI E COGNOMI ITALIANI

La slavizzazione o germanizzazione dei nomi e cognomi italiani in Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia fu parte integrante del tentativo asburgico di germanizzare e slavizzare queste terre. L’Austria si servì in questo anche dei sacerdoti cattolici slavi. Il legame fra trono ed altare era stretto nell’impero e gli ecclesiastici erano in una certa misura funzionari imperiali. Inoltre, Sloveni e Croati, privi di una vera classe dirigente per la loro storica grande debolezza culturale, politica ed economica, ebbero per tutto il secolo XIX i capi del proprio movimento nazionalista proprio preti e vescovi.
Nell’anno 1900 nella diocesi di Trieste-Capodistria vi erano 100 preti italiani contro 189 slavi, neanche la metà dei quali originaria, ma importata dall’interno nell’intento di slavizzare anche religiosamente la regione. I parroci istriani e dalmati, che erano per la maggior parte di etnia slava in seguito alle precise istruzioni imperiali, cominciarono sin dal 1866 una falsificazione anagrafica che andrà avanti per decenni. Poiché nell’impero asburgico, erroneamente ritenuto un esempio di ottima amministrazione, i compiti dell’ufficio anagrafe erano ancora delegati ai parroci (secondo una prassi scomparsa da tempo negli altri stati europei), i sacerdoti slavi poterono intraprendere la falsificazione dei registri di battesimo e di matrimonio, con la slavizzazione dei nomi e dei cognomi latini ed italiani.

Scrive al riguardo Attilio Tamaro in Le condizioni degli italiani soggetti all'Austria nella Venezia Giulia e nella Dalmazia, Roma, G. Bertero, 1915:
“Cooperavano a questo sistema di snaturamento dei lineamenti storici ed etnici della Regione Giulia e della Dalmazia i preti. I vescovi delle provincie, fuorché quello di Parenzo, ligio però con cieca devozione al Governo austriaco, erano tutti slavi, per espressa volontà di Vienna. Come tali, per mezzo dei seminari vescovili e per mezzo delle loro relazioni con le provincie dell'interno, aumentarono con grande intensità la produzione di sacerdoti slavi e, approfittando dello scarso numero di preti italiani che le provincie potevano dare, empirono con quelli tutte le parrocchie, anche le italiane."
Questo aveva gravi conseguente, poiché i parroci all'epoca tenevano in Austria i registri anagrafici. I sacerdoti slavi, iccuranti delle proteste degli abitanti e "forti della protezione del Governo, con cui erano organicamente collegati nell'opera e nel fine, slavizzarono i cognomi nei libri delle nascite, in quelli matrímoníalí ed in quelli delle morti.” (op. cit.). L'obiettivo, spiega questo autore, era d'ottenere dei dati statistici che dessero l'impressione che non vi fossero Italiani o che fossero in graduale estinzione.


L’opera di slavizzazione forzata dei nomi e cognomi italiani ad opera del clero slavo, con la connivenza delle autorità austriache, è documentata minuziosamente nello studio di Alois Lasciac intitolato Erinnerungen aus meiner eamtencarrière in Österreich in den Jahren 1881 – 1918 (Trieste 1939). Il dottor Alois Lasciac, d’origine austriaca, era stato Vicepresidente della Luogotenenza imperial regia di Trieste ed Presidente della Commissione amministrativa del Margraviato (Marca) d’Istria: egli quindi era stato un alto funzionario austriaco dell’amministrazione asburgica.
Durante la sua attività nell’isola di Lussinpiccolo egli potè testimoniare che il clero locale, tutto croato nonostante la popolazione fosse in grande maggioranza italiana, falsificava i nomi e cognomi degli abitanti. Egli dedica un intero capitolo della sua opera proprio a tale argomento: Verstümmelung der Familiennamen in den Pfarrmatriken (Storpiatura dei cognomi nei registri). Lasciac segnala che l’antichissimo uso delle forme latine e venete per designare i nomi e cognomi degli abitanti locali era stato intenzionalmente sovvertito dai sacerdoti croati nei registri delle nascite, i matrimoni, le morti, slavizzando l’onomastica degli Italiani di Lussinpiccolo. Egli, che all’epoca era commissario imperial-regio, impose il ripristino della grafia originari, al che i nazionalisti Croati risposero facendo ricorso al governo centrale viennese. Lasciac conclude la sua narrazione di questa vicenda dicendo che l’intervento del parlamento di Vienna concesse tolleranza a questa arbitraria modifica dei nomi e cognomi, che negli archivi parrocchiali, aventi nell’impero funzioni di anagrafe statale, vennero ad essere trasformati in forma slava, in contrasto con la loro esistenza plurisecolare in forma italiana.
Furono numerose le pubbliche denunce dell’operato del clero slavo, compiuto con la tolleranza o l’aperto sostegno delle autorità asburgiche. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20.000 nomi modificati, in particolar modo nelle isole di Cherso, Lussino e Veglia, quasi totalmente abitate da italiani. Nel 1905, nel corso di una seduta alla Dieta Istriana, il deputato albonese, avvocato Pietro Ghersa, denunciò, attraverso una vasta documentazione derivante da lunghe ricerche, l'opera del governo che aveva fatto connivenza per la slavizzazione di circa 20.000 cognomi italiani nell'intera provincia istriana. Si noti che le ricerche di Bartoli e Ghersa erano state separate fra loro e che le prime riguardavano principalmente le isole del Carnaro, le seconde invece la penisola istriana, per di più in due periodi differenti. La cifra di 20.000 cognomi italiani slavizzati, segnalata da entrambi, deve quindi essere riferita ad aree per lo più differenti e risultare pertanto inferiore al totale delle sole regioni dell’Istria e del Carnaro.

