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Il rinascimento

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view post Posted on 24/11/2008, 01:15
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Tratto integralmente dal sito Sala di lettura
Fonte: http://www.alalba.it/Progresso-Rinascimento.htm

I percorsi dell'uomo - il Rinascimento.

Rinascimento. Va sotto questo nome il periodo storico compreso tra la fine del '300 e la seconda metà del '500, caratterizzato dal rifiorire (rinascere) della vita culturale e artistica. Fenomeno che coinvolge tutta l'Europa, ma le cui radici affiorano già nell'Umanesimo fiorentino. In esso vengono riscoperti e avvalorati gli studi classici in una visione prettamente laica, ed è resa possibile, sulla scia-guida degli antichi maestri greci e latini, l'affermazione dell'uomo nella sua libera espressività di pensiero e di azione: la sua emancipazione dai dogmi della teologia e dai ceppi intellettuali e morali del Medioevo.


Fino a quasi tutto il Medioevo vi fu solamente Dio, la fede in lui, la paura dei flagelli e della punizione, a condizionare un’umanità asservita e avviluppata nei dettami della fede cristiana. Poi la svolta: l’uomo si accorse di avere una dignità, scoprì di avere un pensiero e un raziocinio. E cominciò a svilupparsi quel movimento di rinascita che dal Quattrocento prese l’uomo per mano e lo condusse a quell’ affermazione ed emancipazione intellettuale che si ebbe nel Cinquecento. Secoli in cui la riscoperta di se stesso e il riappropriarsi di un pensiero svincolato dalla tutela di un’imperante teologia, lo fecero rinascere a nuova e più consapevole vita. Fu un uomo “rinato” quello che apparve sulla Terra; l’uomo , appunto, del Rinascimento: una pagina dell’avventura umana di portata epocale e rivoluzionaria, ben evocata e definita dalla sua stessa denominazione. .

Non vi fu più, per l’uomo, quel servaggio teologico che per secoli aveva nutrito, come in Dante, una produzione letteraria sotto l’implacabile ègida di un Dio al vertice di ogni umana espressione letteraria e artistica: anche l’uomo assurse a dignità divina, perché seppe rivisitare e “ricreare” se stesso e un mondo nuovo intorno a sé.

Se con l’Umanesimo vi era stato un primo rilancio dell’uomo, circoscritto però ad una nuova immagine del solo mondo intellettuale e letterario (le Humanae Litterae), con il Rinascimento l’uomo veramente si rinnovò, si vide, si sentì “rinato” in tutte le sue potenzialità, perché la rinascenza fu un momento storico generale, che determinò una nuova visione di tutta la vita umana, nei suoi aspetti culturale, religioso, artistico, politico.

Vi fu un risveglio della cultura e un prodigioso ampliarsi della sfera di chi ne produceva (gli scrittori) e di chi ne consumava (i lettori). La diffusione della stampa creò quasi una moda della letteratura, paragonabile al tifo sportivo o all’idolatria per i cantanti rock dei nostri giorni. Essere un letterato o fruire delle sue opere riqualificò l’uomo; e per le nuove generazioni, di estrazione non più necessariamente elitaria ma anche modesta, fu un incentivo non trascurabile nella riconquista di una dignità.

Col Rinascimento, il letterato non è più il monaco che ha curiosità da erudito, non è più il nobile che coltiva la propria vocazione per la poesia “cortese” (da “corte”, feudalmente intesa); non sono più - per usare un frasario aulico - il “colendissimo Monsignore o la Madonna aulentissima” a produrre e a godere dei frutti di un giardino letterario d’élite. Ora è l’uomo, l’uomo in sé, che diventa - sempre che ne abbia le doti e la levatura - un professionista e un fruitore della cultura e dell’arte.

Dopo il fulgore del mondo greco e romano, cui seguì la parentesi buia e pietrificata di un Medioevo teocratico, il Rinascimento è il primo momento in cui l’uomo riscopre e si riappropria della sua vera immagine, fatta a somiglianza di Dio.

E nasce anche una nuova mentalità. Nella letteratura hanno fatto ormai il loro tempo le laudi straziate di un Jacopone da Todi , nè trovano più spazio le tenebrose visioni dell’Inferno dantesco; nel mondo delle arti figurative, l’artista non produce più soltanto madonne e santi per chiese e conventi. Tutto si laicizza e si rivolge a nuovi fruitori: della bellezza, della godibilità estetica, perché ora la vita comincia a non essere più vista come una interminabile penitenza quaresimale.

