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view post Posted: 1/12/2020, 03:31 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
1 MORTO OGNI 4 PRIGIONIERI NEI LAGER DI FRANCESCO GIUSEPPE.

LA SORTE DEI MILITARI ITALIANI IN MANO ALL’AUSTRIA IMPERIALE

I prigionieri italiani nella Grande Guerra furono molti: circa 260.000 catturati dall’inizio della guerra sino a Caporetto (per la maggior parte feriti), 280.000 presi nella ritirata dopo Caporetto, altri 50.000 nell’ultimo anno di guerra. Il totale ammonta quindi a circa 600.000, fra cui 19500 ufficiali. I morti in prigionia furono circa 100.000, quindi 1 prigioniero italiano su 6 perì nei campi di prigionia imperiali. La cifra effettiva di coloro che perirono in conseguenza delle condizioni della cattività è però più alta, perché altri 50.000 morirono poco dopo la liberazione dai lager imperiali perché ormai troppo debilitati e malati. Di fatto, su 600.000 prigionieri italiani finiti nei campi di concentramento imperiali, 150.000 morirono: 1 morto ogni 4 prigionieri.
Le condizioni dei prigionieri furono piuttosto differenti, perché circa 1/3 fu rinchiuso in campi della Germania (dove furono trattati molto meglio che nell’impero d’Austria) e vi furono differenze anche nei lager austriaci. Lo status dei militari italiani catturati fu comunque mediamente pessimo.
La razione quotidiana era inferiore alle 1000 calorie, quindi insufficiente per un uomo adulto. Il pasto che l’impero concedeva ai prigionieri fu solitamente così costituita, grossomodo: uno scadente caffè d'orzo come colazione, un minestrone a base di rape come pranzo, una patata, con una aringa ed una fettina di pane per cena. La carne era un lusso raro, che si limitava ad un pezzettino minuscolo due o tre volte la settimana. Ridotti a scheletri, i prigionieri cercavano di lenire la fame con espedienti inutili o dannosi, talora letali: ingollando grandi quantità di acqua, inghiottendo erba, carta, talora persino terra, piccoli pezzi di legno od addirittura sassolini.
La carenza alimentare era aggravata dal lavoro forzato, a cui i prigionieri erano obbligati per 12-14 ore al giorno, con lavori pesanti nell’agricoltura, nell’industria, nelle miniere. La combinazione fra mancanza di calorie e consumo di stesse in lunghi e gravosi impegni condusse inevitabilmente ad una alta mortalità.
La salute dei prigionieri fu menomata anche dal vestiario e dall’alloggiamento. Le autorità imperiali non si curarono di rimpiazzare le uniformi con cui erano stati catturati o di fornire ai prigionieri abbigliamento invernale qualora i prigionieri non lo avessero. Inoltre gli italiani erano rinchiusi di norma in grossi stanzoni privi di riscaldamento ed infestati da pidocchi.
Da ultimo, ma non per ultimo, i carcerieri imperiali fecero ampio ricorso a punizioni corporali durissime, secondo norme e consuetudini radicate nell’impero d’Austria e non solo verso i prigionieri. Il ricorso alla bastonatura, che per inciso era peggio della fustigazione, fu frequente contro i patrioti italiani nel Risorgimento ed ancora dopo il 1866 contro gli irredentisti in senso stretto. Contro i prigionieri italiani si utilizzarono bastonature e la tortura del palo. Essa era così condotta. L’italiano era legato con corde ad un palo alle caviglie ed ai polsi, tendendo le braccia sollevate verso l’alto ed all’indietro, i piedi invece sollevati dal suolo ed incrociati, affinché il corpo dovesse pendere in avanti descrivendo una sorta di semicerchio. Il punito era tenuto in questa faticosissima e dolorosa posizione per molte ore, due, tre, quattro. Se sveniva, ciò che accadeva sovente, il condannato era fatto rinvenire con un secchio d’acqua, oppure momentaneamente slegato e poi rilegato.
Il risultato di questa combinazione di dieta da morte per fame, lavori forzati, freddo e pidocchi, pestaggi e torture, fu un’ecatombe di decessi per polmonite, dissenteria, tubercolosi ed altro. Le testimonianze dei superstiti descrivono i campi di concentramento asburgici come popolati da scheletri ricoperti di stracci, che giacevano nel luridume, così affamati da buttarsi nei canali di scolo per tentare di recuperare scarti di cibo gettati nella spazzatura. I lager del kaiser furono soprannominati nel 1918 “le città dei morenti”.
Può essere utile un confronto fra i lager di Francesco Giuseppe e Carlo I da una parte, i lager del loro connazionale austriaco Adolf Hitler dall’altra. Il tasso di mortalità fra i prigionieri italiani nella Grande Guerra finiti nei campi di concentramento austriaci fu più che doppia di quella dei militari italiani catturati dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Era quindi di gran lunga più pericoloso e peggiore per gli italiani finire in un campo di prigionia di Cecco Beppe e del beato Carlo che in uno di Baffetto.
G. Procacci, "Soldati e prigionieri italiani", Torino 2000
Gian Paolo Bertelli, “Mauthausen 1918. una tragedia dimenticata”, Ferrara 2009
S. Picciaredda, "Diplomazia umanitaria. La Croce Rossa nella Seconda guerra mondiale", Bologna, 2003.
Karagiannis S., Convenzioni internazionali e diritto bellico, in La prima guerra mondiale, a c. di Audoin-Rouzeau S. e Becker J.J., Torino 2007
La Relazione della R. Commissione d’inchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico, Roma 1920-1921

