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Legionari romani in Cina

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view post Posted on 9/8/2021, 13:44
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E' un capitolo della Storia romana molto interessante e poco studiato, quello della via della seta. A questo si allacciano anche altri argomenti, come quello dei legionari romani che si sono smarriti in Cina...


Storia In Cina ci sono discendenti degli antichi Romani?
Leggenda o verità storica?


Nella regione cinese di Gansu vivono molti orientali con tratti somatici tipicamente europei: potrebbero discendere da alcuni legionari romani dispersi lungo la via della seta. Si tratterebbe delle milizie guidate da Marco Licinio Crasso, sconfitte nel 53 a.C. dai Parti a Carre (oggi Harran, in Turchia) e sparite senza lasciare traccia. Forse alcuni che non riuscirono a tornare in patria giunsero in Cina, in questa zona, come schiavi.

Prove archeologiche. A parziale conferma di questa ipotesi ci sono gli scavi di Liquian (un villaggio nel Gansu), che hanno riportato alla luce una fortificazione simile a quelle degli antichi Romani. Un esame genetico ha inoltre rivelato origini caucasiche nella popolazione locale.

Emilio Vitaliano per Focus Storia

https://www.focus.it/cultura/storia/in-cin...-antichi-romani


Il forte Jiayuguan nella provincia cinese di Gansu. In questa regione probabilmente si fermarono alcuni legionari romani che avevano combattuto nel 53 a.C. a Carre, guidati da Marco Licinio Crasso.
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L'Ultima
Legionari romani in Cina

Storie. Tra evidenze scientifiche e studi di autorevoli sinologi, finte rovine ricostruite nel deserto del Gobi a beneficio dei visitatori ed esami del Dna sulle popolazioni locali, prende definitivamente quota la «romanità» dell’antica città di Liqian
di Gianni Maniscalco Basile



Nel 36 a.C., il generale cinese Ch’en T’ang cinse d’assedio la fortezza di Chihchih (Zhizhi), caposaldo orientale dei domini di Jzh-jzh, Shan-yü (re-imperatore) degli Hsiung-nu (Unni), ai confini dell’Impero cinese. Le cronache cinesi raccontano che durante una delle sortite dei difensori della fortezza un drappello di circa 150 soldati si era disposto nella formazione da battaglia «a squame di pesce» (lín).

Dopo la conquista della fortezza, Ch’en T’ang, che aveva forzato gli ordini dell’Imperatore falsificandone un decreto per iniziare quella campagna bellica, aveva esibito all’ imperatore e alla corte imperiale, a dimostrazione del suo successo, una serie di tavole dipinte che illustravano le diverse fasi dell’assedio e della conquista della fortezza unna.

In un saggio famoso dei primi degli anni ’40, Homer Dubs, un sinologo di Oxford, aveva sostenuto la tesi che la formazione da battaglia «a squame di pesce» non fosse che la «testuggine» romana – un modo di disporsi dei soldati a piedi con gli scudi tenuti in alto di piatto e sovrapposti ai margini a formare una difesa contro le salve di frecce scagliate «a candela» e a quel tempo sconosciuta agli Unni. E, in un saggio di poco posteriore, dopo che il sinologo olandese J.J.. Duyverdak nel 1938, aveva scoperto delle tavole che descrivevano la battaglia di Chihchih, Dubs aveva poi affermato che l’esibizione di quelle tavole doveva probabilmente riflettere il costume dei trionfi romani nel corso dei quali venivano mostrati, appunto, dei dipinti ad illustrazione della gloria in battaglia del generale trionfatore.

La tesi di Dubs è che alcuni del legionari, dopo la disfatta romana di Carre contro i Parti nel 53 a.C., fossero sfuggiti alla prigionia viaggiando verso oriente e fossero stati adibiti dagli Hsiung-nu nella difesa di Chihchih; che essi avessero impiegato in battaglia la formazione «a testuggine» e che avessero poi consigliato al conquistatore cinese di mostrare i segni della sua vittoria come era d’uso nei trionfi romani, con i dipinti esibiti alla corte.

Oltre alla «testuggine» e ai dipinti della conquista di Zhizhi, un ulteriore elemento pareva confermare la presenza di un drappello di legionari romani in Cina nella seconda meta del I secolo a.C.: «a quei «legionari» venne concesso di insediarsi in una nuova città, da loro fondata, ai confini Nord-occidentali dell’Impero cinese, nella regione dell’odierno Gansu, e questa città venne chiamata Liqian. Liqian era il nome che nelle antiche fonti cinesi indicava Roma e il suo «impero».
La tesi di Dubs fu accolta dapprima con un notevole scetticismo ma nel tempo altri indizi a sostegno apparvero all’orizzonte scientifico della questione.

