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Le origini di Romolo e Remo

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Daniele Italico
view post Posted on 17/6/2008, 12:45




LE· ORIGINI· DI· REMO· E· ROMOLO·
DI· ANDREA· CARANDINI
Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio 2006
Tratto da: quotidiano 'IL FOGLIO' - Anno XI n° 48 - pag. 5.
Per questo articolo © Il Foglio.

Si trattava di scegliere tra Roma e Remoria, l’Urbe o un villaggio silvestre fra i tanti, il Palatino o l’Aventino, ………………….Gli dei dissero Roma e così fu, poi Romolo dovette ammazzare Remo……….. Avendo noi accettato per oltre duemila anni la discendenza di Gesù da una vergine unita con lo Spirito Santo non dovremmo stupirci troppo per la leggenda di Romolo e Remo generati da Rea Silvia, una vestale ingravidata da Marte. Più precisamente da un fallo igneo sprigionatosi dal focolare della dea Vesta in un lontano giorno dell’VIII secolo avanti Cristo……………….. mito tradotto consapevolmente in narrazione storica. che ha dato forma alla civiltà romana.

L’origine dell’Urbe Andrea Carandini l’aveva spiegata nel 2002 (“La Nascita di Roma”, Einaudi), ma questa volta ha voluto svelare la verità di Roma. Per farlo gli è stato necessario un ulteriore corpo a corpo accademico con questioni di date: contro le sovrapposizioni leggendarie provenienti dalla Grecia e le scappatelle ellenizzanti degli stessi romani come Sallustio, contro i colleghi che attribuivano la fondazione romana ai Tarquini, a Servio Tullio………………………(Secondp il suo ultimo libro) “Remo e Romolo. Dai rioni dei Quiriti alla città dei Romani (775/750-700/675 a.C.)”,pubblicato da Einaudi e dedicato ad Angelo Brelich, allievo di Raffaele Pettazzoni,fondatore della scuola storico-religiosa romana …………………….Cosa ha scoperto Andrea Carandini,docente di Archeologia classica alla facoltàdi Scienze umanistiche dell’Universitàdi Roma La Sapienza? Ha scoperto le origini di Roma, il primo perimetro dell’Urbe (la Roma Quadrata del Cermalo-Palatino inaugurata da Romolo), la casa dei re, il santuario dei Lari, la capanna delle vestali.

Devoto alla tecnica della stratigrafia informatizzata (la utilizza anche per spiegare le leggende sui gemelli), Carandini ha dato sostanza scientifica a quella che i moderni avevano letto come una fiaba ambiziosa, e che prima ancora gli antichi discendenti di Romolo avevano rimodellato come se la città fosse nata dal nulla. Carandini ha dimostrato archeologicamente cos’era Roma prima di essere Roma: “Un enorme insediamento collinare proto urbanodi circa duecento ettari articolato in ventisette rioni, chiamato Septimontium, dal quale originò l’eccezione d’una città di tipo etrusco”. E ha dimostrato chi erano i gemelli prima di essere i gemelli di Roma.

…..L’11 di febbraio nella Roma pagana era una data particolarmente importante perché era la porta d’accesso ai Dies parentales, undici giorni dedicati al culto

solenne dei Mani, gli spiriti dei morti. Prima di giungere alla sera del 21 febbraio il calendario romano – quello riformato da Numa Pompilio, ché il precedente romuleo cominciava dal capodanno del primo marzo – imponeva tra l’altro la celebrazione di due festività decisive, .i Lupercalia (giorno 15) durante i quali un collegio di giovani cittadini detti Luperci, cioè lupi-capri, legati al demone della foresta Fauno, dalle pendici del Palatino percorreva di corsa il tracciato del perimetro interno della città (pomerium), fustigando le donne con strisce di pelle caprina. E’ una cerimonia d’iniziazione, si conclude con due ragazzi scelti (come Romolo e Remo) che sorridono mentre una mano sapiente, con batuffoli di lana impregnati di latte, asciuga dalla loro fronte i rivoli rossi che aveva disegnato poco prima facendovi scivolare un coltello insanguinato.

L’altra festività è quella dei Quirinalia (giorno17) durante la quale si offrivano libagioni al divo Romolo-Quirino. Al fondatore di Roma secondo rito latino-etrusco. Al principe (o sedicente tale) nato semidivino nel pago di Alba, dotato di nome misterioso e non proprio tonitruante (piccolo Romo), ma con un equivalente gentilizio etrusco certificato dall’iscrizione sulla facciata di una tomba monumentale d’una necropoli di Orvieto che recita:“RVMELNAS”. Al bandito disceso con i propri sodali per fondare la città. Infine all’eroe divinizzato dopo essere stato ucciso e squartato dai trenta senatori in trenta pezzi ciascuno dei quali poi seppellito in ognuna delle trenta curie comprese dall’abitato romano.