---Marco Vigna
view post Posted: 6/9/2020, 17:04 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
IL TRADIMENTO AUSTRIACO
Si sente talora accusare l’Italia d’aver commesso con l’ingresso nella prima guerra mondiale un presunto ed indimostrato “tradimento” dell’alleanza con l’Austria-Ungheria, il che in realtà non avvenne. È necessario conoscere e comprendere ciò che era avvenuto prima del 1915, altrimenti la decisione italiana d’entrare nel conflitto sarebbe incomprensibile.
In estrema sintesi, lo stato italiano aveva accettato già alla fine del secolo XIX d’aderire all’alleanza con l’Austria per due ragioni fondamentali: la prima era la speranza di mitigare l’opera di snazionalizzazione sistematica (vero e proprio genocidio culturale) di cui erano vittime gli Italiani del Trentino, della Venezia Giulia e della Dalmazia ad opera dell’impero; la seconda, correlata alla prima, era l’aspirazione ad ottenere le terre irredente, od almeno parte di esse, per via diplomatica. Infatti un articolo della Triplice Alleanza l’articolo VII stabiliva che l’Italia aveva diritto a compensi territoriali dall’impero asburgico nel caso che esso si espandesse nei Balcani.
Non solo ambedue queste speranza furono disattese, ma in più l’Austria violò ripetutamente ed in modo gravissimo le norme del trattato d’alleanza, anche con azioni che si possono configurare quali veri e propri atti di guerra contro l’Italia.
1) Il 13 ottobre 1904 Aehrenthal, ambasciatore asburgico a san Pietroburgo, e Lamsordv, ministro degli esteri zarista, firmarono un trattato segreto, che impegnava i due paesi a proseguire nella loro collaborazione politica, imperniata sulla volontà di conservare lo status quo nei Balcani e sull’impegno a mantenere la neutralità assoluta nel caso che una delle due parti contraenti si fosse trovata in conflitto con una terza potenza. Questo patto segreto con la Russia non fu comunicato dall’impero asburgico all’Italia, ma solo alla Germania, poiché, come spiegò Francesco Giuseppe in una sua lettera a Guglielmo II spedita il 1 novembre 1904, esso aveva proprio una finalità anti-italiana. Esso costituiva una prima violazione delle norme delle Triplice.
[Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989, documenti della seconda sezione, dd. 112, 162, 186, 195, 197, 204, 221, 234; la lettera di Francesco Giuseppe all’imperatore tedesco è invece conservata in “Die Grosse Politik der Europaischen Kabinette 1871-1914”, Berlin, Deutsche Verlagsgesellschaft fur Politik und Geschichte”, 1922-1927].
2) il capo di stato maggiore asburgico, Conrad von Hötzendorf, richiese per due volte un attacco a sorpresa ed a tradimento contro l’Italia, paese alleato, precisamente dopo il terremoto di Messina del 1908 (la prima volta) e durante la guerra di Libia nel 1911 (la seconda volta). Il Conrad ammette questi suoi progetti persino nelle sue memorie: Feldmarschall Conrad, “Aus meiner Dienstzeit”, Wien-Berlin, 1921. Famigerata è la nota inviata dal von Hötzendorf ad Aehrenthal il 24 settembre 1911, in cui egli proponeva che l’impero asburgico si lanciasse in una guerra a tradimento contro l’Italia approfittando del conflitto italo-turco (che sapevano essere prossimo: fu proclamato il 29 dello stesse mese), od in alternativa alla distruzione della Serbia ovvero alla conquista d’altri territori balcanici.
La causa scatenante delle convinzioni di questo alto ufficiale riguardo all’Italia fu la rivolta di Trieste del 1902, che fu repressa con l’imposizione dello stato d’assedio ed un gran numero di morti dalle autorità militari, sotto la supervisione di von Hötzendorf. Questi affermò ed espresse in decine e decine di rapporti, lettere ecc. la sua personale convinzione che le imponenti manifestazioni dei lavoratori, a cui le unità imperiali risposero sparando ad altezza d’uomo e caricando alla baionetta, avessero avuto l’appoggio degli irredentisti italiani. Tale sua opinione fu talmente radicata, che la repressione sanguinosa dello sciopero triestino rappresentò per questo alto ufficiale imperiale uno spartiacque nelle sue idee politiche e strategiche. Conrad von Hötzendorf divenne da quel momento un accanito sostenitore d’una guerra, offensiva e senza preavviso, contro il regno d’Italia, malgrado questo fosse alleato dell’Austria. Il von Hötzendorf non fu l’unico a trarre queste conclusioni dall’insurrezione di Trieste del 1902, poiché all’interno delle alte gerarchie militari e politiche asburgiche molti altri si convinsero che l’unico modo per l’impero di sopravvivere fosse d’attaccare e distruggere l’Italia e la Serbia. Lo sciopero di Trieste del 1902 divenne in tal modo una della cause scatenanti del primo conflitto, poiché rafforzò le tendenze belliciste dell’impero asburgico ed il tentativo da parte della sua oligarchia dominante di conservare il proprio potere, scosso dalle volontà nazionali dei popoli soggetti, attraverso il ricorso alla forza.
Conrad von Hötzendorf comunque chiese con insistenza un attacco all’Italia per tutto il periodo 1906-1914, trovando in questo il sostegno e l’appoggio di Francesco Ferdinando, l’erede al trono (che ormai costituiva di fatto il vertice dell’impero in considerazione della tarda età di Francesco Giuseppe), degli ambienti di corte e dello stato maggiore, oltre al consenso di larga parte dell’opinione pubblica. La definizione di “italofobo” riferita a von Hötzendorf è dalla biografia su questo personaggio scritta da Lawrence Sondhaus, probabilmente il più grande storico militare vivente americano sul tema Austria/Ungheria. Sondhaus nel suo libro “Franz Conrad Von Hötzendorf: Architect of the Apocalypse” accomuna sia von Hötzendorf sia Francesco Ferdinando d’Asburgo in questa “italofobia”, ed aggiunge che costoro non erano gli unici a pensarla in tal modo (“Francis Ferdinand, an italophobe and no friend of the Triple Alliance. They were not alone in their thinking”).
Il generale Hötzendorf era ossessionato anche dall’idea di una guerra d’aggressione, per quanto ritenuta “preventiva”, anche contro la Serbia, che egli propose nel 1906, nel 1908, nel 1912, nel 1913 ed ancora nel 1914.
Se l’Austria non attaccò, a sorpresa ed a tradimento, l’Italia, approfittando in un caso del terremoto di Messina, nell’altro della guerra italo-turca, ciò fu solo perché la Germania, consultata in proposito, lo impedì.
[Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989, “Note des chefs des Generalstabs Conrad”, 24 settembre 1911, d. 2644; Hew Strachan, La Prima Guerra Mondiale, Milano, 2005; Vezio Vascotto, La guerra Italo-Turca, su Storia Militare n° 226, Luglio 2012, pag 26-39].
3) la crisi internazionale provocata dalla decisione unilaterale della Duplice Monarchia d’annettere la Bosnia, che era divenuta un protettorato (non un possesso diretto) nel 1878, con l’obbligo sottoscritto dall’impero asburgico di non annetterla, è stata oggetto di molti studi esaustivi, fra cui si possono ricordare Albertini, Duce, Tommasini fra gli italiani, e Nincic e Schmitt fra gli stranieri.
La crisi incominciò con la decisione asburgica d’annettere quello che era soltanto un protettorato (che per di più aveva opposto resistenza all’invasione imperiale nel 1878), in contrasto con gli impegni internazionali presi dal governo di Vienna nell’anno dell’occupazione della Bosnia-Erzegovina. Si andò vicini ad una guerra con Serbia e Russia, che alla fine arretrarono soltanto per le minacce della Germania, che di fatto impose l’accettazione dell’annessione (la crisi durò dall’ottobre 1908 al marzo 1909). L’annessione del protettorato della Bosnia costituiva quindi una violazione degli impegni presi dall’impero asburgico nel 1878 con la Russia e la Serbia, che prevedevano che questa regione non fosse annessa.
Inoltre costituiva anche una violazione degli accordi presi con l’Italia. Nel 1904 il ministro degli esteri asburgico, Goluchowski, si incontrò con il suo omologo italiano ad Abbazia, nel Quarnero, per trovare un accordo fra i due governi al fine d’evitare tensioni riguardanti i Balcani. Tittoni assicurò Goluchowski che l’Italia non aveva intenzione d’intervenire nei Balcani, ed il ministro degli esteri asburgico fece lo stesso nei suoi confronti, assicurando che non si sarebbe modificato lo status quo esistente, inclusa la condizione della Bosnia, che sarebbe rimasta un protettorato, ma non sarebbe stata annessa. L’unica variazione che, assicurava Goluchowski, avrebbe potuto essere apportata sarebbe stata l’occupazione del sangiaccato di Novi Bazar, ma non l’annessione della Bosnia. [Aufzeichnung über eine Unterredung Seiner Excellens des Herrn Ministers Grafen Goluchowski mit dem königlich italienischen Minister des Aussern Tittoni, in Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989]
Comunque, per ciò che riguarda la Triplice Alleanza, l’articolo VII stabiliva che l’Italia aveva diritto a compensi territoriali dall’Austria nel caso che essa si espandesse nei Balcani, il che era avvenuto con l’annessione unilaterale della Bosnia-Erzegovina. Il ministro degli esteri italiani Guicciardini si mise pertanto in contatto con i suoi omologhi di Austria e Germania; il 2 gennaio 1910 s’incontrò con l’ambasciatore austriaco Lützow, ricordandogli che bisognava applicare e precisare i contenuti dell’articolo VII; poi parlò direttamente col nuovo cancelliere della Germania, Bethmann-Hollweg, ricordandogli che era necessario procedere con l’articolo VII, in seguito all’annessione austriaca della Bosnia. Il cancelliere tedesco ammise che ciò era giusto, sostenendo però che prima di prevedere quanti territori l’Austria dovesse cedere bisognasse prima stabilire quanti territori avesse occupato (sic). In seguito, il nuovo ministro degli Esteri italiano, Antonio di San Giuliano, si incontrò con il nuovo ministro degli esteri austriaco, il Merey. Anch’egli, come già aveva fatto il cancelliere tedesco, ammise che secondo l’articolo VII l’Austria avrebbe dovuto, avendo annesso la Bosnia, cedere suoi territori all’Italia come compenso, però chiese che si aspettasse sino al prossimo rinnovo del trattato. Per farla breve, sia la Germania, sia l’Austria dovettero riconoscere che in base all’articolo VII, dopo l’annessione della Bosnia-Erzegovina l’Italia avrebbe avuto diritto a compensi territoriali, ma si rifiutarono di procedere in tale direzione, cercando pretesti e cavilli. [“Documenti diplomatici Italiani”, Roma, Libreria dello stato-Istituto poligrafico dello Stato, 1933; Die Grosse, cit., Aufzeichnung der Reichskanzler von Bethmann-Hollweg, 5 aprile 1910; “Österreich-Ungarns Aussenpolitik von der Bosnischen Krise 1980 bis zum Kriegsaubruch 1914”, Wien, Österreichischer Bundesverlag 1930-, d. 2171, Merey ad Aehrenthal, 13 maggio 1910].
