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Cirinnà e i 24mila euro nella cuccia del cane

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Il karma. La senatrice del PD che sfotteva il concetto di "Dio, Patria e Famiglia" è finita sui giornali e di certo non fa una bella figura...

"I 24mila euro nella cuccia? Non so". Cirinnà attacca la cameriera
26 Agosto 2021 - 11:50

Monica Cirinnà, nella bufera per i soldi trovati a Capalbio, si lamenta di dover fare i mestieri domestici in vacanza e Selvaggia Lucarelli la asfalta
di Francesca Galici

Continua a tenere banco il mistero dei 24mila euro trovati nella cuccia del cane nella tenuta di Capalbio di Monica Cirinnà ed Esterino Montino. Quarantotto banconote da 500 euro ben arrotolate e deteriorate sono state trovate dagli operai chiamati dal figlio della coppia per alcuni lavori di ristrutturazione. Immediata la chiamata alle forze dell'ordine e la consegna del tesoretto, sul quale ora però si indaga per capirne la provenienza.La senatrice e il marito dichiarano di non saperne nulla. La cuccia, infatti, come dice la Cirinnà al Corriere della Sera, "è molto vicina alla strada asfaltata che passa accanto alla proprietà e molto distante da dove abbiamo la casa, un punto in cui non passiamo quasi mai e che dall’abitazione non si vede nemmeno". Al Corsera, nel raccontare la sua esperienza in merito a questa vicenda, la senatrice si è lasciata andare ad alcune affermazioni che sono state puntualmente riprese da Selvaggia Lucarelli, che non ha risparmiato bordate velenose all'esponente dem.
"Ero già nei pasticci di mio, nelle ultime settimane. Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca", ha dichiarato Monica Cirinnà elencando le normali attività che svolge qualunque persona, uomo o donna che sia, che non può permettersi il personale di servizio. Ma lei aggiunge: "Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all’altro". Un inconveniente vissuto come un grave affronto da parte della senatrice con la tenuta agricola nel tempio radical chic italiano, aggravato dalle motivazioni addotte dalla collaboratrice: "Mi ha telefonato un pomeriggio e mi ha detto, di punto in bianco: 'Me ne vado perché mi annoio a stare da sola col cane'".

Affermazioni che trasudano snobismo da parte della senatrice, che non potevano sfuggire a Selvaggia Lucarelli. "Un passaggio illuminante da un punto di vista sociologico, di quelli da 'nuovo salariato e capitale' in salsa maremmana", lo definisce la giornalista de Il fatto quotidiano. "Curioso definire normali lavori domestici adottando un lessico dal sapore verghiano, trasformando banali mansioni casalinghe in vecchi mestieri, ci mancava solo che lamentasse di dover fare anche il cocchiere e la carbonaia", ha proseguito la Lucarelli nel suo lungo post, già molto apprezzato.

La giornalista si sofferma ad alcune riflessioni sul lessico e sul regitro utilizzato dalla Cirinnà: "Dá l’idea che la sua concezione di lavoro dipendente sia vagamente superata, sembrano parole della borghesia di altri tempi che immagina il mondo del lavoro fatto di manualità e fatica come una sorta di presepe vivente. Col ciabattino illuminato dallo stoppino acceso della lanterna a olio". Poi arriva il passaggio del salario, "quel sottolineare che lei la cameriera la pagava eh, era in regola eh, le pagava i contributi eh. Si avverte lo stupore pure nelle virgole. È stupita di se stessa, della sua magnanimità. Poteva non pagarla e farla dormire nella cuccia col cane, su un giaciglio di banconote".

Selvaggia Lucarelli, quindi, evidenzia una contraddizione semantica nelle dichiarazioni della senatrice Cirinnà: "Fa sorridere che l’ortolana-lavandaia-cuoca diventi 'cameriera' a seconda di quello che si racconta. Se è la Cirinnà a dover lavorare, si scomodano Verga e i vecchi mestieri perché lei è costretta a svolgere mansioni faticose in vacanza. Se si parla della sua dipendente che li svolge abitualmente è 'una cameriera'". Poi la giornalista si domanda come quantificare la paga da "strapagata" della collaboratrice domestica della Cirinnà.

