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Lo Stato romano nella Repubblica

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Daniele Italico
view post Posted on 17/6/2008, 13:27




LO· STATO· ROMANO· NELLA· REPVBBLICA
Questo è un interessantissimo testo tratto da Storie di Polibio in cui lui parla della forma dello Stato romano nella Repubblica, facendo una descrizione degli organi di governo e analizzando le loro prerogative.

[...] Come ho detto sopra, tre erano gli organi dello stato che si spartivano l'autorità; il loro potere era così ben diviso e distribuito, che neppure i Romani avrebbero potuto dire con sicurezza se il loro governo fosse nel complesso aristocratico, democratico, o monarchico. Né è il caso di meravigliarsene, perché considerando il potere dei consoli, si sarebbe detto lo stato romano di forma monarchica, valutando quello del Senato lo si sarebbe detto aristocratico; se qualcuno infine avesse considerato l'autorità del popolo, senz'altro avrebbe definito lo stato romano democratico. Le prerogative di ciascuno di questi organi, ai tempi della guerra annibalica e, tranne qualche piccola eccezione, ancora ai nostri giorni, sono quelle che ora dirò.

I consoli quando non sono lontani al comando delle legioni, ma si trovano in Roma, esercitano il potere esecutivo. Gli altri comandanti, fatta eccezione dei tribuni, sono loro sottoposti e obbediscono ai loro ordini; essi presentano gli ambasciatori al Senato, propongono i decreti urgenti, curano l'esecuzione dei provvedimenti. Invece per quanto riguarda gli affari pubblici di competenza del popolo, i consoli hanno l'incarico di riunire i comizi, di presentare loro le leggi, di eseguire i decreti della maggioranza. Per quel che concerne i preparativi di guerra e la condotta delle operazioni, hanno un potere pressoché assoluto: hanno diritto di fare qualunque imposizione agli alleati, di eleggere i tribuni, di arruolare i soldati, di scegliere fra loro gli idonei; inoltre finché sono in campo possono punire chi vogliono dei loro subalterni. Hanno pure il potere di spendere i beni dell'erario nella misura che credono opportuna e li accompagna un questore pronto a eseguire i loro ordini. Considerando la loro autorità, sarebbe giusto definire monarchica la costituzione romana. Quanto ho detto non perderebbe la sua validità neppure se al presente o in futuro avvenisse qualche mutamento negli organi dei quali ho trattato o in quelli dei quali parlerò in seguito.

Il Senato ha prima di tutto il potere amministrativo e controlla tutte le entrate e tutte le uscite. I questori infatti non possono per nessuna ragione ordinare spese senza l'approvazione del Senato, eccettuate quelle imposte dai consoli; il Senato controlla pure lo stanziamento di gran lunga più cospicuo di tutti gli altri, quello che i censori stabiliscono ogni cinque anni per la costruzione e il riattamento delle opere pubbliche e deve concedere il suo nulla osta ai censori stessi. Inoltre il Senato ha giurisdizione sui reati che si commettono in Italia e richiedono una inchiesta statale, come quelli di tradimento, di cospirazione, di veneficio, di assassinio. Se poi un privato o una città d'Italia richiedono l'intervento romano per risolvere una controversia, per punire un delitto, per ottenere soccorso o difesa, la cura di tutto ciò è affidata al Senato. Se occorre mandare fuori d'Italia un'ambasceria per comporre discordie, rivolgere esortazioni o imporre ordini o infine per ricevere una sottomissione o dichiarare una guerra, il Senato deve provvedere a tutto ciò e inoltre deve ricevere le ambascerie che arrivano a Roma e dare a ciascuna la risposta opportuna. Nessuno di questi incarichi spetta al popolo; perciò se uno straniero giunge in Roma in assenza del console, la costituzione romana gli appare senz'altro aristocratica; molti Greci e anche molti re sono convinti di questo, perché il Senato tratta di tutte le questioni che li riguardano.

A questo punto si ha il diritto di domandarsi quale mai sia la parte di governo lasciata al popolo, dal momento che, come abbiamo detto, il Senato è arbitro di tutte le questioni particolari e soprattutto amministra completamente le entrate e le uscite, mentre i consoli decidono di quel che concerne i preparativi di guerra e durante le spedizioni godono di pieni poteri. Eppure anche al popolo è lasciata una parte non trascurabile del governo. Il popolo infatti è il solo arbitro dell'assegnazione degli onori e delle punizioni, esercita cioè il potere sul quale si fondano le dinastie, le repubbliche e tutta quanta la vita consociata. I popoli che non conoscono la distinzione fra premi e pene o che, pur conoscendola, la applicano malamente, non possono infatti amministrare i loro sudditi come si conviene: come potrebbero, se i buoni e i malvagi godono di uguale stima? Il popolo interviene anche ad applicare le multe quando la colpa sia meritevole di una pena grave e particolarmente a danno degli alti magistrati ed è il solo che possa giudicare di delitti capitali. A proposito di questi vige presso i Romani una usanza degna di lode e di menzione: dopo che è stata pronunciata una sentenza capitale, anche se manca solo il voto dell'ultima tribù, per rendere esecutiva la condanna, essi concedono per legge al reo la facoltà di allontanarsi in volontario esilio. I condannati possono riparare a Napoli, a Preneste, a Tivoli e in qualunque altra città federata. Il popolo poi assegna le pubbliche cariche a chi ne è degno, ed esse sono considerate il miglior premio della virtù; ha inoltre il potere di approvare le leggi e soprattutto di decidere della pace e della guerra; gli spetta infine di confermare con la sua sanzione o di annullare i patti di alleanza, di pace e di tregua, di modo che si potrebbe dire a ragione che il popolo ha la massima autorità nel governo e che la costituzione romana è democratica.

BIBLIOGRAFIA
- Storie volume VI, 11-14, traduzione di C. Schick, Mondadori, Milano 1955 (1° ristampa Oscar 1990).

 
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iGiammy
view post Posted on 12/7/2008, 07:30




Si e' sempre saputo che noi romani siamo stati i migliori in tutta la storia Italiana :asd:
 
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1 replies since 17/6/2008, 13:27   75 views
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