Negli anni ’80 del secolo scorso, nella regione del Kara-kamar, nell’odierno Uzbekistan, l’antica Bactria, vennero scoperte delle iscrizioni di difficile lettura, una delle quali secondo Riccardo Cardilli – uno degli studiosi che hanno con più profondità affrontato la questione – sarebbe certamente latina e con alta probabilità attribuibile a un legionario romano. Il luogo dell’iscrizione, a quasi 1700 kilometri dalla più orientale delle iscrizioni latine mai rinvenute, sarebbe sulla via del viaggio dei legionari verso Liqian.

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La tesi della romanità dell’insediamento di Liqian è ora stato accolto in Cina come un fatto accertato e in un recente volume. The Roman Legions that Vanished, pubblicato in versione bilingue (cinese e inglese) nel Gansu nel 2007, se ne raccolgono fatti e testimonianze scientifiche. Della città resta oggi ben poco: il frammento di un antico muro, un padiglione e un colonnato (di finte rovine) eretti al tempo d’oggi nelle vicinanze a segnare il luogo dell’antica città. Ma in tempi recenti, elementi ulteriori hanno appoggiato la tesi di Dubs.

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Nella regione attorno a Liqian, oggi vivono dei cinesi dai tratti somatici insoliti per quelle regioni. Studi sul Dna degli abitanti della zona hanno mostrato notevoli somiglianze del loro patrimonio genetico con quello caucasico. Molti di loro hanno capelli rossi e occhi azzurri e in alcune delle sepolture scoperte da poco si sono trovati scheletri di uomini alti più di un metro e ottanta: tutte caratteristiche somatiche del tutto estranee a quelle delle popolazioni sino-mongoliche dell’area.
Queste caratteristiche somatiche sono evidentissime nel personaggi che appaiono ai visitatori d’oggi nelle vicinanze del muro «romano» di Liqian: uomini con gli occhi a mandorla, capelli rossicci, zigomi per nulla mogolici, vestiti di corazza, elmo, gambali e armati di gladium.

I legionari dunque (dopo la sconfitta di Crasso a Carre nel 53 a.C. o forse più probabilmente a seguito della ritirata di Marco Antonio nell’altra sfortunata campagna contro i Parti nel 36 a.C.), dopo un viaggio di molte migliaia di miglia verso oriente, avevano trovato una nuova casa in una città fondata da loro col nome cinese di Roma ai margini del deserto di Gobi e nuovi concittadini ai confini settentrionali dell’altro grande impero del loro tempo.

Come ha scritto un noto orientalista italiano, Mario Bussagli, i legionari romani, «deportati nelle regioni dell’est (…) devono essere riusciti a fuggire e devono aver ritrovato, sotto la variegata insegna di Chihchih (ma poi anche dell’imperatore cinese n.d.a.) quella dignità e quella libertà che sembravano perdute per sempre».

https://ilmanifesto.it/legionari-romani-in-cina/

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I romani in Cina. Di Alberto Rosselli.
Che mercanti romani abbiano raggiunto via mare l’India, l’Indocina e perfino la Cina è cosa nota da tempo. Si sa infatti che, tra il I° e il II° secolo d.C., navi onerarie romane salpate dallo scalo egiziano di Berenice (Mar Rosso) erano solite percorrere con una certa regolarità il Mar Rosso, giungendo nel porto di Aden che a quel tempo fungeva da cerniera tra il mondo marittimo occidentale e quello orientale. Da Aden, probabilmente a bordo di navi locali o indiane, i mercanti romani facevano poi vela, approfittando dei monsoni (il famoso vento di Ippalo dal nome del navigatore greco che lo scoprì) verso Conchin (l’attuale Bombay) per caricare spezie e seta. L’esistenza di un sostenuto interscambio commerciale marittimo tra Impero Romano, India e Cina e la presenza di mercanti greci e latini a Conchin e in altre località asiatiche è stata dimostrata dal ritrovamento (in India, ma anche in Cina) di attrezzi, oggetti e monete romane del periodo di Antonino Pio e Marco Aurelio (II secolo d. C). Assolutamente ignorata o accantonata da molti storici, almeno fino a non molti anni fa, era però l’ipotesi che i romani fossero riusciti a raggiungere l’Impero Celeste non per mare ma lungo una rotta terrestre (la cosiddetta “Via della Seta”). Si riteneva infatti poco credibile che, date le enormi distanze e l’ingombrante presenza dell’Impero dei Parti (forte entità politico-militare quasi sempre in guerra con Roma), si fosse verificato un contatto di questo tipo. Tuttavia, gli studi più recenti sull’argomento, cioè su un “incontro”, anche se fortuito, tra civiltà romana e cinese, sono stati approfonditi con successo da diversi studiosi occidentali (tra i quali il professor Raffaele Adinolfi, docente di Storia delle Esplorazioni presso l’Università di Salerno) ed in seguito avvalorati da un gruppo di archeologi e antropologi cinesi protagonisti, nel 1989 e nel 1992, di due importanti scoperte. (1)

