Forum Patriottismo - Patria, Nazione, Irredentismo, Italia, Tradizione, Storia, Geografia, Cultura, Politica, Attualità, Società

I prigionieri di guerra italiani durante la Grande Guerra, una pagina d'infamia

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 9/8/2009, 10:29
Avatar

PUGNA PRO PATRIA SEMPER!!!!

Group:
Moderatore
Posts:
3,292
Location:
Bitonto,Bari,Puglia,Italia

Status:
Anonymous


D'Annunzio gli chiamava "imboscati d'oltralpe" e loro sofferenze sono un'infamia per la nostra Patria:prigionieri di guerra lasciati morire di fame per scoraggiare la resa dei soldati italiani già duramente provati dalla disumana disciplina del generalissimo Cadorna,uomo senza pietà.Creo questa discussione affinchè tutti ricordino quest'ombra,questa infamia che grazie a Dio non si è più ripetuta.
CITAZIONE
I PRIGIONIERI DI GUERRA ITALIANI DELLA 1^ GUERRA MONDIALE



Una delle pagine meno conosciute della prima guerra mondiale, riguarda i prigionieri italiani. Conviene oggi farla conoscere.
Complessivamente nel corso del conflitto i militari italiani internati nei campi di concentramento dell’Impero austro-ungarico ed in Germania furono circa 600.000, dei quali quasi la metà catturati nelle giornate della rotta di Caporetto.

La loro è una storia tragica, storia fatta di fame, malattie e disperazione, situazione esistenziale particolarmente dura soprattutto per i soldati che erano costretti a svolgere pesanti attività inquadrati nelle cosiddette “Compagnie di lavoro”; dal canto loro gli ufficiali - circa 20.000 - potevano godere di un tenore di vita più accettabile, nel senso che offriva maggiori possibilità di sopravvivenza.
La truppa internata nei campi di concentramento, sovraffollati, viveva in condizioni assai precarie, pressoché dimenticata dalla madrepatria. Il passaggio dallo stato di combattente a quello passivo di prigioniero era giudicato da Cadorna e dai vertici militari italiani un fatto negativo, se non addirittura una scelta voluta. Giudizio meritevole di misure drastiche atte a “far riflettere” i soldati circa l’inopportunità di “salvare la pelle” dandosi prigionieri. Atteggiamento che il Comando Supremo mantenne sino alla fine della guerra, anche dopo il cambiamento al vertice tra Cadorna e Diaz.
Fu sostanzialmente un immane processo condotto arbitrariamente contro centinaia di migliaia di soldati che furono infamati dal sospetto di diserzione. Nessuno, o pochi, si pose il problema che l’essere presi prigionieri generalmente è l’effetto di una battaglia perduta quasi sempre non per la scarsa combattività delle truppe, bensì per errata conduzione.
Oltre al vilipendio, nei lager austriaci e germanici i soldati italiani patirono pene infinite: il clima rigido unito al vitto scarsissimo, l’impossibilità di ricevere dalle famiglie alimenti e indumenti, rese possibile una percentuale elevatissima di mortalità. Mortalità che non necessariamente è imputabile alla mancanza d’umanità dei custodi o ad una loro precisa volontà di rendere ancor più duro l’internamento.