Col Rinascimento si proietta sul mondo un’altrettanto nuova e rinata concezione della vita, ora più degna di essere vissuta e goduta perché abbellita dalle opere del genio umano: forse per sopperire, con un sogno terreno, alla mancanza di una fede dominatrice che comincia ad affievolirsi.

La società moderna è figlia del Rinascimento, che è quasi un preannuncio di quell’Illuminismo che seguirà tre secoli dopo.

Fonte: http://www.alalba.it/Progresso-Rinascimento.htm
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Il Rinascimento, per ciò che concerne la cultura, è uno dei periodi più luminosi della storia italiana (e anche europea) :irredentismo:
 
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Fede#91
view post Posted on 9/4/2009, 09:33




concordo, adoro il rinasciomento, l'unico periodo di massimo antropocentrismo della storia.
l'esaltazione della bellezza superava quello del trascendente, per la prima volta l'uomo venne messo prima del divino. mi piace veramente molto :sisi:
 
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Allonsanfan
view post Posted on 26/11/2010, 14:46




QUOTE
Fino a quasi tutto il Medioevo vi fu solamente Dio, la fede in lui, la paura dei flagelli e della punizione, a condizionare un’umanità asservita e avviluppata nei dettami della fede cristiana.

Questa affermazione mi sembra oltremodo scorretta, inficiata da un pregiudizio risalente all'Illuminismo.
Si dimentica il ruolo fondamentale della Ragione, del recupero di Aristotele e dell'enorme fiorire degli studi di logica, di elaborazioni teologiche e filosofiche incredibilmente raffinate, di sperimentazioni politiche ardite, di dinamismo culturale, di enormi innovazioni tecniche.
Non capisco proprio con che coraggio si possa etichettare personaggi del calibro di Boezio, Scoto Eriugena, Gerberto, Pier Damiani, Berengario di Tours, Abelardo di Bath, Berdardo di Chartres, i membri della scuola di San Vittore, di Oxford e di Chartres, Avicenna, Averroè, fino a Tommaso d'Aquino, Guglielmo di Ockham, Giovanni Buridano o Marsilio da Padova come esempi di "umanità asservita", o di "servaggio teologico".

QUOTE
Non vi fu più, per l’uomo, quel servaggio teologico che per secoli aveva nutrito, come in Dante, una produzione letteraria sotto l’implacabile ègida di un Dio al vertice di ogni umana espressione letteraria e artistica

Il "dolce stil novo" mi sembra un eloquente controesempio.

QUOTE
Dopo il fulgore del mondo greco e romano, cui seguì la parentesi buia e pietrificata di un Medioevo teocratico

Si ignora bellamente il ruolo svolto dal mondo Greco-Romano nel Medioevo, si parli di arte, filosofia, storiografia o politica. Si ignora, ad esempio, che il recupero della lingua greca (facilitato nel Rinascimento dalla caduta di Costantinopoli) affonda le sue radici nell'esegesi scolastica, si ignora il recupero della legislazione Giustinianea nel XII Secolo, si ignora il Platonismo, si ignora la sperimentazione politica, che portò, ad esempio, al configurarsi degli stati Moderni, alla nascita del notariato, allo sviluppo delle diplomazie e dei Comuni, al lento tramonto della Metafisica...fino alla geometria analitica.

QUOTE
nel mondo delle arti figurative, l’artista non produce più soltanto madonne e santi per chiese e conventi

Giotto il madonnaro! :lol:
E le "Allegorie del buono e del cattivo governo" del Lorenzetti? E la ritrattistica(e.g. quello di Guidoriccio da Fogliano, il monumento a Carlo I d'Angiò)?
 
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view post Posted on 26/11/2010, 20:43
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L'articolo ha una sua profonda verità ma andrebbe ricordato un altro capitolo (riguardante sempre l'Italia, comunque) importante riguardo l'esordio della modernità: L'epoca dei comuni, in tale periodo nasce la finanza moderna, l'Università, insomma avviene la prima rivoluzione borghese che successivamente sfocerà nel Rinascimento.
 
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Italoromano
view post Posted on 27/11/2010, 13:11




Il Rinascimento però, sul piano strettamente politico e militare, credo la si possa definire un'epoca di ulteriore decadimento nazionale, tra la prima "calata" francese - Carlo VIII nel 1494 - e la battaglia di Agnadello, nel 1509, infatti, si gettarono le basi del trisecolare dominio straniero nella penisola, divenuta preda di guerra nel sistematico confronto geopolitico tra Spagnoli, Francesi ed Austriaci.