Quindi, la Lucarelli conclude: "Una cameriera si è licenziata perché forse di spadellare, accudire il giardino, lavare, stirare in una villa in campagna a Capalbio sola come un cane e senza neppure una cuccia caveau non aveva più voglia e la Cirinnà lo trova bizzarro. Trova bizzarro che magari possa lavorare e ambire pure a una vita sociale".

Monica Cirinnà è la seconda dem che in pochi mesi scivola su dichiarazioni di questo tenore. Impossibile dimenticare le parole di Laura Boldrini, che davanti alle rimostranze della sua colf, in attesa di ricevere la liquidazione a distanza di alcuni mesi dalla fine del rapporto lavorativo, dichiarò: "Perché dovrei imbrogliare Lilia? Era sempre stata regolare. Per 2mila euro? Ma per favore... Siamo seri". Entrambe le parlamentari del Pd hanno rimarcato nelle interviste che le loro collaboratrici fossero regolari, come se fosse una loro gentile concessione e non un diritto dei lavoratori, nonché un obbligo di legge. Questa è la cifra stilistica del progressismo illuminato di sinistra italiano, che dice di stare con il popolo mentre lo guarda con aria di sufficienza dai salotti capalbiesi.

Selvaggia Lucarelli·
Più che tutta la surreale vicenda del cane che dormiva in un caveau, mi ha colpito questo passaggio dell’intervista del Corriere alla Cirinnà. Un passaggio illuminante da un punto di vista sociologico, di quelli da nuovo "lavoro salariato e capitale” in salsa maremmana.
La Cirinnà ci spiega che era “nei pasticci” perché, causa dimissione della “cameriera” ora, in vacanza, fa LA LAVANDAIA, L’ORTOLANA, LA CUOCA.

Curioso definire normali lavori domestici adottando un lessico dal sapore verghiano, trasformando banali mansioni casalinghe in vecchi mestieri, ci mancava solo che lamentasse di dover fare anche il cocchiere e la carbonaia.
Dá l’idea che la sua concezione di lavoro dipendente sia vagamente superata, sembrano parole della borghesia di altri tempi che immagina il mondo del lavoro fatto di manualità e fatica come una sorta di presepe vivente. Col ciabattino illuminato dallo stoppino acceso della lanterna a olio.
La lavandaia una che carica le lavatrici. Lavandaia, cameriera, ortolana. A sapere che avevo tutti questi titoli mi sarei messa le medagliette sul petto come Figliuolo. Vabbè.

Poi c’è quel sottolineare che lei la cameriera la pagava eh, era in regola eh, le pagava i contributi eh. Si avverte lo stupore pure nelle virgole. È stupita di se stessa, della sua magnanimità. Poteva non pagarla e farla dormire nella cuccia col cane, su un giaciglio di banconote che, per carità, lei e il quadrupede avrebbero perfino potuto dare alle fiamme, nel caso a Capalbio l’inverno si fosse fatto rigido. E invece.

C’è però un altro passaggio che trovo insuperabile. Quello in cui la Cirinnà si lamenta che la cameriera (che dunque ha un’infinità di mansioni) si sia licenziata perché si annoiava sola col cane.

Intanto fa sorridere che l’ortolana-lavandaia-cuoca diventi “cameriera” a seconda di quello che si racconta. Se è la Cirinnà a dover lavorare, si scomodano Verga e i vecchi mestieri perché lei è COSTRETTA A SVOLGERE MANSIONI FATICOSE IN VACANZA. Se si parla della sua dipendente che li svolge abitualmente è “una cameriera”. STRAPAGATA, sottolinea. E mi piacerebbe molto sapere cosa intende la Cirinnà per strapagata.

Insomma. Una cameriera si è licenziata perché forse di spadellare, accudire il giardino, lavare, stirare in una villa in campagna a Capalbio sola come un cane e senza neppure una cuccia caveau non aveva più voglia e la Cirinnà lo trova bizzarro. Trova bizzarro che magari possa lavorare e ambire pure a una vita sociale. Il pane e le rose, la cuccia e le banconote.

Quante bizze, questo proletariato.

www.ilgiornale.it/news/cronache/er...li-1971187.html

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view post Posted on 30/8/2021, 10:46
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Un anno prima era successo questo fattaccio, conclusosi con condanna nel Marzo 2021...

