| Navigavo su internet passando da un sito all'altro quando ho scoperto alcuni testi che narrano le vicende dei prigionieri italiani in Himalaya. Quanti di voi sapevano che ben diecimila italiani della seconda guerra furono deportati pure lì? Su, alzate la manina... 10.000 in Himalaya una storia di guerraDiecimila ufficiali italiani, quasi tutti fatti prigionieri dagli inglesi in Africa e successivamente inviati nei campi di prigionia in India, confluirono nel 1942 nel campo di concentramento di Yol, ai piedi dell'Himalaya, e lì rimasero fino al 1947, quando i sopravvissuti poterono finalmente rientrare in patria. E' un fatto poco noto della Seconda Guerra Mondiale, ma a documentare nei particolari la vita del campo c'è oggi un eccezionale reportage fotografico, realizzato da uno dei prigionieri, Lido Saltamartini, con una minuscola macchina fotografica costruita con materiale di recupero. Prima di arrivare a Yol, Saltamartini aveva trascorso un anno di prigionia a Bangalore, nello stato di Mysore, dove era riuscito a mettere insieme l'apparecchio e salvarlo dalla perquisizioni.
Con esso, scattò duemila fotografie, che venivano nascoste all'interno di sigarette svuotate dal tabacco e nei tubetti di dentrificio; di queste 500 andarono perse mentre le altre, conservate con cura per cinquant'anni, sono state raccolte in un libro: 10.000 prigionieri in Himalaya - Tesori, orsi, idee, fughe.
L'autore è oggi un signore di 96 anni, che ha creato una Fondazione per ricordare quel periodo della sua vita e i compagni con cui l'ha condiviso, aiutando i bambini sordo ciechi. Le foto, ingrandite da un negativo di pochi millimetri, mostrano le tende e le baracche che fungevano da alloggio ai prigionieri e gli altri servizi del campo: docce, mensa, cappella, ma anche attrezzature sportive per mantenere l'efficienza fisica, un campo da tennis e un cinema all'aperto (che proiettava un unico film, a pagamanto). L'ambiente era relativamente confortevole, se paragonato ad altri campi di prigionia, e ai prigionieri venivano concesse alcune libertà, ma "senza un'attività si finiva lentamente in preda alla disperazione. E la disperazione può portare ad errori enormi, anche letali. Era indispensabile quindi impegnarsi, avere uno scopo, un traguardo". Ecco allora gli innumerevoli modi escogitati per passare il tempo, dalla musica alla pittura, dalla realizzazione di una rivista stampata grazie alla gelatina recuperata da una lastra di radiografia alla costruzione di incredibili "macchine": per distillare l'acqua, una turbina con caldaia e perfino una trebbiatrice di 60 centimetri. Il trasferimento da Bangalore a Yol - 2500 chilometri percorsi in 144 ore, passando da un treno all'altro con brevi soste nelle stazioni - è documentato da una serie di foto scattate dal finestrino del treno ("Non avevamo neppure una schematica carta geografica per capire se quale strada del mondo fossimo".) All'arrivo al Campo di Yol, la vita riprende con le consuete attività ("I lavori per creare campi ricreativi, macchine, tecnologie, conferenze scientifiche e tutto ciò che mancava. Cioè: Tutto."). Poi, dopo sei mesi, le prime uscite, con alcuni scorci del paesaggio circostante, dei Templi vicini, degli abitanti e degli animali
Alla fine della guerra, ai prigionieri viene concessa una graduale libertà, ma entro precisi confini territoriali, e la possibilità di un ritorno appare ancora lontana, legata all'interminabile attesa di un piroscafo. Iniziano così i tentativi per procurarsi un altro mezzo, prima il progetto di costruire un piccolo aliante a motore e poi quello di acquistare una moto con agli arretrati dello stipendio accumulati negli anni di prigionia. L'ultima foto del campo è quella del camion che si allontana, diretto verso la stazione di Nagrota; da lì il viaggio proseguirà in treno fino a Bombey e poi in piroscafo per Napoli. Oltre ai testi che commentano le immagini, il libro contiene anche un ricordo della battaglia di Tobruk (21 gennaio 1941) in cui l'autore venne fatto prigioniero.http://erewhon.ticonuno.it/riv/storia/yol/prigionia.htmLe note bibliografiche sul campo di prigionia alle pendici dell’Himalaya Pubblicato da admin in Storia il 25 dicembre 2009Tratto da http://libridecimarsi.blogspot.com/ oggi sul “il giornale”,si parla del campo di prigionia di yol.leggendo attendamente,la sintesi curata dal giornalista,ho scovato una mia piccola ricerca.creata tempo fa’,sul campo alle