4) L’impero asburgico si rese responsabile negli anni precedenti al conflitto di almeno tre autentici atti di guerra contro l’Italia, compiuti secondo modalità che oggigiorno sarebbero definite di “guerra sporca”, in modo indiretto ed il più segretamente possibile.
A) Durante la guerra italo-turca l’Austria non solo progettò d’attaccare, senza motivo ed a tradimento, l’alleata Italia (il che non avvenne solo per merito della Germania), ma diede appoggio politico e militare nascosto alla Turchia, incitando Istanbul a continuare il conflitto e fornendogli armi e finanziamenti. In Libia era la Germania che, sia direttamente con suoi agenti segreti ed ufficiali, sia indirettamente e per il tramite della Turchia, mandava istruttori militari, armi ed oro, per alimentare la guerriglia contro l’Italia e suscitare l’insurrezione, servendosi in questo di sommergibili.
B) in Albania l'Austria, impossibilitata dalla guerra a dispiegare un'azione aperta, inviava segretamente armi e denari, fomentando le insurrezioni locali.
C) In Abissinia era ancora l'Austria che esercitava un'opera d'accanita sobillazione ai nostri danni presso il negus ligg Jasù (con cui si era in piena pace), incitandolo ad invadere Eritrea e fornendolo d'artiglierie.
Questi furono soltanto i fatti più gravi, ma ne furono molti altri perpetrati dagli austro-tedeschi nel periodo di neutralità che erano comunque contrari al diritto internazionale e lesivi della sovranità nazionale italiana.
Questi erano atti di guerra, che ponevano l’Austria e la Germania in stato di guerra di fatto, ma non dichiarata, con l’Italia, quando essa era ancora neutrale ed erano in corso trattative diplomatiche. Anche se formalmente è stata l’Italia a dichiarare guerra all’Austria ed alla Germania, di fatto sono stati questi due imperi ad iniziarla, aggredendo proditoriamente lo stato italiano.
Si dovrebbe aggiungere ancora che il comportamento austriaco fu tutt’altro che corretto anche sotto altri aspetti nei confronti di un paese alleato come l’Italia. Ad esempio, la marina imperiale aveva fatto spargere mine in Adriatico senza prendere le debite assicurazioni contro il loro spostamento e diffusione, con il risultato che esse talora finirono in acque territoriali italiane, provocando l’affondamento di navi italiane e la morte degli equipaggi. L’Austria rimase inerte anche dopo le proteste ufficiali del governo italiano, continuando con quella che si configurava quale una violazione delle norme del diritto internazionale marittimo. Frattanto venivano segnalate reti spionistiche dell’Austria e della Germania che operavano in Italia settentrionale ed a Roma.
5) A tutto questo s’aggiunga il regime di guerra di fatto attuato dall’impero asburgico sin dal lontano 1866, non contro lo stato italiano ma contro la nazione italiana, a causa delle gravissime misure persecutorie contro gli italiani sudditi dell’imperatore che vivevano in Dalmazia, Venezia Giulia, Trentino, con la finalità (da parte dell’impero) di cancellarne l’esistenza culturale e l’identità nazionale.
La pulizia etnica imperiale fu senz’altro fra le cause dell’ingresso in guerra dell’Italia. Essa è abitualmente trascurata dalla storiografia quando si elencano le ragioni del conflitto. Eppure all’epoca esisteva consapevolezza sia nell’opinione pubblica italiana, sia nella classe dirigente, di ciò che stava succedendo nel Trentino, nella Venezia Giulia, in Dalmazia, il che pesò fortemente nella decisione finale d’entrare in guerra.
Una testimonianza ufficiale ed al più alto livello è la stessa dichiarazione di guerra dell’Italia alla Duplice monarchia, che enumera le motivazioni della decisione, fra cui anche la snazionalizzazione patita dagli italiani ad opera dell’impero asburgico:
«Non sarà fuori di luogo osservare che, cessata l'alleanza, è cessata la ragione dell'acquiescenza, determinata per tanti anni nel popolo italiano del desiderio sincero della pace, mentre rivivono le ragioni della doglianza per tanto tempo volontariamente repressa per il trattamento al quale le popolazioni italiane in Austria furono assoggettate. Patti formali a tutela della nostra lingua, della tradizione e della civiltà italiana nelle regioni abitate dai nostri connazionali, sudditi della Monarchia, non esistevano nel Trattato. Ma quando all'Alleanza si volesse dare un contenuto di pace e d'armonia sincera, appariva incontestabile l'obbligo morale dell'alleato di tener in debito conto anzi di rispettare con ogni scrupolo, il nostro interesse costituito dall'equilibrio etnico nell'Adriatico. Invece la costante politica del Governo austro-ungarico mirò per lunghi anni alla distruzione della nazionalità e della civiltà italiana lungo le coste dell'Adriatico. Basterà qualche sommaria citazione di fatti e di tendenze, ad ognuno già troppo noti sostituzione progressiva dei funzionari di razza italiana con funzionari d'altra nazionalità; immigrazione di centinaia di famiglie di nazionalità diverse; assunzione a Trieste di Cooperative di braccianti estranei; decreti Hohenlohe diretti ad escludere dal Comune di Trieste e dalle industrie del Comune, impiegati regnicoli; snazionalizzazione dei principali servizi del Comune di Trieste e diminuzione delle attribuzioni municipali; ostacoli d'ogni sorta all'istituzione di nuove scuole italiane; regolamento elettorale con tendenza antitaliana; snazionalizzazione dell'amministrazione giudiziaria; la questione della Università, che formò pure oggetto di trattative diplomatiche; snazionalizzazione delle compagnie di navigazione; azione di Polizia o processi politici tendenti a favorire le altre nazionalità a danno di quella italiana; espulsioni metodiche ingiustificate e sempre più numerose di regnicoli. La costante politica del Governo Imperiale e Reale riguardo alle popolazioni italiane soggette, non fu unicamente dovuta a ragioni interne o attinenti al gioco delle varie nazionalità contrastanti nella Monarchia; essa invece apparve inspirata in gran parte da un intimo sentimento d'ostilità e d'avversione riguardo all'Italia, dominante in alcuni circoli più vicini al Governo austro-ungarico ed avente una determinante influenza sulle decisioni di questo. »
È banale osservare che così scrivendo il governo ed il parlamento indicavano ufficialmente fra le cause del conflitto proprio la snazionalizzazione subita dagli italiani, che in verità fu molto più grave di quanto non appaia dalla breve descrizione presentata nella dichiarazione di guerra.
Ma esistono molti altri dati che suggeriscono che questa pulizia etnica abbia pesato fortemente nella decisione finale dello stato italiano, ad iniziare dalla grande diffusione nell’opinione pubblica di numerose inchieste giornalistiche sulle condizioni in cui vivevano gli italiani nell’Austria-Ungheria, scritte fra il settembre del 1914 e l’estate del 1914 ad opera di Luigi Barzini (il principale inviato de “Il corriere della sera”) e Virginio Gayda, il corrispondente de “La Stampa” da Vienna. Questi lunghe e dettagliate relazioni si aggiunsero ai numerosi articoli che molti giornali avevano pubblicato già negli anni precedenti riguardo alla pulizia etnica, alzando di molto l’animosità di larga parte dell’opinione pubblica contro l’Austria.
Una panoramica complessiva dei rapporti diplomatici fra Italia ed impero asburgico immediatamente prima della guerra si ritrova nel saggio di Luciano Monzali L. MONZALI, Italiani di Dalmazia: dal Risorgimento alla grande guerra, Firenze 2011, pp. 185-297. Non potendosi certo riportare un intero e denso capitolo ci si può limitare a citare una frase significativa di questo storico, che nel suo libro ammette la realtà della snazionalizzazione perseguita dall’impero: “Dall’estate 1913 la questione nazionale italiana in Austria ritornò al centro dei rapporti italo-austriaci, senza più uscirne”. (Ibidem, p. 271).
Queste sono state, tutte, violazioni del trattato della Triplice da parte dell’Austria, avvenute ben prima del 1915 e tali da configurare un autentico tradimento.
Non può esistere dubbio alcuno pertanto su cui abbia tradito il patto della Triplice Alleanza: l’impero asburgico. L’Austria temeva ed avversava l’Italia e si comportò con autentica perfidia (etimologicamente “mancanza di fedeltà”) in diversi modi, tradendo ripetutamente le clausole d’alleanza e perpetrando inoltre atti di guerra ed aggressione contro lo stato italiano e le sue forze armate, per molti anni e ben prima della dichiarazione di guerra italiana.
L’intervento in guerra italiano nel 1915 fu praticamente reso inevitabile dalle continue aggressioni imperiali e dalla minaccia costante portata da Vienna all’esistenza dello stato e dello stesso popolo italiani. (Marco Vigna)
view post Posted: 23/8/2020, 13:29 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
Francesco Giuseppe ordinò la “persecuzione” degli italiani in Trentino, Venezia Giulia e Dalmazia. Secondo alcuni storici la decisione dell’imperatore rimase solo sulla carta. Ma un’attenta ricostruzione su fonti originali dimostra che, purtroppo, non fu così. E questa politica fu alla base delle successive tensioni tra italiani e slavi…