Mi permetto di osservare solo del piano politico e militare, dal momento che per tutto il resto mi rimetto ben volentieri a quanti ne sanno ben più del sottoscritto, Allosanfans in testa (ma potrei citare UomoVitruviano, Rinascimento...).
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 27/11/2010, 14:04




CITAZIONE (Italoromano @ 27/11/2010, 13:11) 
Il Rinascimento però, sul piano strettamente politico e militare, credo la si possa definire un'epoca di ulteriore decadimento nazionale, tra la prima "calata" francese - Carlo VIII nel 1494 - e la battaglia di Agnadello, nel 1509, infatti, si gettarono le basi del trisecolare dominio straniero nella penisola, divenuta preda di guerra nel sistematico confronto geopolitico tra Spagnoli, Francesi ed Austriaci.

Mi permetto di osservare solo del piano politico e militare, dal momento che per tutto il resto mi rimetto ben volentieri a quanti ne sanno ben più del sottoscritto, Allosanfans in testa (ma potrei citare UomoVitruviano, Rinascimento...).

sul piano dell'azione epolitica,non sul piano del pensiero :basti pensare alle lucidissime pagine del guicciardini sulla sua storia d'italia
 
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Allonsanfan
view post Posted on 28/11/2010, 13:32




QUOTE
l Rinascimento però, sul piano strettamente politico e militare, credo la si possa definire un'epoca di ulteriore decadimento nazionale, tra la prima "calata" francese - Carlo VIII nel 1494 - e la battaglia di Agnadello, nel 1509, infatti, si gettarono le basi del trisecolare dominio straniero nella penisola, divenuta preda di guerra nel sistematico confronto geopolitico tra Spagnoli, Francesi ed Austriaci.

Il problema è che eravamo troppo ben abituati a chiamare e rimandare gli altri staterelli Europei a nostro piacimento, come nel caso dell'accordo( poi abortito a causa della disfatta di Caravaggio) fra Firenze e Venezia per richiamare Renato d'Angiò contro Alfonso d'Aragona, nel 1448.
All'inizio del Cinquecento la Francia, la Spagna e l'Impero si stavano consolidando, mentre le potenze italiche (in testa Venezia) declinavano. I rapporti di forza si erano rovesciati. E l'Italia divenne terra di conquista.

QUOTE
sul piano dell'azione politica,non sul piano del pensiero :basti pensare alle lucidissime pagine del guicciardini sulla sua storia d'italia

O ai capolavori del Machiavelli :wub:
 
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Italoromano
view post Posted on 29/11/2010, 16:07




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 27/11/2010, 14:04) 
CITAZIONE (Italoromano @ 27/11/2010, 13:11) 
Il Rinascimento però, sul piano strettamente politico e militare, credo la si possa definire un'epoca di ulteriore decadimento nazionale, tra la prima "calata" francese - Carlo VIII nel 1494 - e la battaglia di Agnadello, nel 1509, infatti, si gettarono le basi del trisecolare dominio straniero nella penisola, divenuta preda di guerra nel sistematico confronto geopolitico tra Spagnoli, Francesi ed Austriaci.

Mi permetto di osservare solo del piano politico e militare, dal momento che per tutto il resto mi rimetto ben volentieri a quanti ne sanno ben più del sottoscritto, Allosanfans in testa (ma potrei citare UomoVitruviano, Rinascimento...).

sul piano dell'azione epolitica,non sul piano del pensiero :basti pensare alle lucidissime pagine del guicciardini sulla sua storia d'italia

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Ma è con la politica attiva, quella dei principi e dei loro ministri e generali, che si unificano le nazioni, caro Mazzini: e proprio nel periodo così ben accennato da Allosanfans, colla battaglia di Agnadello e la sconfitta veneziana, cessò di fatto l'ultimo, serio tentativo espansionistico d'uno stato regionale italiano volto ad acquisire il predominio ad un livello quantomeno interregionale, spezzato appunto da una coalizione degli altri principi - papa Giulio II in testa -, supportati dalla Francia.

Machiavelli scrisse giusto pochi anni dopo, se non vado errato, per delineare quella figura ideale di principe chiamato a realizzare la missione unificatrice, proprio quando veniva meno ogni residua possibilità concreta.