Il 9 Novembre 1989, una spedizione scientifica cinese si recò nella regione del Gansu, a Lou Zhuangzi, località situata 400 chilometri a nord di Lanzhou, riportando alla luce antichi resti lignei e suppellettili di probabile fattura romana. Non solo. Durante gli scavi, un contadino del posto riferì agli scienziati la storia di una donna cinese custodiva nella sua abitazione alcuni antichi e strani rotoli di carta che tuttavia un giorno bruciò per fare ardere della legna. Sui resti non intaccati dalle fiamme sembra che fosse riportata un’iscrizione orizzontale vergata in una lingua ignota: CR.S. LEG.ON. FUIM. Scritta che gli scienziati tradussero in CRASSI LEGIONIS FUIMUS.

Nel 1993, altri residuati, questa volta di costruzioni, armi ed oggetti di fabbricazione romana risalenti al primo secolo d.C. vennero ritrovati da un altro gruppo di archeologi cinesi, in una località del Gansu chiamata Lijian. E successivamente, una équipe di antropologi inviati da Pechino per indagare sulla scoperta, effettuò approfonditi studi comparativi sugli abitanti della zona, scoprendo che molti di essi mostravano tratti somatici tipicamente mediterranei, e che erano soliti praticare la tauromachia e compiere uno strano rito sacrificale dei buoi di chiara origine romana.

Venne inoltre scoperto un muro di cinta molto antico di argilla compressa, lungo oltre 10 metri, alto 1-2 e spesso fino a 3 metri. Secondo le testimonianze della gente del posto sembra che agli inizi degli anni ‘70, la costruzione si sviluppasse per circa 100 metri, ma che in seguito fosse stata in parte demolita per ricavare mattoni. Sempre nel medesimo sito, gli archeologi cinesi ritrovarono a pochi metri sotto la superficie alcune dozzine di reperti archeologici: vasellame metallico, calderoni di ferro e brocche di porcellana e argilla. I contadini del posto riferirono che in passato, durante la costruzione di alcune fondamenta di alcune abitazioni, era stato rinvenuto del vasellame decorato con disegni a cordicelle (gli studiosi cinesi ipotizzarono che la datazione di questi reperti risalisse alla dinastia Han orientale 25 – 220 d.C.) (2). Non lontano dalla muraglia, un contadino del villaggio di Xinghua disse di avere rinvenuto uno strano arnese di legno lungo 3 metri, dotato di aste trasversali parallele. Il reperto fu poi collocato nel Centro Culturale del distretto e gli archeologi che ebbero modo di studiarlo espressero l’opinione che si trattasse di uno strumento adoperato dai soldati romani per edificare il muro di cinta formato da giganteschi blocchi lignei. Avendo notato i particolari caratteri somatici di alcuni individui del villaggio di Xinghua, gli archeologi della spedizione vollero un consulto da parte di antropologi che, una volta giunti sul posto, esaminarono con attenzione un campione di popolazione, scoprendo che effettivamente molti soggetti mostravano tratti somatici mediterranei, quali naso adunco e orbite profonde. Tutti questi indizi portarono gli scienziati cinesi a dedurre che in un lontano passato alcuni soldati romani, molto probabilmente appartenenti alle legioni di Crasso sconfitte nel 54 a Carre dalle armate dei Parti, abbiano per vie traverse raggiunto la Cina (il paese dei Seri, come veniva chiamato) lasciando in loco una discendenza. D’altra parte, notizie circa un possibile arrivo e stanziamento di uomini mediterranei nel Gansu in passato era già stato ipotizzato, e in buona parte provato, da più di uno storico cinese. Rimaneva da vedere se questi uomini bianchi proiettati a migliaia di chilometri di distanza dalle loro terre di origine fossero effettivamente romani.