Ripartiamo da qui: perché lo hanno ammazzato? La spiegazione è davanti ai nostri occhi, mentre entriamo nella casa dei Tarquini che precede la Reggia. Ricordiamo come una filastrocca la lista dei sette re di Roma. Associamo alla fine della monarchia una violenta reazione popolare (in verità aristocratica) che i romani riservarono al pericolo della tirannia. Carandini passeggia lungo i resti della Domus, indica a distanza gli strati che ha scavato e racconta che “Roma rappresentò un modello civile aristocratico e regale, ma profondamente antitirannico. La tirannia è una caratteristica asiatica, non occidentale,ancora visibile in certi stati arabi”.

A Roma il sovrano veniva eletto per acclamazione gentilizia, doveva tener conto del giudizio o del mormorio dei senatori radunati nei comizi, e veniva ucciso se manifestava tentazioni dinastiche. I Tarquini, sovrani greco-etruschi che mai invasero la Roma latina pur governandola dal VI secolo, ebbero questa tentazione e provocarono il tramonto della regalità. La punizione mortale inflitta a Romolo si spiega con tale odio antidinastico, ma non ostacolò la successiva acclamazione di Numa, durante l’interregno. La spartizione dei resti fu un atto rituale per riconsegnare il potere di Romolo-Marte ai Quiriti che con lui avevano dato vita all’Urbe: una sospensione temporanea dell’ordine regio e il ritorno all’equilibrio precedente garantito da Quirino, cui Romolo venne assimilato. Per comprendere la figura di Romolo si deve tornare a un giorno di primavera e stringere il campo sulla radura tra i colli Aventino e Palatino...

In questo paesaggio va in scena la sfida gemellare, la duplice presa degli auspici sull’Aventino e sul Palatino, la vittoria fatale di Romolo che scava la fossa, ara, traccia il solco con l’aratro, erige il muro invalicabile secondo rito etrusco, disegna il pomerio dell’Urbe, uccide Remo quando costui osa irridere la sanctitas del muro scavalcandolo...

“Romolo fresco uccisore di Remo. Ma perché lo ha ammazzato? Bisognerebbe domandare agli dei. i mortali possono immaginare, come ha fatto Carandini, che Remo (primo a uscire dal ventre materno) avrebbe creato dal nulla un abitato tradizionale, senza unificare in modo rivoluzionario le genti latine. Il nome del villaggio sarebbe stato Remoria. La sede sull’Aventino. Sopra un colle selvatico in cui eternamente avrebbe soffiato il canto della siringa di Fauno/Remo, demone delle soglie cui era vietato l’ingresso nelle case. Remoria è l’impossibile antitesi pre urbana dell’ordine civile voluto da Giove Feretrio (poi Ottimo Massimo con i Tarquini) e realizzato da Romolo/Latino.

Remo si comporta peraltro da morto anzitempo prima d’essere ucciso. Come un lemure, cadavere psichico, residuo di anima non rassegnata al buio che si affaccia talvolta nella realtà dei vivi e da questi deve essere respinto, Remo scavalca il muro sacro della città e viene punito con il ferro. Muore, è il primo dei lemuri ed è il primo sacrificio umano indispensabile all’atto del fondare mura romane consacrate (ce ne saranno infatti altri). A lui è dedicata la ricorrenza annuale dei Lemuria, il 9 maggio.

Quando Carandini supera la soglia d’uscita della domus Regia ed entra nella“casa” dei Lari, il percorso giunge al culmine. Come fosse il vestibolo del luogo invisibile in cui il circolo si chiude. I Lares Praestites (vulgo: numi tutelari) sono deità allo stadio elementare, forze senza volto umano né animale che evocano una forma di civiltà aborigena e pre-politeistica (l’archeologo dilettante Mario Signorelli li ha adombrati nella diade infera etrusca Velthe-Urcla). Lo scavo è fresco e nulla è stato ricoperto di terra. Un locale sotterraneo con mensa dotata di canaletta, un ricettacolo rettangolare, un pozzo arcaico nel quale scorreva l’acqua del Velabro. Probabilmente è un luogo d’accesso agli inferi. Romolo e Remo sono anche Lari? Ne sono la personalizzazione progressiva, un duplice asilo fatto di carne un po’ mitica un po’ storica…

A pochi passi dal santuario in cui il fuoco di Roma veniva rinnovato ogni anno in occasione del capodanno marziale, lì dove ancora resiste qualche statua delle vergini, mentre a ovest il Palatino si sgretola e bisogna preoccuparsene, riconquista centralità la figura di Boni. Lui sul colle dell’inizio è seppellito unico fra i moderni. Fu lui che la mattina del 10 gennaio del 1899 scoprì vicino alle pendici del Capitolium il Lapis niger: la pietra nera comunemente identificata con la sede del sacrificio di Romolo ove l’iscrizione “RECEI” vale come evidenza archeologica della regalità romana.

Roma a volte si manifesta attraverso uomini e scoperte che hanno il colore azzurro dell’augurio: “QVOD BONVM FAVSTVMQUE SIT”.

Alessandro Giuli

 
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