CITAZIONE (Allonsanfan @ 28/11/2010, 13:32) 
CITAZIONE
l Rinascimento però, sul piano strettamente politico e militare, credo la si possa definire un'epoca di ulteriore decadimento nazionale, tra la prima "calata" francese - Carlo VIII nel 1494 - e la battaglia di Agnadello, nel 1509, infatti, si gettarono le basi del trisecolare dominio straniero nella penisola, divenuta preda di guerra nel sistematico confronto geopolitico tra Spagnoli, Francesi ed Austriaci.

Il problema è che eravamo troppo ben abituati a chiamare e rimandare gli altri staterelli Europei a nostro piacimento, come nel caso dell'accordo( poi abortito a causa della disfatta di Caravaggio) fra Firenze e Venezia per richiamare Renato d'Angiò contro Alfonso d'Aragona, nel 1448.
All'inizio del Cinquecento la Francia, la Spagna e l'Impero si stavano consolidando, mentre le potenze italiche (in testa Venezia) declinavano. I rapporti di forza si erano rovesciati. E l'Italia divenne terra di conquista.

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Proprio allora le maggiori potenze europee si definirono come Stati nazionali, mentre noi andavamo incontro semmai ad un lungo periodo di ulteriore frammentazione (e conseguente servaggio allo straniero in armi): la si può definire una tragica ironia del destino (se esiste un destino)?
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 29/11/2010, 16:15




non sono tanto sicuro che venezia aspirasse a 'unificare' la penisola,tuttalpiu ad esserne egemone....del resto la repubblica oligaechica veneziana non si prestava certo a poter amministrare un grande stato unitario
 
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Italoromano
view post Posted on 29/11/2010, 16:43




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 29/11/2010, 16:15) 
non sono tanto sicuro che venezia aspirasse a 'unificare' la penisola,tuttalpiu ad esserne egemone....del resto la repubblica oligaechica veneziana non si prestava certo a poter amministrare un grande stato unitario

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Vero. Certamente allora non si puntava ad una egemonia "italiana", ma le direttrici dell'espansione veneziana stavano portando la Serenissima ad inglobare sempre più territori, via via sottratti agli altri Stati regionali, in primis il Ducato di Milano e le cosiddette "legazioni" pontificie, ossia la Romagna, realizzando quella sorta di egemonia sull'Italia centrosettentrionale che, 300 anni più tardi, Cavour avrebbe delineato a Napoleone III a Plombierès.

Gli stessi Machiavelli e Guicciardini si rifacevano ad un ideale meramente culturale dell'Italia, sostanzialmente coincidente al patrottismo fiorentino (o al massimo toscano): occorreva insomma che il più forte principato regionale si facesse, se non altro di fatto, promotore di un'espansione, che poi è la "politica del carciofo" dei Savoia, ossia un ingrandimento sempre maggiore, ma graduale, sino all'egemonia, se non su tutta la penisola, quantomeno su gran parte di essa (il centro-nord, poichè il sud era, allora, interamente e saldamente nelle mani della potenza spagnola).

Venezia poteva allora teoricamente esserlo, ed era perciò - per le sue mire egemoniche - assai malvista da tutti gli altri, Giulio II in primis, che contro di essa organizzò e scatenò una guerra di coalizione (internazionale), conclusasi appunto ad Agnadello, sull'Adda.
 
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Allonsanfan
view post Posted on 29/11/2010, 20:25




QUOTE
colla battaglia di Agnadello e la sconfitta veneziana, cessò di fatto l'ultimo, serio tentativo espansionistico d'uno stato regionale italiano volto ad acquisire il predominio ad un livello quantomeno interregionale, spezzato appunto da una coalizione degli altri principi - papa Giulio II in testa -, supportati dalla Francia.

Giustissimo.
Mi sembra che, tuttavia, Venezia se la sia un po' cercata: Giulio II e Massimiliano I le avevano pur sempre proposto un'alleanza in funzione anti-Francese.
Effettivamente le condizioni non erano particolarmente favorevoli(cessione di territori chiave, come Romagna, Gorizia, Trieste, Fiume, porti Pugliesi), ma a pesare fu, credo, il legame fra una parte consistente della nobiltà veneziana e la corte di Francia e la linea diplomatica aggressiva, adatta(forse) cinquant'anni prima, non in un primo Cinquecento segnato dalla pericolosa concorrenza commerciale delle Fiandre e dalla difficoltà a gestire e proteggere una terraferma molto estesa(basti come esempio l'impreparazione dimostrata nel caso delle incursioni turche in Friuli, nel 1472-1499).

