Lo scorso luglio, col sempre sospettoso beneplacido delle autorità d'occupazione francesi, si sono tenute a Nizza le Celebrazioni Garibaldine. Fra i molti autonomisti e fra la moltitudine di coloro che cautamente riscoprono - se non ancora d'essere italiani, almeno di non essere francesi, erano presenti anche 200-300 militanti della "Lega per la Restaurazione delle Libertà Nizzarde" (...di quelle antiche libertà e benefici, cioè, di cui i loro antenati avevano sempre goduto sotto il Regno di Sardegna). Agitavano bandiere con lo stemma di Nizza e indossavano magliette con l'effigie di Garibaldi e scritte in dialetto nizzardo (mai in francese) del tipo: «Nissart - A la nuostra istoria sempre fedel», oppure in italiano: «Il 15 aprile 1860 avrei votato No». Inutile dire che questi accadimenti, che si verificano dopo 150 anni di dominio francese e "disitalianizzazione" forzata, di ottimo presagio, è fonte di immensa gioia e speranza! Il loro presidente, Alain Roullier, un nizzardo dal cognome molto probabilmente francesizzato, è autore di un libro importantissimo, ove si dimostra, sulla scorta di lunghe, accuratissime e comprovate ricerche, per altro corredate di documenti d'archivio, la TRUFFA del cosiddetto "plebiscito dell' aprile 1860" e la lotta spietata di Napoleone III e dei suoi successori contro l'italianità e l'identità nizzarda, identità di stampo italiano, che tutto è fuorché francese e rappresenta un punto di raccordo tra Piemonte e Liguria. Perché noi italiani dobbiamo dimenticare l'italianità di Nizza, oppure della della Corsica, di Malta, dell'Istria, di Fiume, della Dalmazia? Perché dobbiamo essere giudicati reazionari se consideriamo la sedicente Repubblica del Ticino semplicemente come un lembo di suolo italiano, così come un altro lembo d'italia è la cosidetta Repubblica di San Marino? Vediamo di ricordare, brevemente, le ragioni per cui il Nizzardo, nell' aprile del 1860, divenne francese. La regione era (con la Savoia) il prezzo che Napoleone III aveva chiesto a Camillo Benso conte di "Cavour" (località dal nome attualmente francofono) sin dal 1859 per il suo appoggio militare al Piemonte nella guerra contro l'Austria. Quando la notizia dell'infame intesa divenne pubblica, agli inizi del 1860, la reazione dell'opinione pubblica più culturalmente elevata fu "tempestosa". Si cercò, anche per il forte dissenso espresso dall?inghilterra, di soprasedere ...ma l' imperatore non si mosse di un pollice e minacciò di ritirare le truppe francesi dall' Italia in un momento in cui i piemontesi ne avevano maggiormente bisogno. Il Benso dovette accettare e, fin da subito, si mise d'accordo con la Francia affinchè la cessione fosse garantita, arrivando al punto di manovrare "dietro le quinte" per creare un clima tale da portare ineluttabilmentema all'iniqua cessione. Per salvaguardare la faccia, ebbe una astuzia: volle un pubblico trattato che venne stipulato il 24 marzo: Nizza sarebbe diventata francese soltanto dopo una consultazione popolare, da tenersi nelle settimane successive. Ovviamente il governo di Parigi, nel frattempo, era già al lavoro con piena complicità ed ausilio da parte delle autorità italiane del Regno di Sardegna! Parigi aveva messo in campo una brutalità di mezzi e di argomentazioni di cui fecero larga mostra gli agenti francesi guidati dall'incaricato Pietri. Diciotto giorni dopo la firma del trattato, la questione fu discussa alla Camera, a Torino. L' intervento più commovente fu quello del ministro nizzardo Foresta, mentre quello più polemico fu quello di Garibaldi, anch'egli come sappiamo nizzardo ed eletto da poco in un collegio della sua città. Il Generale fu appassionato ed eloquente. Ricordò la «dedizione» dei nizzardi ai Savoia nel 1388, invocò lo Statuto del Regno di Sardegna, denunciò le lusinghe e le minacce degli agenti francesi, rappresentò che persino il governatore sardo, inviato dal governo di Torino, stava facendo propaganda ...per la Francia!!! Concluse chiedendo che il voto popolare nelle due regioni avesse luogo soltanto dopo la ratifica parlamentare del trattato. Ma il Benso, sottobanco, si era già impegnato con l' imperatore di Francia e non poteva accettare. Il Conte difese la sua linea con pochi argomenti vacillanti, non convincenti e giuridicamente incerti, ma politicamente decisivi: «Mi restringo a questa sola dichiarazione, ed è che la cessione di Nizza e della Savoia era condizione essenziale del proseguimento di quella via politica che in così breve tempo ci ha condotti a Milano, a Firenze, a Bologna!» (parole autentiche del nominato "Cavour", N.d.R:). Il plebiscito di Nizza ebbe luogo il 15 aprile, tre giorni dopo il dibattito: ...una vittoria francese annunciata, un'amputazione di un lembo d'Italia voluta dall'alto. I votanti furono 24.608 dei quali 24.448 favorevoli all' annessione e 160 contrari. Al di là del clima di pressione e violenza instaurato al momento del referendum, furono risultati manipolati? Con certezza rispondiamo sì! ...Fu così che, 150 anni or sono, perdemmo Nizza la Bella...
Viva L'Italia, Viva Nizza italiana!
Cordiali saluti. Roberto