Notizie circa la sorte dei soldati romani ce le fornisce lo storico cinese Ban Gu, autore della storia della Dinastia Han Occidentale (206 a.C. – 9 d.C.). Nel 36 a.C. l’imperatore Gan Yen-Shou, dietro suggerimento del suo ambizioso consigliere Chen-Tang, mosse verso occidente, fino a raggiungere la città di Zhizhi (l’attuale Dušanbe nel Kazakistan) mettendola a sacco. Secondo il manoscritto di Ban Gu, i cinesi si trovarono di fronte ad una città circondata da enormi blocchi di legno e ad un esercito composto da 1.500 soldati bianchi muniti di una strana corazza a maglie sottili e di scudi circolari. I cronisti cinesi riportano poi, con dovizia di particolari, l’inusuale vallo eretto intorno alla città: un classico esempio dell’arte militare romana. I cinesi riferirono di una duplice palizzata di tronchi appuntiti e di un profondo fossato verso l’esterno di essa. La relazione parla inoltre di 145 strani e coraggiosi soldati dalle fattezze non asiatiche fatti prigionieri al termine della battaglia. Questi vennero in seguito deportati nel distretto di Fanmu (l’attuale Yongchang): località che i cinesi ribattezzarono con il nome di Lijian termine con il quale essi erano soliti chiamare le terre occidentali, compreso l’Impero Romano. Secondo informazioni raccolte dallo storico Ban Gu, gli strani soldati incontrati dalle armate cinesi sembra appartenessero ai resti dell’esercito di Licinio Crasso che nel 54 a.C. (cioè 18 anni prima) era stato sconfitto dai Parti.

Come è noto, tra il 58 e il 51 a.C., i triumviri Giulio Cesare, Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso si trovarono impegnati su tre fronti particolarmente impegnativi: Cesare nelle Gallie, Pompeo in Spagna e Crasso in Medio Oriente. Desideroso di acquistare una fama analoga a quella dei suoi colleghi, verso la fine del 55 a.C. Crasso, alla testa di sette legioni per un totale di circa 45.000 uomini, partì alla volta della Siria con il preciso scopo di abbattere il potente impero dei Parti e conquistare nuovi, ampi territori. Dopo alcuni iniziali successi, il 9 giugno del 53, dopo essere stato abbandonato dagli alleati Armeni, egli venne pesantemente sconfitto dal generate parto Surena presso Carrae (località del regno di Osroene; oggi Haran, in Turchia)e successivamente decapitato da un ufficiale parto chiamato, pare, Exatre.

Nella battaglia morirà anche il figlio del triumviro,Publio Licinio Crasso. Dei 40.000 legionari che avevano partecipato alla disastrosa contesa se ne salvarono appena un quarto. Ventimila caddero sul campo, mentre altri 10.000 vennero fatti prigionieri dai Parti che, secondo una loro abitudine, li trasferirono a marce forzate nella parte orientale del loro regno, fino all’oasi di Meru, in Margiana. Successivamente, nel 20 a.C., l’Impero Romano concluderà un trattato di pace con i Parti richiedendo invano la restituzione dei prigionieri superstiti. Questi, infatti, non erano più nelle mani dei parti, ma dimoravano ormai da tempo, all’insaputa di Roma, in una remota e sconosciuta regione della Cina.

FINE

NOTA: Nel 1977, il professore Raffaele Adinolfi diede alle stampe un libro molto interessante: “I rapporti tra l’Impero Romano e la Cina antica” (Edizioni Massimo, Napoli) nel quale avanzò alcune ipotesi al riguardo. Adinolfi seguì le tracce di Mortimer Wheeler, autore de “La civiltà romana oltre i suoi confini” (Einaudi, Torino 1963) e di J. Innes Miller, autore di “Roma e la via della spezie (dal 29 a.C. al 641 d.C.)” (Einaudi, Torino, 1974).

206 a.C.-220 d.C: Alla dinastia Qin succede quella degli Han, fondata da Liu Bang con capitale Chang’an presso l’attuale Xi’an (Han occidentale) e a Luoyang (Han orientale). Il confucianesimo diventa l’ideologia ufficiale della classe dominante (136 a.C.). È di questo periodo l’invenzione della carta (105 a.C.). L’impero comincia una politica di espansione in Asia centrale. Si apre “La via della seta” (114 a.C.) intensificando il commercio con le province romane dell’Asia Minore.