https://www.indygesto.com/dossier/10515-il...8j0gQ7ohRNcmydE
view post Posted: 27/4/2019, 00:01 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
Gli italiani erano maltrattati dai commilitoni e per di più osteggiati e perseguitati dagli ufficiali. A loro erano demandati i servizi più pericolosi ed i lavori maggiormente pesanti, mentre erano duramente puniti per le più minime mancanze e tenuti sotto una disciplina particolarmente rigida. Erano inoltre discriminati nelle onorificenze, nelle promozioni, persino nella concessione di licenze e nelle cure sanitarie. Il trattamento era comunque assai duro ed era frequentissimo che gli ufficiali si rivolgessero agli italiani con insulti razzisti di ogni sorta, che sono spesso riportati nelle memorie degli ex combattenti.

www.facebook.com/marco.vigna.3/posts/10218598808912057
view post Posted: 16/3/2019, 17:44 La lunga durata dell’Italia come nazione - »Storia d'Italia
Il nazionalismo in senso stretto non sarebbe la causa della nazione, bensì un effetto che è sorto in alcune civiltà (non tutte e non necessariamente) in seguito a processi culturali anzitutto simbolici, che avrebbero portato ad una politicizzazione accentuata di una appartenenza etnica preesistente.

http://www.nuovomonitorenapoletano.it/inde...JEBe0AuQhw7bkiE
view post Posted: 14/12/2017, 23:51 L’Alto Adige tra i punti del negoziato per la formazione del governo austriaco - »Segnalazioni Anti-Italianismo
Testo integrale:

La Südtiroler Volkspartei (SVP), maggior partito della Provincia autonoma di Bolzano e difensore degli interessi dei gruppi linguistici tedesco e ladino, si è fatta promotrice dell’ottenimento per i cittadini della provincia del passaporto austriaco per mezzo di una lettera inviata al Cancelliere in pectore austriaco, Sebastian Kurz, controfirmata da 7 suoi consiglieri oltre che da 12 dei gruppi attualmente all’opposizione nel consiglio, tra cui gli indipendentisti di Die Freiheitlichen e i rappresentanti del Movimento 5 Stelle.

«Gli altoatesini hanno perso la loro cittadinanza austriaca con l’annessione involontaria dell’Alto Adige da parte dell’Italia. Il recupero della cittadinanza sarebbe ora un atto di riparazione» questo l’incipit della missiva che chiede, per l’appunto, la concessione della cittadinanza ai sudtirolesi come punto da inserire nel programma del prossimo, ormai più che probabile, governo fra il popolare Kurz ed il leader della formazione di destra FPÖ, Heinz-Christian Strache.