QUOTE
Proprio allora le maggiori potenze europee si definirono come Stati nazionali, mentre noi andavamo incontro semmai ad un lungo periodo di ulteriore frammentazione

Banalmente: stato più grande e centralizzato = più soldi per pagare le truppe(ancora per buona parte mercenarie, sulla tradizione dei capitani di ventura. Non a caso il buon Machiavelli consigliava di dotarsi di un esercito nazionale, di un popolo in armi, molto più convinto e meno farfallone. E More ce l'aveva a morte con i mercenari svizzeri ^_^ ). E le armi, sempre più evolute e costose.

Potresti spiegarmi cosa intendi con "ulteriore frammentazione"? A cosa pensi, in particolare?

La questione del rapporto con gli altri "stati" mi sembra se non altro problematico, per una questione di prospettiva: a quanto ricordo nel Rinascimento non vigeva una concezione "nazionale" degli Stati, come sarebbe poi accaduto con il Romanticismo, e le stesse casate regnanti erano tutte legate (da qui la turbolenza degli interregni). Allo stesso tempo, vigeva ancora il sistema feudale, ostile a ogni tentativo di centralizzazione.
Vero è che l'ultimo capitolo del "Principe" chiama in causa l'utopia (redatto proprio in quegli anni, fra l'altro ^_^ ) di un'Italia unificata, e nei diari di Griselli (segretario dell'ambasciatore e umanista fiorentino G. Manetti) si fa riferimento a un tentativo Veneto-Fiorentino di estromettere il re "straniero" Alfonso d'Aragona da Napoli, MA non mi spingerei a interpretare queste fonti come sintomo di un preciso e generalizzato tentativo di egemonia in Italia.
Lo stesso sentimento di appartenenza non era rivoluto alla medesima realtà, comune a tutti gli staterelli della penisola. Penso, ad esempio, alla nobiltà Friulana, esclusa dal governo della dominante e rivolta a Vienna e Graz, a quella Siciliana, ansiosa di riguadagnare l'indipendenza da Napoli, ai guelfi milanesi che nel 1447-1450 si batterono strenuamente per garantire la libertà della Repubblica Ambrosiana.
I precedenti erano universalistici, fossero la Chiesa, l'Impero o le Lettere, nonostante il declino del latino possa essere interpretato come l'indizio di una contro-tendenza.
Presumo che l'espansione stessa si rivolgesse semplicemente alle aree più deboli, e fosse indirizzata non solo da motivi economico-militari (come il creare zone-cuscinetto), ma dal "potere contrattuale" che tali conquiste avrebbero garantito sul piano internazionale.
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 29/11/2010, 21:09




sono perfettamente d'accordo sull arelae coesione degli stati cosiddetti nazionali formatisi nel medioevo :erano in realta dominipersonali di un monarca,al quale andava l'unica fedelta dei suoi abitanti,che non sentivano certo quello che oggi chiameremmo 'senso di apprtenenza'..
tanto è vero ch eper molti anni ancora ad esmpio non ci si preoccuopo ne di istituire una lingua ufficiale(in francia i primi provvedimenti in tal senso vennero presi solo nel XVIII SECOLO)ne dei registri anagrafici,per i quali si ci servi ancora sostanzialmente dei registi ecclesiastici...una vera organizzazione statale comincio ad affermarsi in francia (caso particolare quello del regno unito) solo con il re sole,finalizzata esclusivamente alla riscossione piu efficace di tassse e tributi....solo con la rivoluzion efrancese a mio parere,con l'affermarsi del concetto di cittadinanza,e in seguito con il romanticismo si puo cominciare a parlare di 'stati nazione',e non di 'domini personali'
 
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view post Posted on 1/6/2011, 10:36
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PUGNA PRO PATRIA SEMPER!!!!

