| Un breve excursus sulle cause che hanno condotto al fatto innegabile che Vienna abbia programmato e compiuto un genocidio o pulizia etnica a danno degli Italiani, in questo appoggiandosi ai nazionalisti slavi. Insomma, si era progettata la totale cancellazione della componente italiana dalla Dalmazia, la Venezia Giulia ed il Trentino-Alto Adige, e si era già iniziato a procedere in questo senso. In Dalmazia l'opera era già quasi compiuta nel 1910.
DALLA POLITICA FILO-SLAVA AL PROGRAMMA DI UNA PULIZIA ETNICA DEGLI ITALIANI L’impero austriaco sin dalla Restaurazione aveva seguito una politica filo-slava, poiché i popoli slavi apparivano molto più controllabili da Vienna per la loro storia assai più recente di quella italiana, la loro minore coscienza nazionale e la grave debolezza economica e culturale rispetto all’elemento italiano. Durante le guerre risorgimentali gli Austriaci si servirono frequentemente di truppe slave contro gli Italiani, tanto che queste si segnalarono per la loro crudeltà durante le Cinque Giornate di Milano, a Brescia (dove, fra l’altro, bruciarono vivo il patriota Carlo Zima), nell’assedio di Venezia ed in generale nelle operazioni di repressione dei moti risorgimentali. Radetzky si era così espresso in modo reciso: "Bisogna slavizzare la Dalmazia per toglierla alla pericolosa signoria intellettuale di Venezia alla quale le popolazioni italiane si rivolgono con eccessiva ammirazione". Durante i moti del 1848-1849. Il bano della Croazia, Jelacic, diede pieno appoggio al regime asburgico e si fece egli stesso promotore di una politica anti-italiana, il che già trovò risposte positive nelle alte sfere del potere viennese. La tradizionale politica filo-slava ed anti-italiana dell’autocrazia asburgica si accentuò e sfociò nel programma di un genocidio nel 1866. La tensione esistente fra Italia ed Austria facilità l’accrescersi di sentimenti xenofobi ed italo-fobi nel nazionalismo slavo, che beninteso erano preesistenti ed appoggiati dalle autorità asburgiche. I gruppi nazionalistici serbi e croati iniziarono una massiccia campagna contro gli Italiani sudditi asburgici, accusandoli tutti e globalmente d’infedeltà e slealtà nei confronti delle autorità e proponendoli quale una minaccia per il regime imperiale. Il 4 agosto 1866, dopo la battaglia di Lissa, «Il Nazionale» (giornale di nazionalisti croati, ma scritto in lingua italiana, all’epoca universalmente usata da tutti i Croati colti in Dalmazia) pubblicò un articolo programmatico intitolato "Le conseguenze della battaglia di Lissa". Il giornale nazionalista croato proponeva di distruggere per sempre il pericolo di una Dalmazia italiana e per far ciò era necessario innalzare «tra Dalmazia e Italia una frontiera nazionale insuperabile». Questo poteva essere reso possibile, proseguivano il foglio nazionalista, sia favorendo in ogni modo l’elemento slavo, sia attraverso la repressione politica e culturale di quello italiano. Lo storico Luciano Monzali ricorda che “i verbali del Consiglio dei ministri asburgico della fine del 1866 mostrano l'intensità dell'ostilità antitaliana dell'imperatore e la natura delle sue direttive politiche a tale riguardo. Francesco Giuseppe si convertì pienamente all'idea della generale infedeltà dell'elemento italiano e italofono verso la dinastia asburgica". Il Monzali cita poi il famigerato ordine del consiglio della corona del 1866, che imponeva la germanizzazione e la slavizzazione delle regioni italiane dell'impero. Egli poi spiega che questi sentimenti antitaliani dell'imperatore "avrebbero avuto pesanti conseguenze politiche […] negli anni successivi". Essi inoltre erano assai vigorosi "nell'esercito, che aveva combattuto molte guerre in Italia ed era desideroso di rivalsa: considerato il ruolo preponderante dei militari […], ciò era estremamente pericoloso.” (L. Monzali, Italiani di Dalmazia, cit., p. 89) Fu così formulato e portato avanti il “piano della classe dirigente conservatrice austriaca di intraprendere una politica di concessioni alle nazionalità slave, ritenute più fedeli all'Impero e ben disposte ad accettare il potere dominante dell'imperatore e dell'aristocrazia asburgica.” (L. Monzali, Italiani di Dalmazia, cit., p. 89) Le stesse nuove direttive di politica estera che l'Impero asburgico adottò a partire dalla fine degli anni Sessanta facilitarono il rafforzarsi delle tendenze italofobe. (L. Monzali, Italiani di Dalmazia, cit., pp. 69-70). Il nuovo ministro degli Esteri asburgico, Beust, constatò la forza e la solidità dei due nuovi grandi stati nazionali di Italia e Germania, cosicché delineò una nuova strategia colonialistica ed aggressiva di Vienna, la quale anziché volgersi verso i territori italiani e germanici come in passato, doveva ora indirizzarsi principalmente verso i Balcani. “Questa strategia ebbe come conseguenza l'affermarsi dell'idea, molto popolare nei militari, che fosse necessario svolgere una politica slavofila […] per attrarre all'Austria le simpatie delle popolazioni serbe e croate” (L. Monzali, Italiani di Dalmazia, cit. p. 69-70). Era appunto il cosiddetto progetto del trialismo, che intendeva inglobare le popolazioni degli slavi del sud all'interno dell'amministrazione dell'impero, seppure in posizione pur sempre subordinata rispetto agli austriaci ed agli ungheresi. L'agnello sacrificale da offrire in dono agli slavi erano appunto le popolazioni italiane di Venezia Giulia e Dalmazia.
D'altronde, è noto, anche grazie a classici della storiografia riguardante l'impero come le opere del boemo Z. Zeman e dell'italiano Leo Valiani, che lo stato asburgico aveva una struttura gerarchica su base cetuale, religiosa ed etnica. Esso "apparteneva" anzitutto alla casata imperiale, poi all'aristocrazia feudale austriaca ed, a scalare, a quelle germanizzate delle popolazioni assoggettate. Sino al 1866 l'elemento austriaco era nettamente preponderante e rimase egemone anche dopo il compromesso del 1866. Gli Ungheresi avevano più potere ed importanza degli altri popoli, ma questi stessi esistevano differenze nelle concessioni da parte del governo centrale, cosicché i Boemi, ad esempio, erano in una condizione di privilegio rispetto ai Romeni od ai Serbi. Ancora, i cattolici erano favoriti rispetto ad ortodossi, protestanti ed ebrei. In breve, l'impero asburgico discriminava i suoi cittadini, in modo assai pesante, su base dell'origine sociale, dell'etnia, della religione. Il progetto genocida contro gli Italiani fu un'applicazione a suo modo coerente di tale impostazione di base.
Edited by Rinascimento - 25/7/2012, 18:13
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