Quest’ultimo, peraltro, è da tempo favorevole ad un riconoscimento del diritto di cittadinanza ai bolzanini, tanto che fra i punti del programma con cui si è presentato alle scorse elezioni di ottobre vi era proprio questo argomento.
Philipp Achammer, Presidente dell’SVP, ha fatto sapere che incontrerà lo stesso Kurz a breve per discutere della questione.


https://www.election-day.net/lalto-adige-t...erno-austriaco/

[IMG]https://upload.forumfree.net/i/fc7671913/sudtirolo_e1513174028723.jpg

sudtirolo_e1513174028723_0
view post Posted: 13/12/2017, 22:32 L’Alto Adige tra i punti del negoziato per la formazione del governo austriaco - »Segnalazioni Anti-Italianismo
«Gli altoatesini hanno perso la loro cittadinanza austriaca con l’annessione involontaria dell’Alto Adige da parte dell’Italia. Il recupero della cittadinanza sarebbe ora un atto di riparazione»

https://www.election-day.net/2017/12/13/la...erno-austriaco/
view post Posted: 26/11/2016, 01:26 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
http://www.ilprimatonazionale.it/cultura/g...n-sapere-53464/

"L’Unità italiana del 1861 e l’acquisto del Veneto, avvenuto con la controversa Terza Guerra d’Indipendenza nel 1866, intimorirono il governo di Vienna e ne scatenarono gli intenti persecutori verso gli Italiani rimasti sudditi della Corona austriaca: Trentini, Giuliani e Dalmati. Se Radetzki proclamò che «bisogna slavizzare la Dalmazia per toglierla alla pericolosa signoria intellettuale di Venezia alla quale le popolazioni italiane si rivolgono con eccessiva ammirazione», nel Consiglio della Corona del 12 novembre 1866 l’Imperatore Francesco Giuseppe dette precisa disposizione di «opporsi in modo risolutivo all’influsso dell’elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione, a seconda delle circostanze, delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo».

Nei decenni successivi, l’opera snazionalizzatrice degli Asburgo verso Trentini, Giuliani e Dalmati si estrinsecò in varie misure amministrative, quali: la germanizzazione o la slavizzazione dei cognomi italiani da parte delle parrocchie (nell’Impero Asburgico l’anagrafe era gestita dal clero); il sostegno attivo delle autorità imperiali alle forze politiche tedesche e slave nelle elezioni municipali e dietali, fino al ricorso a veri e propri brogli (in tal modo le autorità agevolarono la conquista da parte dei partiti slavi della maggioranza all’interno della Dieta di Dalmazia nel 1870 e delle principali municipalità dalmate, quali Sebenico nel 1873 e Spalato nel 1882); la tolleranza, da parte delle autorità di polizia, delle violenze degli attivisti slavi nei confronti di singoli cittadini italiani e di associazioni e istituzioni culturali delle comunità italiane; lo scioglimento delle associazioni culturali italiane quale la “Pro Patria” di Trieste, attiva tra il 1885 e il 1890; l’abolizione dell’insegnamento della lingua italiana in ben 450 scuole su 459 dell’intera Dalmazia; la falsificazione palese e grossolana dei dati dei censimenti, in modo da sminuire il numero degli Italiani a favore degli Slavi; la repressione violenta delle proteste popolari italiane, come avvenne a Trieste con gli eccidi del 1868, del 1903 e in altre occasioni.

Anche dopo la stipula del Trattato della Triplice Alleanza, l’atteggiamento di Francesco Giuseppe verso l’Italia non si modificò sostanzialmente. Nel 1904 Austria-Ungheria e Russia firmarono un patto segreto con cui i due Stati si impegnavano alla neutralità assoluta in caso di conflitto con una terza potenza. Questo patto segreto non fu comunicato all’Italia, ma solo alla Germania, perché, come illustrò Francesco Giuseppe in una sua lettera a Guglielmo II di Hohenzollern, esso era stato immaginato proprio in vista di un conflitto con l’Italia. Dopo il terremoto di Messina (1909) e durante la guerra di Libia (1911) il capo di stato maggiore austriaco Conrad von Hötzendorf richiese per due volte un attacco a tradimento contro l’Italia, paese alleato.

AsburgoSeguirono reiterate violazioni da parte dell’Austria-Ungheria dell’art. 7 del trattato della Triplice Alleanza, che prevedeva l’obbligo della “mutua informazione” e della “compensazione reciproca” in caso di “modifiche dello statu quo territoriale in Oriente”. Ciò avvenne in occasione dell’annessione unilaterale austriaca della Bosnia-Erzegovina nel 1908, in violazione dei pregressi accordi con cui l’Austria si era impegnata a mantenere unicamente un protettorato; e dell’aggressione austriaca alla Serbia nel luglio 1914, a riguardo della quale l’Ambasciatore austriaco a Roma scrisse: «Dato che il carattere della Triplice Alleanza è puramente difensivo; dato che le nostre misure contro la Serbia possono precipitare una conflagrazione europea; e infine, dato che non abbiamo preventivamente consultato questo governo, l’Italia non sarebbe stata obbligata a unirsi a noi nella guerra». Per inciso, anche lo scoppio della Prima Guerra Mondiale dimostra che la maggior parte delle guerre, a discapito della “vulgata” che tende ad attribuirne la responsabilità agli Stati Nazionali, sono in genere il frutto delle ambizioni sopraffattrici di potenze imperialistiche, spesso plurinazionali, a danno di Stati Nazionali."
view post Posted: 25/10/2016, 14:11 Renzi svende l’italiano in cambio Sì della Svp al referendum - »Segnalazioni Anti-Italianismo
http://www.secoloditalia.it/2016/09/bolzan...-al-referendum/

Via il tricolore e il nome in italiano dai luoghi simbolo dell’Alto Adige in cambio del Sì della Südtiroler Volkspartei (Svp) al referendum sulle riforme. Una storia di pulizia linguistica che in altri Paesi farebbe balzare dai salotti perbene professori e letterati, oltre che i politici, ma che qui in Italia si lascia realizzare nel silenzio.

La manovra è scientifica: da anni la Svp provava ad affondare il colpo attraverso un’operazione di riscrittura integrale delle denominazione di piccole valli, laghetti, località, ruscelli, cime di montagna, tanto care agli amanti di quelle terre, che oggi sfoggiano nomi bilingui. Perlomeno sulla carta. E’ già da qualche tempo, infatti, che, a cominciare dai sentieri di montagna frequentatissimi da residenti e turisti di ogni parte, per finire alle tabelle dei nomi delle strade dei paesi, le amministrazioni locali e certe associazioni turistiche hanno cominciato a togliere le dizioni in lingua italiana.

Prima una e poi l’altra sono diventati migliaia i cartelli monolingui, nonostante lo Statuto di Autonomia imponga il bilinguismo.
view post Posted: 3/5/2016, 14:20 Il genocidio asburgico. 1866-1918 - »Segnalazioni Anti-Italianismo
https://felicitamodna82.wordpress.com/tag/sud-tirol/