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Nel 1454 la Penisola,dopo decenni di lotte scattenate dalla morte nel 1402 di Gian Galeazzo Visconti,Duca di Milano,trovò un pò di quiete anche se occassionali e limatati conflitti non mancheranno di caratterizzare i rapporti fra gli Stati preunitari.A quella data i più importanti erano il Ducato di Savoia retto dall'omonima dinastia,il Ducato di Milano retto dalla nuova dinastia degli Sforza,la Repubblica di Venezia,la Repubblica di Firenze(anche se bisognerebbe chiamarla Signoria in quanto i Medici erano i veri detentori del potere),lo Stato della Chiesa ed il Regno di Napoli retto dagli Aragonesi.La pace di Lodi faticosamente raggiunta diede quasi quarant'anni di tranquillità bruscamente interrota dalla discesa di Carlo VIII nel 1494:questa segnò l'inizio di un periodo convulso di guerre (chiamate Guerre d'Italia) che terminò convenzionalmente nel 1530 con la pace di Bologna.A quell'epoca il panorama politico era di molto cambiato:il Ducato di Milano ed il Regno di Napoli erano diventati una provincia dell'impero di Carlo V,il Ducato di Savoia era finito nell'orbita francese(sarà occupato dal 1536 al 1559),i Medici erano saliti al potere in maniera stabile,Venezia era stata ridimensionata in potenza ed influenza e tutti gli altri staterelli d'Italia erano troppo deboli e piccoli per costituire una reale minaccia sia a Carlo V che a suo figlio Filippo II,re di Spagna.L'unico stato che mantenne un certo grado di "libertà" fu il Ducato sabaudo che nel 1559 rientrò in possesso di Emanuele Filiberto di Savoia:da quell'anno in poi esso sarà uno dei grandi protagonisti della storia europea a dispetto degli altri Stati italiani.L'intera Penisola era finita per gravitare nel orbita della potenza spagnola e lo stato rinascimentale italiano era venuto meno.
Perchè?
Principalmente le cause del suo fallimento sono le seguenti:
1)Dimensione politica
Gli Stati italiani erano politicamente troppo divisi:nemmeno di fronte ad una minaccia che gli avrebbe travolti tutti fecero causa comune.Gli interessi singoli sopravvanzarono quello generale e quindi,in definitva,quello della loro stessa indipendenza;
2)Dimensione militare e finanziaria
Gli Stati italiani erano dotati di eserciti molto piccoli (circa 10.000 soldati per stato secondo il calcolo di Marco Pellegrini contro i 30.000 messi in campo da Carlo VIII nel solo 1494) e,nonostante fossero dotati di una economia e ricchezza non paragonabile a quella dei paesi d'Oltralpe,non riuscirono ad avere eserciti che andassero oltre le companie mercenarie,che avessero armi più moderne come i cannoni(usati per la prima volta nel 1494 e costruiti per il Re di Francia da un italiano) e che fossero loro fedeli (diserzioni o tradimenti di comandanti e soldati furono numerosi).Bisogna anche aggiungere che la capacità di condurre la guerra da parte degli stessi governanti lasciò molto a desiderare;
3)Dimensione consensuale
Gli Stati italiani non riuscirono a legittimarsi agli occhi della popolazione civile che ignorò o addirittura tradì i propri governi per evitare rappresaglie e saccheggi.E gli stessi governanti preferirorno affidarsi alle fortezze (considerate sicure) che guadagnarsi il sostegno della loro stessa gente (dato che il popolo è considerato volubile).
Queste a mio avviso sono le cause principali:non sono un esperto e non pretendo di esserlo ma questo è il frutto delle mie letture e riflessioni sull'argomento.Se vorreste aggiungere altro a questa discussione ve ne sarei profondamente grato.

Edited by Giuseppe Saracino '88 - 3/6/2011, 17:33
 
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view post Posted on 1/6/2011, 20:56

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CITAZIONE (Allonsanfan @ 29/11/2010, 21:25) 
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colla battaglia di Agnadello e la sconfitta veneziana, cessò di fatto l'ultimo, serio tentativo espansionistico d'uno stato regionale italiano volto ad acquisire il predominio ad un livello quantomeno interregionale, spezzato appunto da una coalizione degli altri principi - papa Giulio II in testa -, supportati dalla Francia.

Giustissimo.
Mi sembra che, tuttavia, Venezia se la sia un po' cercata: Giulio II e Massimiliano I le avevano pur sempre proposto un'alleanza in funzione anti-Francese.
Effettivamente le condizioni non erano particolarmente favorevoli(cessione di territori chiave, come Romagna, Gorizia, Trieste, Fiume, porti Pugliesi), ma a pesare fu, credo, il legame fra una parte consistente della nobiltà veneziana e la corte di Francia e la linea diplomatica aggressiva, adatta(forse) cinquant'anni prima, non in un primo Cinquecento segnato dalla pericolosa concorrenza commerciale delle Fiandre e dalla difficoltà a gestire e proteggere una terraferma molto estesa(basti come esempio l'impreparazione dimostrata nel caso delle incursioni turche in Friuli, nel 1472-1499).

