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Le nuove identità collettive all’attacco

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view post Posted on 28/6/2020, 15:54
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Inizialmente, avevo previsto di scrivere semplicemente questa risposta alla discussione “La sostituzione dell’Inno di E.Ricucci” (https://patriottismo.forumcommunity.net/?t=61753683).

Per quello che vedo, nella repubblica dei funerali e delle quotidiane commemorazioni istituzionali di lutto, l’inno nazionale più adatto allo spirito del tempo non può essere altro che una marcia funebre! Tanto vale spostare la festa nazionale al 2 novembre e sostituire il Tricolore con un drappo nero!

Opinione confermata in me da una notizia che ho appreso questa mattina: “Mattarella a Bergamo per Requiem per vittime Covid” (a quanto pare, fare il presidente della repubblica è ormai un incarico indicato specificamente per un impresario di pompe funebri!).
Comunque, leggendo poi altre discussioni che prendono le mosse dalla vicenda di George Floyd, e che riguardano entrambe la deriva isterica del politicamente corretto e del revisionismo storico (odiatore della storia stessa in quanto fenomeno concreto, non solo come disciplina di studio), ho deciso di parlare più ampiamente.
Dopo anni che discutiamo di questi fenomeni, credo di essere giunto ad una conclusione (logica, ancorché forse provvisoria): siamo di fronte ad uno scontro di identità collettive, di cui quelle emergenti non sono più territoriali ed omogenee, ma trasversali geograficamente e socialmente. Il problema (il grosso problema, direi) è che queste ultime hanno ormai monopolizzato il “sistema”, intendendo con ciò la politica, la scuola, l’informazione, la cultura e finanche l’intrattenimento. Ogni forma di identità collettiva “classica” è stata ormai demonizzata o, nel migliore dei casi, annacquata nel mare del politicamente corretto. Le identità “forti”, oggi, sono le seguenti:
* quella delle donne;
* quella dei non-bianchi;
* quella dei non-eterosessuali;
* quella dei non-cristiani;
* quella dei disabili.
Forse ne esistono altre, ma a me per ora vengono in mente queste. Ognuna delle precedenti identità (che sono ormai trasversali nel mondo e stanno sostituendo le identità nazionali) ha i propri simboli, i propri miti e i propri rituali.
Ovviamente, per partecipare ad una di queste identità, ci sono solo due modi: a) far parte “naturalmente” di quel gruppo, oppure b) essere un “sostenitore esterno”. Chi è fortunato può trovarsi inserito contemporaneamente in più di un gruppo: il top è essere una donna, non-bianca, non-eterosessuale, non-cristiana, disabile. Praticamente, un modello per tutti, un faro di speranza e di civiltà per il mondo intero!
Come dicevo, se una persona non ha la fortuna di possedere delle caratteristiche intrinseche che le permettano di essere accolta in uno o più di questi gruppi, può solo dimostrare pubblicamente di sentirsi moralmente e socialmente partecipe. Chi, invece, non può fare la prima cosa e non vuole la seconda, è inevitabilmente tagliato fuori.
E qual è, oggi, l’unica categoria di persone che, di fatto se non ancora per legge, non ha più il diritto ad avere una propria identità autonoma ed esclusiva, né pubblica né privata? Quella dei maschi, bianchi, eterosessuali, cristiani, non-disabili. Tale categoria, infatti, può esistere solo in subordine ad una o più delle identità elencate sopra. Più nello specifico:
* il Maschio non può avere un’identità di maschio, perché ogni maschio è misogino, violentatore ed assassino di donne: l’unica soluzione per sopravvivere socialmente è sottomettersi all’identità della Donna, agire ed esprimersi solo come desidera la Donna;
* il Bianco non può esprimere la propria esistenza, perché ogni bianco è razzista, sfruttatore e colonialista: perciò, egli deve per forza rendersi schiavo del Non-bianco;
* l’Eterosessuale non può parlare o fare gesti, perché ogni eterosessuale è omofobo, discriminatore ed aggressore di persone gay, lesbo, bi, trans, ecc.: anche qui, egli deve asservirsi all’identità LGBT;
* il Cristiano, ogni cristiano, nel migliore dei casi è un bigotto schiavo della superstizione, nel peggiore è il fomentatore di sempre nuove crociate ed atti di intolleranza religiosa (il terrorismo islamico, invece, è solo una reazione alle precedenti aggressioni cristiane): se vuole ancora esistere, deve calpestare la propria fede per esaltare quella degli altri, anche quella degli atei;
* il Non-disabile, chiunque non manifesti una disabilità congenita od acquisita, fisica o mentale, è sempre un discriminatore nei confronti delle persone malate (pardon, “diversamente abili” o “diversabili”…): egli può aprire bocca solo per far capire quanto si sente “privilegiato” (ingiustamente?) ad essere perfettamente sano.
Dopo questa carrellata si deduce che, oggi, essere ad un tempo maschio, bianco, avere un orientamento eterosessuale, essere cristiano e non avere alcuna menomazione fisica o mentale, è davvero una grandissima sfiga! Poiché essere tutte queste cose insieme significa essere di fatto calpestati da tutti nell’arena mediatica. Una persona così è un fuori casta, un paria, uno che viene considerato (quando succede) solo per essere descritto come il Non-essere: non è donna, non è non-bianco, ecc. E, come in tutte le culture, il Non-essere è il Male. Non sei donna? Male! Non sei non-bianco? Male! ecc. Se uno poi riunisce in sé tutte le caratteristiche del Non-essere, egli è il Male assoluto.
Ma in che modo, oggi, la società globale può comprendere in un’unica identità le varie categorie “positive” che ho elencato? Creando una nuova identità-ombrello, in cui tutte le altre possano riconoscersi: ed è l’identità delle vittime. Ecco spiegato il proliferare di giornate istituzionali laiche, segnate sul calendario, in cui le autorità di turno non fanno altro che portare corone di alloro o di fiori ai cimiteri o ai sacrari. In alternativa a queste cerimonie simil-funebri, sono comunque indicate delle attività o dei “momenti di riflessione” (sempre, mi raccomando, in tono cupo e malinconico, oserei dire morboso), da proporre anche e soprattutto agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado.
Ci sono giornate e manifestazioni a favore delle donne in quanto femmine, e fin qui va tutto bene. A volte si sente parlare di iniziative (anche lavorative) tutte al femminile, e anche qui va tutto bene. Ma proporre una giornata o una manifestazione riservata agli uomini in quanto maschi, non va bene. Venire a sapere di una realtà tutta al maschile, non va bene nemmeno questo. Ora, ripetete lo schema di questi esempi per ognuna delle altre categorie che ho illustrato, e capirete cosa intendo dire.
Vi allego ora la conclusione originale che avevo previsto per la mia risposta alla discussione da me citata sopra: vi troverete (spero) una nota positiva.