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In un villaggio cinese i discedenti Antica Roma
Test del dna rivelano: a Liqian i 'figli' dei legionari di Marco Crasso. Tantissimi i turisti

SHANGHAI - Un piccolo pezzo di storia romana in Cina. Un villaggio nella provincia nord occidentale cinese del Gansu, Liquian, sta diventando meta di migliaia di turisti e una delle nuove attrazioni nel paese perche' in esso vivono cinesi dall'aspetto occidentale che ricordano, con parate militari, danze, e dimostrazioni di battaglie, gli antichi romani. Nella piazza di Liqian una dozzina di persone - vestite con armature e dotate di scudi - attraggono con finte battaglie e parate frotte di turisti.
Secondo gli antropologi la popolazione locale potrebbe essere la discendenza di un esercito romano. Situato lungo la via della seta, una rotta commerciale di circa 7000 chilometri che collegava l'Asia e l'Europa più di 2.000 anni fa, il villaggio di Liquian e' divenuto noto alle cronache quando nel 1990 alcuni archeologi vi trovarono i resti di un antico forte e notarono che molti dei suoi abitanti avevano caratteristiche fisiche simili a quelle degli occidentali. Test del DNA condotti nel 2005 hanno poi confermato che alcuni degli abitanti del villaggio sono infatti di origine straniera, il che ha portato molti esperti a concludere che sono i discendenti dei soldati dell' esercito romano guidato dal generale Marco Crasso.
Nel 53 ac, Crasso venne sconfitto e decapitato dai Parti, una tribu' che occupava quello che oggi e' l'Iran, mettendo fine all'espansione romana verso l'oriente. Ma 6000 elementi dell'esercito guidato dal figlio primogenito di Crasso fuggirono e non furono mai piu' ritrovati. Molti antropologi ritengono dunque che gli attuali abitanti di Liquian sarebbero i discendenti di quei soldati scomparsi. Una teoria che pero' non convince tutti. Alcuni studiosi infatti ritengono che non ci sono ancora prove certe che dimostrino questa connessione. Nell'agosto del 2010 intanto, nell'intento di attrarre sempre piu' turisti, a Liqian e' stato costruito un nuovo complesso architettonico nello stile dell'impero romano. Sembra inoltre che un produttore cinematografico di Pechino intenda presto realizzare un film sulla storia del villaggio.

https://www.ansa.it/web/notizie/canali/inv..._695631975.html


Cina e Roma unite dalla città dei legionari, Liqian
La Cina e Roma sono più vicine di quanto possa sembrare, nonostante i 7000 km di distanza. Un nome ed una storia antica le unisce: è Liqian. In quel distretto sperduto, al confine con il deserto dei Gobi, si rinnova una tradizione, confermata anche dal Dna degli abitanti: l’insediamento di una guarnigione dell’Impero romano in fuga dalla guerra con i Parti.
E’ lì che, nel distretto dello Yongchang, che per celebrare quanto avvenuto nel 53 a.C., una volta l’anno i membri di antiche famiglie locali si vestono con paramenti simili a quelli dei soldati romani e si recano presso una costruzione che ricorda un tempio romano.
La storia riferisce che lungo le tracce cancellate della Via della Seta, si sarebbe persa una legione di circa 6000 soldati romani, guidati dal primogenito del generale Marco Crasso. Era il 53 a.c. e per le fonti storiche quei legionari, sfuggiti alla guerra contro i Parti, sono misteriosamente scomparsi. I discendenti delle milizie di Crasso, decapitato dagli antenati dei persiani nei territori dell’ attuale Iran, si sarebbero stabiliti tra Tibet e Turkestan, oggi regione del Qinghai, per evitare di essere eliminati dai guerrieri cinesi dell’imperatore Wu, dinastia Han.
Gli archeologi sono riusciti ad avere conferma della tesi rinvenendo i resti di fortificazioni nella zona di Liqian. E i genetisti hanno fatto il resto confermando che nelle popolazioni del posto (in almeno il 46% dei casi) scorre sangue “romano” e si posseggono caratteri somatici occidentali.
Per gli storici questa vicenda rivela che i due imperi più potenti al mondo per quell’epoca, erano venuti a contatto e che ci sono state, al di là degli scambi commerciali della cosiddetta Via della Seta, contaminazioni sociali.

https://www.visitareroma.eu/cina-e-roma-un...gionari-liqian/
STORICO.CINA_.ROMA2_
 
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