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“Non mi guardare negli occhi, non mi sfidare altrimenti ti do una testata in faccia”. Usura e condotte intimidatorie. Ma non solo. Oltre al figlio Riccardo, parte attiva negli affari illeciti del padre, Claudio Cirinnà era riuscito a coinvolgere indirettamente anche i due anziani genitori, Corrado e Lucina, ai quali i suoi “debitori” nel 2014 avevano fatto pervenire due assegni, uno di 4mila euro intestato al padre e uno di 5mila euro alla madre. La coppia di anziani, va chiarito subito, non è coinvolta in alcun modo nelle indagini . A fargli pervenire quei soldi, secondo quanto ricostruito dalle indagini, era stato Antonio Leone, imprenditore titolare della Tony Leone Limousine Service, caduto nella trappola usuraia di Cirinnà dopo un prestito di 50mila euro, per il cui saldo a un certo punto non bastavano più nemmeno i 130mila euro promessi in un successivo “piano di rientro”.
Cirinnà. Il padre prestava, il figlio riscuoteva – Claudio e Riccardo sono finiti in manette nell’ambito di un’operazione che ha portato la Squadra mobile di Roma a disarticolare per intero il clan camorristico Senese, attraverso gli arresti dei reggenti Vincenzo e Angelo Senese e di Raffaella Gaglione, rispettivamente figlio, fratello e moglie del boss Michele detto O’ Pazzo, dal 2013 al 41bis. Sebbene vi sia in comune l’attività usuraia, l’unico collegamento emerso fra i Cirinnà e i Senese è che i secondi a un certo punto hanno acquistato il debito contratto da Leone, tanto che ai due non è stato contestato il reato di associazione mafiosa. Nessun coinvolgimento – neppure accennato – per la sorella di Claudio, la senatrice del Pd, Monica Cirinnà, che da anni ha allontanato quel fratello dalla “vita tumultuosa”, nonostante i sentimenti di “dolore e l’amarezza” con i quali dichiara – con un post su Facebook – di aver appreso la notizia del suo arresto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Claudio Cirinnà erogava i suoi “prestiti” attraverso la società Europetroli Spa, per poi farli riscuotere al figlio Riccardo. “Nel marzo 2016 ricevevo minacce da parte di Claudio Cirinnà a mezzo telefono – dice Leone agli inquirenti – con tali telefonate, mi diceva che in mancanza di ulteriori pagamenti sarebbe passato alle vie di fatto, sia nei confronti di Leone che dei suoi familiari”. Intimorito dalle minacce “mi accordavo con Cirinnà per un piano di rientro per complessivi 130.000 euro” effettuato “nelle mani di Riccardo”. Tuttavia “a gennaio 2017 Cirinnà pretendeva la dazione di ulteriori 60.000 euro in quanto a suo dire il debito non sarebbe stato ancora estinto”.
Senese. “Michele è il capo di Roma”. Il ruolo della moglie “Raffaellina” – Al centro dell’inchiesta la famiglia Senese. Il boss, Michele, dal carcere secondo gli inquirenti “conosce esattamente il modus operandi della famiglia in materia di investimenti e controlla tutte le iniziative ‘in affari’ portate avanti dai vari componenti familiari”. “Vai là, dici che papà sa tutto, glielo hanno mandato a dire, sta come un pazzo”, diceva al figlio Vincenzo durante i colloqui in carcere. In particolare, è la moglie Raffaella che “sorveglia tutti gli investimenti e ciò secondo specifiche direttive del marito”. Tanto che a un certo punto entra in conflitto proprio con il figlio, quando il commerciante di capi d’abbigliamento, Massimiliano Barretta, tarda a far rientrare i soldi che la famiglia gli aveva prestato per “avviare l’attività’”. Enzo Senese è costretto alle minacce per far “rientrare” l’imprenditore: “Sei ancora vivo compà”, gli dice al telefono. “Si, sono vivo, non ti preoccupà”, la risposta. E ancora: “Meno male dai, so contento se uno è ancora vivo… sennò la gente…”. D’altronde, Michele Senese era ancora considerato “il capo di Roma” da alcuni degli interlocutori dei suoi familiari. “È il boss della camorra romana!!! Comanda tutto lui!!”, affermano alcuni degli indagati. “L’articolazione criminale dei Senese – scrive il gip – ha diversamente distribuito i propri illeciti interessi in diversi territori di Roma tanto da rapportarsi con due esponenti di spicco della Capitale, Roberto De Santis e Franco Gambacurta”. E ancora: “La notorietà criminale della famiglia Senese – sottolinea il gip – era così diffusa che bastava evocare il nome del clan per persuadere i destinatari della intimidazione a piegarsi alle richieste provenienti dal clan”.