CITAZIONE
Proprio allora le maggiori potenze europee si definirono come Stati nazionali, mentre noi andavamo incontro semmai ad un lungo periodo di ulteriore frammentazione

Banalmente: stato più grande e centralizzato = più soldi per pagare le truppe(ancora per buona parte mercenarie, sulla tradizione dei capitani di ventura. Non a caso il buon Machiavelli consigliava di dotarsi di un esercito nazionale, di un popolo in armi, molto più convinto e meno farfallone. E More ce l'aveva a morte con i mercenari svizzeri ^_^ ). E le armi, sempre più evolute e costose.

Potresti spiegarmi cosa intendi con "ulteriore frammentazione"? A cosa pensi, in particolare?

La questione del rapporto con gli altri "stati" mi sembra se non altro problematico, per una questione di prospettiva: a quanto ricordo nel Rinascimento non vigeva una concezione "nazionale" degli Stati, come sarebbe poi accaduto con il Romanticismo, e le stesse casate regnanti erano tutte legate (da qui la turbolenza degli interregni). Allo stesso tempo, vigeva ancora il sistema feudale, ostile a ogni tentativo di centralizzazione.
Vero è che l'ultimo capitolo del "Principe" chiama in causa l'utopia (redatto proprio in quegli anni, fra l'altro ^_^ ) di un'Italia unificata, e nei diari di Griselli (segretario dell'ambasciatore e umanista fiorentino G. Manetti) si fa riferimento a un tentativo Veneto-Fiorentino di estromettere il re "straniero" Alfonso d'Aragona da Napoli, MA non mi spingerei a interpretare queste fonti come sintomo di un preciso e generalizzato tentativo di egemonia in Italia.
Lo stesso sentimento di appartenenza non era rivoluto alla medesima realtà, comune a tutti gli staterelli della penisola. Penso, ad esempio, alla nobiltà Friulana, esclusa dal governo della dominante e rivolta a Vienna e Graz, a quella Siciliana, ansiosa di riguadagnare l'indipendenza da Napoli, ai guelfi milanesi che nel 1447-1450 si batterono strenuamente per garantire la libertà della Repubblica Ambrosiana.
I precedenti erano universalistici, fossero la Chiesa, l'Impero o le Lettere, nonostante il declino del latino possa essere interpretato come l'indizio di una contro-tendenza.
Presumo che l'espansione stessa si rivolgesse semplicemente alle aree più deboli, e fosse indirizzata non solo da motivi economico-militari (come il creare zone-cuscinetto), ma dal "potere contrattuale" che tali conquiste avrebbero garantito sul piano internazionale.

Oltre al Machiavelli il tema di un'unità politica oltre che culturale era stato affrontato (sebbene senza gli elaborati strumenti teorici del Machiavelli) già da Dante e Petrarca.
Mi sembra evidente che, seppur privata di peso politico fino a tempi recentissimi, un'idea di unità statuale come beneficio per l'Italia circolasse da molti secoli, perlomeno come volo di fantasia.
D'altronde il senso di unità culturale dell'Italia (comprese anche le regioni periferiche quali Friuli e Sicilia) mi sembra ben vivo e documentato dal '300. Nel '500 poi, forse proprio per reazione all'evidente declino nel peso politico mondiale, mi pare che questo senso di identità culturale si faccia addirittura sprezzante delle altre culture.
Mi riferisco ad esempio agli scritti di Campanella e di altri intellettuali (non ricordo il nome di quale rettore del Collegio di Spoleto, che per iscritto al Papa lamentava la differenza di intelligenza degli studenti non italiani e di quanto questa rendesse più faticoso l'insegnamento :D)
 
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MicheleNovaro
view post Posted on 3/6/2011, 16:30




CITAZIONE (dardanide @ 1/6/2011, 21:56) 
CITAZIONE (Allonsanfan @ 29/11/2010, 21:25) 
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colla battaglia di Agnadello e la sconfitta veneziana, cessò di fatto l'ultimo, serio tentativo espansionistico d'uno stato regionale italiano volto ad acquisire il predominio ad un livello quantomeno interregionale, spezzato appunto da una coalizione degli altri principi - papa Giulio II in testa -, supportati dalla Francia.