Si noti comunque che i dati sopra segnalati, riguardanti i cognomi italiani slavizzati a forza in Istria, sono largamente incompleti per questa regione stessa, poiché numerosi altri furono modificati senza essere poi ripristinati nella forma originaria. Inoltre, queste pratiche avvennero anche nelle altre parti della Venezia Giulia, in Dalmazia e, tramite germanizzazione, in Trentino ed in Alto Adige.





P.S.
Caro Italo.Romano,

mi sono sempre chiesto che cosa provasse l'ultra-monarchico Carlo Alberto nel vedere il proprio stemma avito al centro di quella che era ritenuta ed effettivamente era una bandiera repubblicana!

Buona serata :italia:

Edited by Rinascimento - 25/7/2012, 17:21
 
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Italoromano
view post Posted on 4/2/2011, 02:00




Caro Rinascimento,


onestamente non lo so, ma direi che è oramai accertato che invece i soldati semplici lottarono con impareggiabile abnegazione, non di rado superando anche le arcinote e pesantissime difficoltà logistiche manifestate dalla struttura dell'esercito piemontese (lo stesso Duca di Savoia, suo figlio e successore come Vittorio Emanuele II, lo testimoniò nelle sue memorie).

Ad ogni modo, posso immaginare che non gli risultò indolore rinunziare al vecchio stemma sabaudo in luogo della "rivoluzionaria" - ancorchè temperata dallo scudo regio - bandiera tricolore.

p.s. Il mio personale debito intellettuale nei tuoi confronti, per la gran mole di informazioni di cui ci hai messo a parte solo con questa tua discussione, cresce sempre più!!
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 4/2/2011, 13:10




io credo ache a carlo alberto interessasse principalmente allargare i domini della sua casata.....cio non toglie che dimostro coraggio e spirito di iniziativa a rischiare tutto per la causa in cui si era imbarcato,pagando personalmente con l'esilio per impedire la fine del suo regno.....bisogna dargliene atto
sra stato un reazionario come tutti i savoia,(compreso il figlio ed erede),ma fu un re che seppe prendrsi le sue responsabilita fino in fondo..al contrario di qualche suo pronipote....
 
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Italoromano
view post Posted on 4/2/2011, 14:01




E' uscito di scena in maniera estremamente dignitosa, concordo, riscattando col suo comportamento esemplare in battaglia e la sua scelta di abdicare anche i pur gravi errori commessi nella preparazione politica e militare della guerra.
 
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AzzurroItalia
view post Posted on 4/2/2011, 15:01




Rinascimento, dato il tuo infaticabile lavoro bibliografico, perchè non pensi a scriverlo tu un libello sulle persecuzioni contro gli Italiani delle Terre Orientali?
 
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Italoromano
view post Posted on 4/2/2011, 15:59




CITAZIONE (AzzurroItalia @ 4/2/2011, 15:01) 
Rinascimento, dato il tuo infaticabile lavoro bibliografico, perchè non pensi a scriverlo tu un libello sulle persecuzioni contro gli Italiani delle Terre Orientali?