Ora, così a naso, la cosa mi sembrava parecchio strana. Possibile che nessuno storico avesse parlato di questa “voglia genocida”? Come mai, ricercando con google, l’intera galassia nazionalista italiana stava riportando allarmata la vicenda, con le stesse parole su tutte le piattaforme di discussione su internet? D’ altronde, però, finché la cosa rimaneva sui forum nazionalisti, poteva essere ignorata. E’ chiaro che ognuno ha diritto a fare le proprie scelte riguardo alla militanza politica, e a cantarsele e suonarsele fra simili secondo le proprie convinzioni, cosa che facciamo quasi tutti quando prendiamo posizione su un tema da “esseri umani” e non da professionisti. Al massimo avrei potuto fare chiarezza in vista della discussione della mia tesi dottorale in tutta calma e tenere i risultati per me e la cattedra di Storia Europea dell’Università di Salisburgo.
view post Posted: 28/2/2016, 21:42 Titolo Ironicizzante - »Libera Discussione 2
Garibaldi meglio di Leonida
Posted on giugno 2, 2010 di debernardi
di Paolo De Bernardi
I MILLE CHE SCONFISSERO GLI OTTANTAMILA E SI IMPADRONIRONO DI UN REGNO DI 9 MILIONI DI ABITANTI!
Ai tempi dei Borbone, la stampa europea filoliberale enfatizzò fino all’inverosimile una lettera che lord Gladstone, ministro degli esteri inglese, aveva inviato a lord Aberdeen nel 1851, nella quale l’inglese riferiva di una visita, che poi si scoprì non essere mai avvenuta, nelle carceri napoletane, e lì avrebbe scoperto che "il governo borbonico rappresenta l’incessante, deliberata violazione di ogni diritto; l’assoluta persecuzione delle virtù congiunta all’ intelligenza, fatta in guisa di colpire intere classi di cittadini, la perfetta prostituzione della magistratura, come udii spessissime volte ripetere; la negazione di Dio, la sovversione d’ogni idea morale e sociale eretta a sistema di governo"(1). Questo ritratto, fatto dal menzognero ministro fu fatto circolare e diffondere dalle varie ambasciate britanniche in Europa, al fine di preparare l’opinione pubblica europea ad una guerra prossima contro il Regno, da far fare al Piemonte sabaudo sotto la veste dell’unificazione. Nelle storiografie ad usum delphini si veicolano luoghi come questi: lo stato meridionale preunitario sarebbe stato decadente e arretrato, con un’economia ancora medievale e improduttiva; la sua povera industria, dopo l’Unità sarebbe andata in crisi a causa della concorrenza dei prodotti del Nord. Il regime borbonico sarebbe stato burocratico e dispotico, oscurantista….Questi luoghi comuni, diffusi da giornali e manualistica, dovevano occultare i seguenti fatti.
Il Regno delle Due Sicilie ebbe, nella rassegna internazionale di Parigi del 1856 il terzo posto in Europa per lo sviluppo industriale (dopo Inghilterra e Francia) L’opificio reale di Pietrarsa è al momento dell’Unità, la più grande fabbrica d’Italia, in grado di costruire motrici navali, vagoni e locomotive ferroviarie. Industria che fu fatta fallire dal governo piemontese, quando volle affidare le commesse industriali alla Francia, nel momento in cui si trattò di ampliare le ferrovie. Il primo vascello a vapore del mediterraneo fu costruito nelle Due Sicilie. Sta a Napoli il più grande bacino di carenaggio in muratura d’ Italia. La flotta duosiciliana rappresenta l’80% del naviglio di tutta Italia,formando la prima flotta mercantile d’Italia, la prima Compagnia di navigazione del Mediterraneo, la prima flotta italiana giunta in America del Nord; si tratta insomma della quarta flotta del mondo! Questa nel Mediterraneo è seconda solo agli Inglesi. essa per prima riuscirà a ottenere dalla Russia la concessione di poter trafficare commercialmente nel Mar Nero (provate a indovinare a chi fece ombra la cosa?) Quella stessa che nel 1838 aveva osato attraversare il Pacifico, quasi mare privato di inglesi e americani, per fare da lì un carico di spezie in India. A Napoli, le grandi fabbriche di vetri e cristalli esportano e competono con quelle di Francia e Germania. Due terzi della produzione tessile è destinata all’esportazione verso gli Stati Uniti. La cartiera di Fibreno è la più grande d’Italia e una delle maggiori in Europa, dove lavorano 500 operai. I prodotti legati al grano duro vengono esportati in Russia, America, Grecia, ecc., da uno Stato che, al momento dell’Unità produceva il 50% dei cereali e legumi di tutta Italia, il 50% di patate, il 60% dell’olio, il 100% di agrumi e cotone, l’80% di frutta e tabacco, il 50% di ovini e caprini, il 60% di equini, il 55% di suini. Insomma siamo nello Stato che ha costruito il primo ponte in ferro sospeso in Italia,, il primo telegrafo elettrico in Italia, la prima ferrovia e prima stazione d’Italia, la prima illuminazione a gas di città in Italia. Siamo nello Stato con la più mite imposizione fiscale. Le imposte dal 1816 al 1860 restarono immutate.. Siamo nello Stato col minor tasso di mortalità infantile. Siamo nello stato che viaggiatori contemporanei provenienti da vari paesi europei scoprono, con sorpresa, contro quanto disegnato dalla stampa britannica, florido, dove la fame è sconosciuta, la vita costa pochissimo e la criminalità è quasi nulla. Basti dire che da un’indagine parlamentare intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento (Brofferio), mentre nel napoletano non c’erano state esecuzioni capitali, in Francia ve ne furono 45 all’anno e nel regno sardo 28. In Inghilterra, negli stessi anni, si contano 800 fustigazioni all’anno, mentre nelle Due Sicilie 4.
Il Banco di Napoli aveva una riserva aurea di circa quattro volte superiore di quella di tutte le restanti banche d’Italia messe insieme. I 443 milioni di lire oro, pari a circa 200 miliardi di euro attuali, furono predati da quella nuova entità statale, che altro non era che estensione del regno sabaudo.
Le vere ragioni per cui la Gran Bretagna non tollera un Regno delle due Sicile così com’è, ragioni che gli storici conformisti sono chiamati a occultare, sono le seguenti. Il Regno delle due Sicilie produce la quasi totalità (90%) dello zolfo del mondo (solfare siciliane), elemento indispensabile per le armi da sparo, che non aveva voluto concedere lo sfruttamento e il monopolio di tali miniere all’Inghilterra, al punto che ne stava per scoppiare una guerra (1836). Insomma l’annullamento di questo potente Regno, da compiersi attraverso la sua piemontesizzazione, che ne avrebbe abbattuto la politica agricola con il protezionismo del 1887 e annullato il potenziale industriale con l’affidare a industrie estere le commesse statali o alle poche del nord Italia, interessava a qualcuno più di tutti, ma che i manuali lasciano nell’ombra: "…è evidente che è stata volutamente lasciata nell’ombra la mano che diresse tutte le fasi dell’Unità d’Italia, la nazione che più di ogni altra intendeva beneficiare di questa nuova realtà politica: l’Inghilterra, o per meglio dire la Massoneria inglese e non solo" (2).