Giustissimo.
Mi sembra che, tuttavia, Venezia se la sia un po' cercata: Giulio II e Massimiliano I le avevano pur sempre proposto un'alleanza in funzione anti-Francese.
Effettivamente le condizioni non erano particolarmente favorevoli(cessione di territori chiave, come Romagna, Gorizia, Trieste, Fiume, porti Pugliesi), ma a pesare fu, credo, il legame fra una parte consistente della nobiltà veneziana e la corte di Francia e la linea diplomatica aggressiva, adatta(forse) cinquant'anni prima, non in un primo Cinquecento segnato dalla pericolosa concorrenza commerciale delle Fiandre e dalla difficoltà a gestire e proteggere una terraferma molto estesa(basti come esempio l'impreparazione dimostrata nel caso delle incursioni turche in Friuli, nel 1472-1499).

CITAZIONE
Proprio allora le maggiori potenze europee si definirono come Stati nazionali, mentre noi andavamo incontro semmai ad un lungo periodo di ulteriore frammentazione

Banalmente: stato più grande e centralizzato = più soldi per pagare le truppe(ancora per buona parte mercenarie, sulla tradizione dei capitani di ventura. Non a caso il buon Machiavelli consigliava di dotarsi di un esercito nazionale, di un popolo in armi, molto più convinto e meno farfallone. E More ce l'aveva a morte con i mercenari svizzeri ^_^ ). E le armi, sempre più evolute e costose.

Potresti spiegarmi cosa intendi con "ulteriore frammentazione"? A cosa pensi, in particolare?

La questione del rapporto con gli altri "stati" mi sembra se non altro problematico, per una questione di prospettiva: a quanto ricordo nel Rinascimento non vigeva una concezione "nazionale" degli Stati, come sarebbe poi accaduto con il Romanticismo, e le stesse casate regnanti erano tutte legate (da qui la turbolenza degli interregni). Allo stesso tempo, vigeva ancora il sistema feudale, ostile a ogni tentativo di centralizzazione.
Vero è che l'ultimo capitolo del "Principe" chiama in causa l'utopia (redatto proprio in quegli anni, fra l'altro ^_^ ) di un'Italia unificata, e nei diari di Griselli (segretario dell'ambasciatore e umanista fiorentino G. Manetti) si fa riferimento a un tentativo Veneto-Fiorentino di estromettere il re "straniero" Alfonso d'Aragona da Napoli, MA non mi spingerei a interpretare queste fonti come sintomo di un preciso e generalizzato tentativo di egemonia in Italia.
Lo stesso sentimento di appartenenza non era rivoluto alla medesima realtà, comune a tutti gli staterelli della penisola. Penso, ad esempio, alla nobiltà Friulana, esclusa dal governo della dominante e rivolta a Vienna e Graz, a quella Siciliana, ansiosa di riguadagnare l'indipendenza da Napoli, ai guelfi milanesi che nel 1447-1450 si batterono strenuamente per garantire la libertà della Repubblica Ambrosiana.
I precedenti erano universalistici, fossero la Chiesa, l'Impero o le Lettere, nonostante il declino del latino possa essere interpretato come l'indizio di una contro-tendenza.
Presumo che l'espansione stessa si rivolgesse semplicemente alle aree più deboli, e fosse indirizzata non solo da motivi economico-militari (come il creare zone-cuscinetto), ma dal "potere contrattuale" che tali conquiste avrebbero garantito sul piano internazionale.

Oltre al Machiavelli il tema di un'unità politica oltre che culturale era stato affrontato (sebbene senza gli elaborati strumenti teorici del Machiavelli) già da Dante e Petrarca.
Mi sembra evidente che, seppur privata di peso politico fino a tempi recentissimi, un'idea di unità statuale come beneficio per l'Italia circolasse da molti secoli, perlomeno come volo di fantasia.
D'altronde il senso di unità culturale dell'Italia (comprese anche le regioni periferiche quali Friuli e Sicilia) mi sembra ben vivo e documentato dal '300. Nel '500 poi, forse proprio per reazione all'evidente declino nel peso politico mondiale, mi pare che questo senso di identità culturale si faccia addirittura sprezzante delle altre culture.
Mi riferisco ad esempio agli scritti di Campanella e di altri intellettuali (non ricordo il nome di quale rettore del Collegio di Spoleto, che per iscritto al Papa lamentava la differenza di intelligenza degli studenti non italiani e di quanto questa rendesse più faticoso l'insegnamento :D)

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempresta, Non donna di Provincie ma bordello!

Divina Commedia, Purgatorio Canto VI
 
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18 replies since 24/11/2008, 01:15   390 views
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