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Un'idea che approvo totalmente caro AI, l'amico Rinascimento mi pare assai qualificato. ;)
 
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Rinascimento
view post Posted on 6/2/2011, 00:23




Cari amici,
anzitutto grazie a tutti voi per i vostri interventi ed i vostri apprezzamenti.
Vorrei rispondere ad Azzuro.Italia ed Italo.Romano, i quali si sono chiesti se il sottoscritto non potrebbe scrivere un libello sul genocidio asburgico.
In verità, quando avevo iniziato a raccogliere il materiale sull’argomento, all’inizio del 2010, avevo una mezza idea in proposito, ma al momento mi trovo ben lontano dal poter redigere un saggio conforme ai criteri accademici, anche perché dovrei consultare a lungo ed intensamente gli archivi di Trieste e Vienna, il che non ho potuto fare. Al momento sarei in grado di preparare un libretto di sintesi e divulgazione: ciò che qui scrivo è ben documentato ovvero sicuramente vero, ma sono solo bozze di una tematica, purtroppo per gli Italiani, davvero sterminata. Basti dire che già solo l'argomento delle violenze slave contro gli Italiani in Dalmazia nel periodo 1866-1918 resta quasi tutto da scrivere ed è davvero voluminoso.
L'idea mi piacerebbe, anche se al momento non sarei ancora pronto.
In futuro, chi può dirlo?

Grazie sincere comunque per l’apprezzamento e buona domenica a tutti!




ALCUNI ESEMPI DELLO SNATURAMENTO DELL’ONOMASTICA
La slavizzazione o germanizzazione dei nomi e cognomi italiani avvenne in diversi modi. Talora si compilavano gli atti di nascita in latino, trasformando cognomi come Micheli, Fabbri, Lauri, Marini nelle forme Michelis, Fabbris, Lauris, Marinis, che successivamente divenivano senz’altro Marinic, Fabbric, Lauric, Michelic. In altri casi si ricorreva direttamente al passaggio alla forma slava. Ad esempio, i cognomi terminanti in –ich (come De Vudinich), che sono di pretta origine italiana (dal latino –icus) venivano trasformati in slavi con la scomparsa della “h” finale, rendendoli così del tutto identici ai patronimici slavi.
Un esempio di questo è il cognome Blasevich. Esso così scritto rispecchia l’originale grafia veneta ed istriana e deriva dal nome Biagio, a suo volta derivante dal latino blaesus. Cognomi scritti e pronunciati come “Blasevich”, italianissimi sia per origine, sia per il gruppo familiare afferente, così adoperati da secoli, vennero arbitrariamente trasformati in Blasewitz secondo la forma tedesca, od in Blazevic secondo quella slava.
Un altro caso, clamoroso, è quello di Antonelli trasformato in Antonaz. Il cognome Antonelli deriva quindi dal nome o dal soprannome del capofamiglia, messo al plurale, ed è in origine un patronomico. Il suo significato “funzionale” al momento della sua codificazione nel secolo XVI esprime il valore di “figli di Antonello”, “parenti di Antonello”, appunto Antonelli.
Il nome Antonello a sua volta è una variante del nome Antonio, precisamente un diminutivo: si tratta quindi di una modifica ipocoristica. Il nome Antonio (Antonius) è un antico nome latino, probabilmente derivato dal prenome Anto, di origine etrusca.
Sono moltissimi i cognomi costituiti da varianti derivate direttamente da Antonio: Antolini, Antonazzi, Antonazzo, Antonelli, Antoniazzi, Antonini, Antoniol, Antonioli, Antoniolli, Antonioni, Antoniutti, Dall'Antonia, Dantone, Dantoni ecc. Esistono anche varianti derivate dai diminutivi Togno, Tone, Toni, Tonio, Tono: Datone, Detone, Togn, Tognali, Tognalli, Tognana, Togni, Tognini, Tognoli, Tognolli, Tognon, Tognoni, Tognotti, Tonaz, Tonazza, Tonazzi, Tonazzoli, Tonazzolli, Tonella, Tonellato, Tonelli, Tonet, Tonetta, Tonetti, Tonetto, Toni, Toniat, Toniatti, Toniazzo, Tonidandel (‘Antonio da Andalo’), Tonin, Tonina, Toninato, Toninelli, Toniolatti, Tonioli, Toniolli, Toniotti, Tonoli, Tonolini, Tonolli, Tonon, Tononi.
Molti di questi cognomi sono presenti soltanto in alcune regioni o località (anche se poi possono essersi diffusi in seguito all’emigrazione). Il cognome Antonelli è invece pan-italiano e presente davvero su tutto il territorio nazionale. La sua notevole diffusione si spiega con la popolarità del culto di due santi, sant’Antonio del deserto (detto anche sant’Antonio abate) e sant’Antonio da Padova, che hanno condotto ad un largo impiego del nome “Antonio” e quindi del suo diminutivo “Antonello”.
Ci si trova quindi dinanzi ad un cognome pan-italiano, diffuso su tutto il territorio italiano, che deriva dal nome anch’esso italiano Antonio, i quale a sua volta discende dal latino Antonius, che a sua volta ha come radice un vocabolo etrusco, quindi di una popolazione dell’Italia antica, che ha lasciato profonde eredità a Roma stessa ed all’Italia moderna stessa. [1]
Con Antonelli ci si trova dinanzi ad un cognome pertanto italianissimo. Ebbene, nel secolo XIX numerose famiglie italiane dell’Istria ebbero il cognome cambiato da Antonelli ad Antonaz: fra questi persino una famiglia di irredentisti, uno dei cui membri era un importante rappresentante giornalistico degli ideali liberal-nazionali.
La slavizzazione o germanizzazione forzate dei cognomi italiani aveva diverse finalità. Essa era anzitutto diretta a cercare di privare gli Italiani della loro coscienza identità. Inoltre, ciò permetteva di meglio falsificare i censimenti, diminuendo le percentuali di popolazione italiana in essi registrate, con tutte le conseguenze sul piano amministrativo. Ancora, questo diveniva uno strumento ideologico e propagandistico sfruttato dagli slavi, che asserivano, in totale contrasto con la verità storica, che non esistevano Italiani in Dalmazia e Venezia Giulia, ma soltanto slavi italianizzati, che andavano quindi slavizzati.
Le teorie razziste del nazionalismo slavo, secondo cui i popoli sarebbero biologicamente distinti (tipica idea razzista ottocentesca, da cui scaturì il nazismo, del tutto priva di fondamento scientifico), trovava in questo modo delle forme di rivendicazione: prima si cambiavano a forza i cognomi, poi si sosteneva che li portava, anche se di cultura italiana, era soltanto uno slavo per eredità biologica, infine s’affermava la legittimità di slavizzarlo.
Questo procedimento fu largamente adoperato soprattutto in Dalmazia ed è tuttora impiegato, in pieno contrasto con la verità storica, per slavizzare a posteriore la storia dàlmata, trasformando in croati personaggi che erano in realtà italiani.