Giova alla verità riconoscere che le condizioni alimentari della popolazione nei territori della duplice monarchia erano sostanzialmente drammatiche e che l’onere di dover provvedere al sostentamento di centinaia di migliaia di prigionieri rappresentava un serio problema per le autorità militari e politiche imperiali. Un fatto è certo: il Parlamento austriaco non sottovalutò l’eccessiva mortalità degli internati italiani ed esaminò con molta attenzione casi come quello di Milovice e di Mauthausen tentando in qualche modo di porvi rimedio.
Si è premesso che quella dei prigionieri di guerra è una delle pagine meno conosciute della prima guerra mondiale ed il motivo della rimozione dalla memoria collettiva è dovuto al pessimo rapporto che la cultura italiana ha sempre avuto con il tema della prigionia. Nel corso della guerra il Comando Supremo finì con l'assimilare - di fatto - i prigionieri ai disertori. L’opinione pubblica, ovviamente escluse le famiglie dei diretti interessati, fu indotta a considerarli peccatori contro la Patria ed il Vate D'Annunzio che sicuramente “volava troppo alto” li bollò come “imboscati d'Oltralpe”.
L’esperienza di prigionia di 580.000 soldati e 19.500 ufficiali italiani - tra i quali ci furono 100.000 morti di cui 550 ufficiali - fu conseguentemente fatta passare sotto silenzio, per poi rapidamente essere dimenticata. L’”Esercito Vittorioso” doveva essere solo quello che aveva combattuto nelle trincee; viceversa, chi per qualsiasi motivo diverso dalla morte o dall’invalidità era stato depennato dai “ruolini” non era legittimato al titolo di combattente. Pertanto, il Comando Supremo ed il Governo fecero mancare qualsiasi aiuto ai prigionieri. Per tutta la durata della guerra il Comando Supremo si preoccupò soprattutto di arginare il fenomeno della diserzione, demandando alla Croce Rossa ed a sodalizi privati qualsiasi iniziativa tesa a rendere meno penosa la cattività dei soldati.
Questa scelta strumentale ed affatto lecita non rende certo merito a chi la volle ed a chi si prodigò nell’attuarla.
Angelo Bronzini nelle sue “Memorie di prigionia”, pubblicate nel 1920, scrisse:
I prigionieri di guerra americani erano mantenuti dal loro governo con una larghezza principesca; gli inglesi ricevevano pure dal loro governo o da comitati privati anche il superfluo ed erano vestiti e calzati a nuovo; i francesi avevano tutti, senza distinzione e fin dal primo giorno della cattura, pane biscottato in abbondanza e ricevevano gratuitamente indumenti e viveri a sufficienza da comitati vari. Noi italiani fummo invece abbandonati completamente a noi, ed il patrio governo che pur sapeva le condizioni nostre, non intervenne mai se non a nostro danno: censurò la posta con criteri bizantini, ne limitò l’invio a sole cartoline, impose limitazioni infinite e difficoltà burocratiche d’ogni specie all’invio dei pacchi, vietò la spedizione di generi indispensabili, e per lungo tempo lesinò perfino i mezzi di trasporto dei pacchi stessi. Tale politica miope ed inumana diede però i suoi frutti: migliaia e migliaia di soldati nostri, gioventù balda che aveva dato tesori sui campi di battaglia, giacciono ora nei cimiteri tedeschi, altre migliaia sono tornati in patria rosi da un male terribile che non perdona. Il soccorso del governo giunse soltanto ridicolo e tardivo: dodici mesi circa dalla nostra cattura, qualche giorno prima dell’armistizio, quando già di migliaia di italiani morti di fame era seminata l’Austria, inviò per i prigionieri di guerra alcuni vagoni di galletta!.
Dal canto suo il soldato Annibale Calderale ricordò che:

I prigionieri inglesi ricevevano tutto quello che abbisognava ed in abbondanza. I francesi e belgi pure avevano il necessario, i russi erano soccorsi dai comitati della Croce Rossa, i serbi dal governo italiano. Solamente noi prigionieri italiani non avevamo niente da nessuno, solo dalle nostre famiglie.
Non si sa, ancora oggi, dove siano morti, spesso di consunzione e di fame, molti dei 100.000 soldati italiani. L’Austria e la Germania non furono mai in grado di indicare il numero dei deceduti fuori dai campi d’internamento. Valga come metro di giudizio la conclusione alla quale giunse la Commissione per la violazione delle genti:

Chi può dire quante vittime abbiano lasciato nelle varie regioni della
monarchia austro-ungarica e della Germania le Compagnie di lavoro?.

In verità, è fondato il sospetto che ben poco venne fatto dal Governo italiano per pretendere una risposta adeguata.
A distanza di 90 anni dalla fine della guerra, solo un’esigua parte degli italiani conosce ed è interessata a quanto accadde tra il 1915 ed il 1918; tale indifferenza -tutta a favore di coloro che da sempre osteggiano la verità - non aiuta le generazioni future a comprendere in modo compiuto gli eventi attuali, eventi che sono l’effetto naturale dei precedenti e che possono essere annullati dall’assimilazione del principio: <<non occorre guardare indietro>>. Da questa considerazione, certamente non emerge la maturità che dovrebbe caratterizzare un popolo.
Corazzarsi dietro i non so oppure prendere per certa senza verificarla la versione di pochi, privilegiandola rispetto “alla voce della gente”, non ufficiale ma tramandata da chi ne fu protagonista - nel nostro caso come prigioniero e lavoratore coatto - è da agnostici e non rende giustizia a tanti ottimi soldati caduti senza l’”onore della memoria”.

Fulvio CAPONE

Link dell'articolo
 
Contacts Contacts  Top
view post Posted on 9/8/2009, 13:37
Avatar

Amministratore bannerino

Group:
Amministratori
Posts:
19,121
Location:
*'*ITALIA*'*

Status:
Anonymous


Certo che la sofferenza è stata tanta, poveretti...
 
Web Web  Top
«Il Littore»
view post Posted on 9/8/2009, 13:57




Peccato non aver rivendicato, nel post-guerra, la pelle dei carnefici.
 
Top
view post Posted on 9/8/2009, 14:28
Avatar

PUGNA PRO PATRIA SEMPER!!!!

Group:
Moderatore
Posts:
3,292
Location:
Bitonto,Bari,Puglia,Italia

Status:
Anonymous


CITAZIONE («Il Littore» @ 9/8/2009, 14:57)
Peccato non aver rivendicato, nel post-guerra, la pelle dei carnefici.

Guarda che fu il governo italiano a far morire di fame i nostri....
 
Contacts Contacts  Top
«Il Littore»
view post Posted on 9/8/2009, 14:43




Ho inteso male, pardòn.
 
Top
4 replies since 9/8/2009, 10:29   3100 views
  Share