Non c’è da stupirsi che ormai l’inno di Mameli e il Tricolore siano diventati solo un inno e una bandiera da stadio! Come ho già detto, nella società “culturalmente e civilmente avanzata” di oggi, l’identità nazionale rappresenta qualcosa di obsoleto se non di dannoso, la negazione di tutti i princìpi su cui si basa tale società, fluida e globale. Di conseguenza, devono essere abbandonati anche i simboli dell’identità nazionale. A proposito, non ho ancora parlato di una cosa: se quest’anno è stato istituito il Dantedì (Dio abbia in gloria chi l’ha proposto!), perché i giovani italiani di oggi amano cantare e comporre canzoni in inglese? Per fortuna, all’Eurovision Song Contest i partecipanti italiani, quelli famosi, cantano ogni anno nella lingua del sì, a differenza dei colleghi stranieri (a quanto pare, fuori d’Italia la deriva globalista è ancora più accentuata).
Tutto sommato, concludo questo post meno disperatamente di ciò che pensavo quando l’ho iniziato: se noi pensiamo che la società italiana sia incasinata (anche alla base, non solo in alto), ci sono altri paesi occidentali che sono messi peggio di noi, paesi in cui l’identità nazionale non solo è in pericolo, ma è in via di estinzione se non è estinta del tutto! Sulle sue ceneri, sono emerse le identità “di categoria” che ne hanno provocato la morte. E queste, a loro volta, si sono federate nell’unica identità collettiva per loro possibile: quella delle vittime.
 
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