[1] Storici dell'Italia antica hanno elaborato la tesi cosiddetta del "pan-italianesimo", secondo cui i vari popoli pre-romani (Etruschi, Liguri, Italici, Celti, Veneti, Latini, persino in parte i Greci, i quali comunque avrebbero irradiato la propria cultura in larga parte della regione italiana, ben al di là dei confini del proprio popolamento) avrebbero raggiunto un considerevole grado di unità culturale ben prima dell'unificazione romana. Tale teoria ha avuto il suo pioniere anzitutto in Michel Lejeune, sia storico in senso stretto, sia glottologo (in assoluto uno dei maggiori mai esistiti), il quale ha affermato la comunanza culturale e linguistica fra i diversi popoli d’Italia prima dell’unificazione romanza, conseguente alla mescolanza etnica fra indo-europei e mediterranei ed alla diffusione culturale. La tesi di questo studioso francese ha poi incontrato grande fortuna nell'ambito dell'antichistica [ Una breve presentazione della sua figura si trova in A. PROSDOCIMI Michel Lejeune. L’Italie antique et autre chose encore, in Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres (Parigi, 19 gennaio 2001), Parigi 2001, pp.33-41.]
 
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Italoromano
view post Posted on 6/2/2011, 01:25




Trovo questa dettagliata disamina delle varie modalità di snazionalizzazione anagrafica antiitaliana nella regione istriana e giuliano-dalmata estremamente interessante, anche perchè ci permette finalmente di contestualizzare la (esecranda) politica snazionalizzatrice in senso antislavo attuata dal Fascismo (anche) come reazione alla precedente persecuzione attuata a danno dell'elemento italiano: ciò ovviamente non la giustifica affatto, ma può valere quantomeno a spiegarla, questo direi di sì.
 