Gli storici politicamente corretti continuano meccanicamente ad accreditare l’immagine di un Garibaldi eroe solitario che con mille ladroni (così Garibaldi li definì in un discorso del 5 XII 1861 al parlamento di Torino) avrebbe sconfitto un esercito di 50.000 o 80.000 uomini! Gli è pari solo Leonida! Alla domanda insopprimibile di come coi suoi Mille si sia potuto impadronire di un Regno di 9 milioni di persone gli storici conformisti non possono dirvi che i Mille furono accolti dalla popolazione festante, perché le spedizioni dei Fratelli Bandiera nel 1844 e poi quella di Pisacane nel 1957 erano fallite; anche se Mazzini rassicurava quei poveri martiri che sbarcando al sud Italia avrebbero trovato le masse contadine pronte ad accoglierli e ad unirsi a loro contro i Borbone. Invece il popolo li uccise; essi credettero alla propria stessa propaganda (anzi di Mazzini, che però non partecipò agli sbarchi), secondo la quale il popolo meridionale non vedeva l’ora di essere liberato dai Borbone per unirsi all’Italia piemontese. Se poi vedete le percentuali di meridionali che si arruolano coi Cacciatori delle Alpi o coi Mille, trovate percentuali irrisorie.Che cosa vi dice allora lo storico conformista? 1. Che Garibaldi e i suoi si muovono rapidamente sul territorio, contando su l’effetto sorpresa e tecniche di guerriglia, essendo banda di irregolari (!); 2. Che dopo la prima vittoria contro l’esercito regolare i mille possono contare su un fattore psicologico, che sarebbe questo; i borbonici oramai si sentono "abituati a perdere" contro i garibaldini, quindi ogni volta che li vedono si….predispongono ad una sconfitta (!!); 3 L’esercito borbonico era "disorganizzato" a tal punto che….quasi si autosconfisse (!!!), facendovi capire che questi soldati non sapevano stare in riga, non sapevano caricare il moschetto..ecc. Insomma sono disposti ad arrampicarsi sugli specchi pur di non dirvi la verità, e cioè queste cose: 1 Che a proteggere lo sbarco a Marsala (che tra l’altro avveniva sul molo di un esportatore di vini inglese) c’erano 4 navi da guerra inglesi, prima la Argus e l’Intrepid, poi la Amphion e la Hannibal, comandata da Mundy ,che fa perfino una relazione della vicenda (3), quindi manco a dire che manchi la documentazione. Dopo lo sbarco, il viceconsole inglese sull’isola Cossins accompagnò a cavallo per qualche kilometro i garibaldini e fece da tramite per le lettere che l’eroe nizzardo spediva a giornali o personaggi politici 2. A Londra si procede all’arruolamento di una legione garibaldina, i cui volontari, per non dare nell’occhio, venivano registrati come escursionisti-turisti dell’Etna. I bandi per la raccolta di volontari furono pubblicati dal "Daily News"(4). Questi altri mille furono un altro dei tanti sbarchi che si successero sotto la protezione delle navi inglesi e piemontesi (circa 17 sbarchi,finché le camicie rosse divennero 25.000). 3. Mazzini a Londra bussa presso le varie logge e presso grossi industriali che fiutano affari d’oro ad una eventuale scomparsa del regno meridionale; questo, sommato a quanto sborsano altre logge americane, canadesi e scozzesi, consente di raggiungere la notevole cifra di 3 milioni di franchi oro, senza contare i 2 milioni di franchi oro dati da Cavour alla Società nazionale(5); altro che 92.000 lirette, come ci racconta la storia ufficiale, come sola disponibilità degli eroi! (tutto questo non potrebbe avvenire senza lascia passare inglese, visto che a capo della Gran Loggia Madre inglese c’è la regina) 4 Questi soldi servirono a corrompere i vertici dell’esercito borbonico. Una vignetta su un giornale del tempo (Charivari) raffigura i soldati dell’esercito borbonico con la testa di leone, gli ufficiali
con la testa d’asino, i generali senza testa e con le tasche piene di soldi. Le prove? Il generale Fileno Briganti, che aveva lasciato Reggio nelle mani dei garibaldini senza combattere fu ucciso a Mileto dai suoi soldati al grido "fuori il traditore" dopo che era stata intercettata una lettera a lui rivolta da Garibaldi che lo invitava ad un incontro segreto. I comandanti Giuseppe Caldarelli e Giuseppe Ghio furono sottratti dai garibaldini alla minaccia di linciaggio dei propri soldati. Il generale Landi si ritirò a Palermo invece di affrontare i garibaldini; si conosce il prezzo del suo tradimento: 14.000 ducati. Si parla di almeno 16 alti ufficiali che tradirono (6).. Decisivo fu il tradimento di Luigi Conte d’Aquila, fratello di Ferdinando II, che riuscì a portare nella setta massonica molti comandanti delle navi da guerra…(tant’è che l’ammiraglio piemontese Persano scriveva a Cavour il 6 agosto 1860:"Gli stati maggiori di questa marina si possono dire tutti nostri, pochissime essendo le eccezioni" [7])
Quando anni dopo Garibaldi si recò 25 giorni in Inghilterra (per ringraziare?), al Christal Palace fece riferimento agli aiuti ricevuti da Palmerston, Gladstone e Russel , e disse:"Parlo di ciò che so, perché la regina e il governo inglese si sono stupendamente comportati verso la nostra natia Italia. Senza di essi noi subiremmo ancora il giogo dei Borbone a Napoli; se non fosse stato per l’ammiraglio Mundy non avrei giammai potuto passare lo stretto di Messina…il popolo inglese ci ha assistito nella nostra guerra al sud Italia" (8) questo dichiarò Garibaldi nell’aprile 1864. Non oseranno gli storici politicamente corretti indagare su quel corrispondente del Times, l’ungherese Eber, che forniva a Garibaldi informazioni sul Regno duosiciliano; nulla ci dicano, per favore, di quell’agente del governo inglese, che accompaganva Garibaldi come un ombra, cioè:Laurence Oliphant; sciuperemmo il mito dell’eroe solitario…
Se all’esterno e sul piano geopolitico e internazionale un tale Stato proiettato sul Mediterraneo (da poco era iniziato lo scavo del canale di Suez) faceva ombra alla maggior potenza coloniale, sul piano interno e sociale cos’è che disturbava? Disturbava terribilmente un modello di stato che non dà spazio agli speculatori; disturbava un modello di stato che non consente l’accumulazione dei beni nelle mani delle élites rapaci; come? I Borbone limitarono e colpirono l’accumulazione latifondista con l’imposta detta "fondiaria". Moltissimi beni feudali furono assegnati ai Comuni affinché li distribuissero ai contadini nullatenenti in enfiteusi perenne (il contrario della guerra sociale che il liberismo fa al mondo contadino, in quanto questo è detentore delle risorse alimentari). Istituirono un protezionismo doganale a difesa dei manufatti e prodotti agricoli duosiciliani. Istituirono la proibizione delle attività speculative (sul modello degli antichi regolamenti annonari), e cioè solo dopo che fosse stato saturato il mercato interno si potevano vendere altrove le eccedenze, in particolare dei beni di prima necessità; introdussero la "calmierazione al ribasso" dei prodotti della terra, cioè questi beni non potevano essere pagati ad un prezzo inferiore a quello stabilito dallo Stato. Tutti provvedimenti che favorivano la distribuzione della ricchezza limitando gli squilibri sociali; tutti provvedimenti che facevano digrignare i denti agli speculatori, a quelli che sostengono lo slogan "meno stato più mercato", a quei liberisti che invocano la deregulation, quella che consente l’accumulazione capitalistica ai danni delle fasce più deboli; quelli che insomma, dopo l’unità d’Italia, si impossessarono, tra terre tolte agli istituti religiosi e terre demaniali destinate a usi comuni, di più di due milioni e mezzo di ettari di terra (2.565.253, secondo E. Sereni), prevalentemente in Italia meridionale Lazio e Isole. Questo, unito allo smantellamento della economia del sud, col togliergli le commesse e col protezionismo del 1887, determinerà da lì fino allo scoppio della Grande Guerra 14.000.000 di emigrati dal sud Italia!