I ristoranti “Da Baffo”, le radio e ‘Diabolik’: “Ormai sta Roma fa schifo” – Nell’orbita degli affari del clan Senese nella Capitale, c’è anche la catena dei ristoranti “Da Baffo”, molto noti in città per la qualità della carne servita e per la pubblicità battente sulle radio sportive romane. Proprio su questo punto si concentra un capitolo dell’inchiesta. È Angelo Senese a a contattare Marco Turchetta, ultras della Lazio e sodale del più noto capo della curva nord Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik: i due sarebbero stato arrestati insieme alcuni mesi fa nell’inchiesta ‘Grande Raccordo Criminale’ se Piscitelli non fosse stato ucciso nell’estate 2019 al Parco degli Acquedotti, proprio al Tuscolano quartier generale dei Senese. Grazie a Turchetta, Senese ottiene per i suoi ristoranti un contratto pubblicitario complessivo con quattro note radio sportive capitoline, ascoltate da entrambe le tifoserie. Prima di risolvere il “problema”, Turchetta chiede a Senese il permesso di coinvolgere proprio Piscitelli, ma Angelo rifiuta: “Io non mi voglio mettere in mezzo, perché poi ce sta quello de mezzo dietro… non mi va”.
Le intercettazioni su Carminati: “Hanno ancora messo le foto” – I Senese guardano con sospetto anche le associazioni mediatiche fra il boss Michele e l’ex Nar, Massimo Carminati, condannato nell’inchiesta sul Mondo di Mezzo. Indagine in cui viene documentato l’ormai noto incontro tra lo stesso Senese e Carminati: i toni, a giudicare dagli scatti, non erano dei più distesi. Le immagini di quel summit con annessa discussione finiranno più volte su tutti i giornali. “Un’altra volta le foto”, esclama Enzo Senese a Ciro Maresca, altro noto pregiudicato napoletano: “Mo’ hanno messo altre foto sue, discussioni con quello lì di Mafia capitale, Carminati, solo problemi”. E poi il commento, surreale: “Come sta Roma è finita Ciro, fa schifo proprio”. L’altra telefonata è a Cristian Condorelli, anche lui pregiudicato ritenuto contiguo al clan Casamonica: “Però sempre le solite cose, un’altra volta mi padre sui giornali, sulle cose, a rompe il cazzo”. E ancora: “Un’altra volta, pure ieri, l’Espresso, quello, quell’altro…”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/0...-usura/5860559/

Mercoledì, 3 marzo 2021 - 15:43:00
Usura, condannati il fratello Claudio e il nipote della senatrice Cirinnà
Claudio Cirinnà e il figlio Riccardo sono stati condannati in seguito all'arresto dell'Antimafia: sono fratello e nipote della senatrice, estranea ai fatti

Quattro anni e otto mesi e a un anno e quattro mesi. Queste le condanne inflitte in abbreviato dal gup di Roma rispettivamente a Claudio Cirinnà e al figlio Riccardo. I due, fratello e nipote della senatrice Monica Cirinnà, del tutto estranea all'inchiesta, erano tra i 28 destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare del luglio scorso in seguito all'indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che ha smantellato il clan Senese.
Tra gli altri era destinatario della misura anche il capo famiglia, Michele Senese, detto "O' Pazz". Il pm Francesco Minisci aveva chiesto per Claudio Cirinnà sei anni e tre anni per Riccardo. Le accuse, a vario titolo, erano quelle di usura, estorsione, e intestazione fittizia di beni. I due erano accusati in concorso, di aver prestato e chiesto soldi ad una persona che si trovava sottoposta anche alle indebite "attenzioni" del clan di Camorra.

https://www.affaritaliani.it/cronache/usur...nna-726520.html

 
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