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Rinascimento
view post Posted on 8/2/2011, 22:17




Caro Italo.Romano,

a mia conoscenza, ciò che i nazionalisti slavi e la sinistra estrema affermano riguardo all'operato del fascismo verso Sloveni e Croati è quasi per intero esagerato od addirittura inventato.
Per restare in argomento, un esempio di questo è la presunta ed inesistente italianizzazione forzata dei cognomi, che fu invece diretta a sanare la situazione creata dalla slavizzazione e germanizzazione forzate operate da Vienna.


I propagandisti dei nazionalisti slavi sostengono che l’Italia fascista avrebbe imposto agli sloveni di cambiare i loro cognomi italianizzandoli. Ciò in verità non avvenne, poiché, nella quasi totalità dei casi, si trattò di passaggi volontari consentiti a chi aveva avuto il proprio cognome slavizzato a forza durante il periodo asburgico.
Il primo atto governativo fu il Regio Decreto Legge 10 gennaio 1926, n° 17, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 11 del 15 gennaio 1926, che riguardava la restituzione in forma italiana dei cognomi deformati con grafia straniera nella provincia di Trento, naturalmente in riferimento alla grafia tedesca. Il secondo atto fu il Regio Decreto 7 aprile 1927, n° 494, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 1927, che concedeva la possibilità di restituire in forma italiana i cognomi deformati con grafia straniera alle province di Trieste, Gorizia, Pola (Istria), Fiume e Zara. In ambedue i casi, come si può facilmente riscontrare esaminando i due Regi Decreti, pubblici e facilmente consultabili, era previsto il mutamento del cognome solo su richiesta dell’interessato e nel caso che questi avesse avuto il proprio cognome arbitrariamente trasformato durante la dominazione asburgica.
In ogni caso, gli anglo-americani nel 1946 a Trieste decisero di consentire ai circa 20.000 titolari di cognomi italianizzati dopo la prima guerra mondiale la possibilità di ripristinare la forma slava del loro cognome. Coloro che decisero di riprendere la grafia slava del proprio cognome furono in tutto e per tutto 421, mentre vi furono numerosi altri che invece chiesero di poter adottare una forma italiana al proprio cognome slavo.
In conclusione, l’Italia fascista non ha imposto nessuna italianizzazione forzata dei cognomi stranieri, come invece erroneamente si continua a sostenere, ma si è limitata ad offrire la possibilità, su base volontaria, di ripristinare la forma originaria ed italiana a coloro che l’avessero avuto modificato arbitrariamente durante il dominio asburgico. Si noti che, per pure ragioni di comodità e funzionalità (cambiare il proprio cognome non è privo d’inconvenienti nel documentare la propria identità), moltissimi Italiani le cui famiglie avevano subito una slavizzazione o germanizzazione forzate della propria onomastica non fecero questa richiesta di cambiamento.

Buona notte
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 8/2/2011, 22:36




non metto in dubbio quello che dici sulla modificazione dei cognomi italiani,ma il fatto che l'italia fascista italianizzo non solo i cognomi ma anche parte della toponomastica mi pare sia acclarato....ho letto libri,assolutamente non accusabili di propaganda titoista ,che invece lo confermano....
 
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Rinascimento
view post Posted on 12/2/2011, 20:43




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 8/2/2011, 22:36) 
non metto in dubbio quello che dici sulla modificazione dei cognomi italiani,ma il fatto che l'italia fascista italianizzo non solo i cognomi ma anche parte della toponomastica mi pare sia acclarato....ho letto libri,assolutamente non accusabili di propaganda titoista ,che invece lo confermano....

Caro Giuseppe Mazzini,

premetto che non intenzione alcuna di difendere il regime di Mussolini in quanto tale per ragioni ideologiche e che sono, nel mio piccolo, un ammiratore del grandissimo Giuseppe Mazzini.

Tuttavia, anche nel campo della toponomastica, durante il fascismo più che italianizzare a forza si riportarono toponimi alla loro forma originaria, perlomeno in Venezia Giulia. (E' diverso il caso in Alto Adige, in cui sicuramente i toponimi originari non erano germanici, ma, in molti casi, erano caduti in disuso da secoli.)
Difatti, il dominio asburgico, oltre a promuovere una germanizzazione e slavizzazione nell'onomastica, fece lo stesso anche nella toponomastica.