Ora capite perché gli storici addestrati (quando non sono i servizi segreti stessi a scrivergli la traccia) allorché scrivono della società e politica inglesi usano, oramai meccanicamente (tale che nella mente della gente divenga cliché) i seguenti aggettivi: dinamico, flessibile, moderno, progredito; quando invece si tratta di scrivere del Regno delle due Sicilie, costruiscono il cliché coi seguenti: oscurantista, retrogrado, rigido, gretto, statico (qui, dove c’erano 32 conservatori, 761
istituti di beneficienza, 1131 monti frumentari; dove il teatro S.Carlo nasceva 40 anni prima della Scala; con regge come Capodimonte, Caserta, Portici) Stessa scelta di aggettivi si ha quando si scrive di paesi che non abbiano adottato lo stesso modello politico e soprattutto economico anglosassone.
Ma il Regno delle Due Sicilie, sotto i Borbone, grazie a quell’illiberale legge che proibiva la speculazione non conobbero la terribile esperienza irlandese del 1847: il popolo che moriva di fame vedeva il grano e i bovini andarsene sotto scorta armata in Inghilterra, mentre questa col freddo occhio malthusiano guardava a quel milione che morivano di fame senza batter ciglio:al grande banchetto della natura non c’è posto per tutti, diceva Malthus, è perciò "naturale" che i poveri periscano; nessun abominio del cosidetto "mercato"; possiamo osservare senza sensi di colpa la morte per fame di quel milione di persone; è la natura! Perciò tranquilli, anche per ciò che accade in Africa oggi: se si tolgono terre e risorse ai popoli, non è abominio del libero mercato, ma è la natura che vuole che i poveri periscano; non sentiamoci in colpa.
NOTE
(1) ALIANELLO C., La conquista del Sud, Milano 1982, p.8; AA.VV., La storia proibita. Quando i Piemontesi invasero il Sud, Napoli 2001, p.117 (2) AA.VV,, La storia proibita, cit., p. 136 (3) MUNDY G.R., La fine delle Due Sicile e la marina britannica, 1863, riedito Napoli 1966. (4) DE BIASE E., L’Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie, Napoli 2002, p.. 126-127, avvalendosi di documenti e testi di storici inglesi, citato in DI FIORE G., Controstoria dell’unità d’Italia, Milano 2007, p 97 (5) Si veda DI VITA G.,Finanziamento della spedizione dei mille, in AA.VV., La liberazione d’Italia nell’opera della massoneria, Foggia, 1990, p.379, citato in DI FIORE, op. cit., p. 397 (6) Documenti dell’archivio Giuseppe Catenacci, riportati da DI FIORE, I vinti del risorgimento, Torino 2004, p.31 (7) Carteggi di Cavour, La liberazione del Mezzogiorno, vol II, n.553, citato in AA.VV., La storia proibita, cit., p. 147 (8) O’CLERY P.K., La rivoluzione italiana, il testo è di fine Ottocento, ripubblicato in tr. It., Milano 2000, p.374, citato in DI FIORE G., Controstoria dell’unità d’Italia, cit. p.100. Palmerston allora controllava da cima a fondo Giuseppe Mazzini e la sua "Giovane Europa" Degli inglesi che lo avevano aiutato ad attraversare lo stretto, Garibaldi disse: "io fui per la centesima volta il loro protetto" GARIBALDI G., Memorie, Milano 1982, pp. 252-253; AA.VV., La storia proibita, cit. p. 136; D. Mack Smith (La storia manipolata, Bari 1998), che ha voluto fare un’indagine sulle manipolazioni della storia, considera quella italiana del XIX secolo come un campione di eccezionale esemplarità, facendo notare come gli archivi dei Savoia degli anni Cinquanta e Sessanta siano spariti o comunque inaccessibili allo storico (a lui stesso tale accesso è stato ripetutamente negato). Per capire chi era e come veniva considerato ai suoi tempi Garibaldi, sentite cosa scriveva il 13 settembre 1860 il giornale torinese"Piemonte"in un articolo intitolato "Il creduto prodigio di Garibaldi". "Le imprese di Garibaldi nelle Due Sicilie parvero sinora così strane che i suoi ammiratori han potuto chiamarle prodigiose. Un pugno di giovani guidati da un audacissimo sconfigge eserciti, piglia d’assalto le città in poche settimane, si fa padrone di un reame di nove milioni di abitanti. E ciò senza navigli e senz’armi… Altro che Veni, Vedi, Vici! Non havvi Cesare che tenga a petto di Garibaldi. I miracoli però non li ha fatti lui ma il generale Nunziante e li altri ufficiali dell’esercito che, con infinito onore dell’armata napoletana, disertarono la loro bandiera per correre sotto quella del nemico; i miracoli li ha fatti il Conte di Siracusa colla sua onorevolissima lettera al nipote; li ha fatti la Guardia Nazionale che, secondo il solito, voltò le armi contro il re che gliele avea date poche ore prima; li ha fatti il Gabinetto di Liborio Romano il quale, dopo aver genuflesso fino al giorno di ieri appié del trono di Francesco II, si prostra ai piedi di Garibaldi. Con questi miracoli ancor io sarei capace di far la conquista, non dico della Sicilia e del Reame di Napoli, ma dell’universo mondo. Dunque non state a contare le prodezze di Sua Maestà Garibaldi I. Egli non è che il comodino della rivoluzione. Le società segrete che hanno le loro reti in tutto il paese delle Due Sicilie, hanno di lunga mano preparato ogni cosa per la rivoluzione. E quando fu tutto apparecchiato si chiamò Garibaldi ad eseguire i piani [...]. Se non era Garibaldi sarebbe stato Mazzini, Kossuth, Orsini o Lucio della Venaria: faceva lo stesso. Appiccare il fuoco ad una mina anche un bimbo può farlo. Di fatto vedete che dappertutto dove giunge Garibaldi la rivoluzione è organizzata issofatto, i proclami sono belli e fatti, anzi stampati. In questo modo credo che Garibaldi può tranquillamente fare il giro del mondo a piantare le bandiere tricolori del Piemonte. Dopo Napoli Roma, dopo Roma Venezia, dopo Venezia la Dalmazia, dopo la Dalmazia l’Austria, caduta l’Austria il mondo è di Garibaldi, cioé del Piemonte! Oh che cuccagna! Torino capitale dell’ Europa, anzi dell’orbe terracqueo. E noi torinesi padroni del mondo!"

Le vostre pareri? In particolare quelle di Rinascimento.
view post Posted: 10/6/2014, 16:34 Saggi e Saggezza - »Libera Discussione
Grazie di nuovo Rina'. L'ultima giarnata prima che i miei genitori partono per il Belpaese! Adesso voglio espandere il tema di questo filone, aggiungendone altre domande simile all'originale.

Secondo voi quale fu lo storico Italiano piu autorevole che si e' occupato della storia Italiana nella sua ampiezza sia geografica che cronologica? Ho in mente un personaggio come a Lodovico Muratori. C'e' ne sono altri che si possono paragonare con egli?

Flavio Biondo. Avete mai letto delle sue opere? Sono difficile di trovare in commercio, sopratutto tradotte in Italiano (moderno)?
61 replies since 18/10/2011