LO SNATURAMENTO DELLA TOPONOMASTICA
Accanto alla slavizzazione e germanizzazione dell’onomastica italiana, ovvero dei nomi e dei cognomi, si ebbe anche un’operazione analoga nel campo della toponomastica.
È bene ricordare che tutti i territori del Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia hanno avuto un plurisecolare insediamento latino ben prima che vi giungessero e s’infiltrassero, lentamente, popolazioni germaniche e slave. In pratica sin dal II secolo a.C. queste aree erano interamente latinizzate, mentre invece le prime presenze slave in Dalmazia e Venezia Giulia risalgono al VII secolo d.C. e permangono molto deboli sino al secolo XIV. L’Alto Adige invece inizia la sua germanizzazione dopo il 1348, mentre in precedenza le comunità di lingua tedesca in esso presenti erano decisamente minoritarie. La toponomastica latina è quindi originaria ed anteriore di gran lunga a quella germanica e slava. D’altronde, l’Italia è terra d’antichissimo urbanesimo, a differenza dei Germani e degli Slavi, popolazioni semi-nomadiche sino al VII secolo e, per quelle slave, quasi esclusivamente contadine sino al XX secolo. Ancora in pieno Ottocento le città balcaniche erano abitate in maggioranza da etnie non slave (italiani, tedeschi, greci, ungheresi ecc.). Quasi tutte le città e cittadine del Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia potevano vantare un’origine romana od una loro esistenza già in questo periodo.
Scrive ancora il Tamaro, sempre in Le condizioni degli italiani soggetti all'Austria nella Venezia Giulia e nella Dalmazia, Roma, G. Bertero, 1915:
“Gli impiegati addetti al Catasto, slavizzavano nomi di località e nomi di persona, creando fittiziamente, dei titoli scritti per lo slavismo, interrompendo, in libri di così fondamentale significato per la vita pubblica, la tradizione della nomenclatura italiana. [...] La Luogotenenza per di più e, in accordo con essa, le Ferrovie, autenticavano con documenti ufficiali la tramutazione slava di nomi italiani." Anche se non si arrivò all'intervento estremo della Luogotenenza della Dalmazia, la quale nel 1912, con un decreto, "dichiarò abrogati per sempre e non più esistenti i nomi italiani di 39 località completamente croatizzate", vi furono comunque atti gravi: "fecero sparire dagli atti alcuni nomi italiani, come Piedimonte (sostituito con Podgora), Castelmuschio (con Omisalì), Pisino (con Mitterburg o con Pazin) oppure ammisero una bilinguità ufficiale, mettendo, ad esempio, sulle stazioni ferroviarie presso al nome italiano lo slavo usato nel dialetto degli Slavi delle campagne (Koper presso Capodistria, Porec presso Parenzo) o inventandone uno, come fecero ad es. per Muggia inventando un nome Mile, per Visignano un Vizinjan, per Castagna un Kastanja e simili." Lo stesso avveniva anche con le autorità milìtari, che "essendo tutto l'organismo statale armonicamente organizzato contro gli Italianí" modificavano "nei documenti i nomi dei cittadini che diventavano soldati, e modificavano profondamente i documenti geografici, accettando nelle Carte Militari la nomenclatura o la grafia slava.”

Neppure Vienna osò imporre una modifica dell'antichissima, latina denominazione di Dalmazia (dal latino Dalmatia), però impose un cambiamento di nome a tutte le città di questa regione, fatta eccezione per Zara. Invece, in Venezia Giulia, laddove non ritenne opportuno imporre una forma unicamente slava, la affiancò a quella italiana, più antica, più utilizzata, conforme all'uso della maggior parte degli abitanti e, sino ad allora, l'unica impiegata nei documenti scritti.
Un antefatto a questa operazione mistificatoria era avvenuto già nel 1843, quando da Zagabria vennero diffuse in tutta l'Europa le carte etnografiche del nazionalista croato F. Drog-Seijan, esse presentavano la Venezia Giulia, regione italiana per popolamento, cultura e storia, con una toponomastica slavizzata, in totale contrasto con l'uso degli abitanti, sia in ambito scritto, sia orale, oltre che con la tradizione stessa e l'antichità dei toponimi.

Edited by Rinascimento - 25/7/2012, 17:26
 
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