pendici dell’himalaya.alcuni dati sono stati presi,tramite internet.altri ancora,presi da libri che ho a casa. forse pochi conoscono,il totale dei campi di prigionia che i soldati italiani conobbero nell’ultima guerra.non si sapeva quasi niente,per colpa di una politica storica culturale,atta a demonizzare coloro che combatterono nel periodo del fascismo.non sara’ questa discussione a giudicare se fu esatta o non fare la guerra,ma certamente molti soldati italiani,catturati patirono fame,miseria e sofferenza.attualmente vengono fuori a livello informativo nazionale,parole che molti soldati conobbero da vicino.cito hereford in texas,hawaii,palestina,algeri,in jugoslavia,gulag in unione sovietica,in india,in africa settendrionale-meridionale,coltano,padula,taranto,collescipoli,etc.tra queste che suscita,curiosita’ e il campo di prigionia ai piedi dell’himalaya.tutti i soldati che vennero catturati,provenivano dai campi di battaglia dell’africa,che per arrivare nella citta’ fantasma chiamata yol,dovettono sorbirsi viaggi in mezzi da trasporto truppa,treni merci,e navi.il tutto ammassati come delle bestie,sudici e irresistibili a tal punto che alcuni prigionieri non ce la faranno a vivere. per fortuna che alcuni di loro hanno lasciato delle testimonianze a riguardo della loro prigionia ai piedi dell’himalayauno dei primi,che pubblico’ le sue memorie e la vita del campo,fu antonelli sergio con il suo “IL CAMPO 29″ del 1952.racconta un fatto storico probabilmente sconosciuto ai più: la prigionia, durante la Seconda guerra mondiale, di circa diecimila ufficiali italiani concentrati in quattro campi a Yol, ai piedi della catena himalayana. Ma in realtà il campo 29 non esisteva, c’erano il 25, il 26, il 27 e il 28, il 29 era solo nel gergo dei prigionieri perché quando ne moriva uno dicevano “è andato al 29″. Sergio Antonielli descrive le sofferenze fisiche - la denutrizione, la febbre del filo spinato, il clima insopportabile - ma soprattutto concentra il suo racconto sulla prigionia come condizione esistenziale. La sospensione della vita nel campo, le ore trascorse a riprendere le proprie attività nel punto dove le si erano lasciate: il professore studia, il commerciante traffica, il sarto taglia e cuce. Un’amara e fittizia recita collettiva per cercare di mascherare il progressivo disfacimento dell’uomo e tentare, se possibile, di sopravvivere. altro ex prigioniero che lascio’ le sue memorie,fu elios toschi,ufficiale di marina,ideatore,insieme a teseo tesei del siluro a lenta corsa,che alla fine degli anni 40 scrisse IN FUGA OLTRE L’HIMALAYA.toschi fu catturato e dopo varie tappe,conobbe il campo di prigionia a yol,alle pendici dell’himalaya.insieme a un’altro prigioniero dal cognome di milesi,riuscirono ad evadere e riconquistare la liberta,nella colonia portoghese dell’isola di diu. se leggete il libro di toschi troverete questa citazione:”insieme a un’altro prigioniero dal cognome di milesi,riuscirono ad evadere e riconquistare la liberta,nella colonia portoghese dell’isola di diu.” dovrei puntualizzare che dal campo di prigionia toschi evase si con milesi,poi si divise con quest’ultimo.e mentre milesi riuscì subito ad arrivare nella colonia portoghese,toschi nell’intento di attraversare l’himalaya,venne catturato e riportato a yol.testardo e piu’ convinto,evase di nuovo e al secondo tentativo finalmente riconquisto’ la liberta’. qualcuno dira’ ma come fecero?semplice,acquisirono la lingua,i modi e si vestirono secondo gli usi e le abitudini del territorio,cui erano “ospiti”. camillo milesi,il compagno di prigionia che evase insieme a toschi,verso la fine degli anni 40,pubblico’ un libro dal titolo 20.000 RUPIE DI TAGLIA.ce da dire che milesi,in confronto a toschi,riuscì subito’ ad arrivare a goa,colonia del portogallo,in quanto toschi costretto a staccarsi da milesi,per ovvi motivi di ,si allungo’ provando a superare l’himalaya,ma fu catturato.mentre la seconda volta ci riuscì con maggior fortuna e successo.il suo libro attualmente risulta,raro e introvabile leonida fazi,nel 92 contribuì,con un libro che dal titolo rabbrividisce il lettore.il suo LA REPUBBLICA FASCISTA DELL’HIMALAYA e degno dei due precedenti descritti.l’autore fu realmente presente alla prigionia.bersagliere del 6° e aggregato all’8° bersaglieri,fu catturato con le armi in pugno in africa. questo libro e reperibile tramite l’associazione culturale raido. in ultimo,ma per essere uscito nel 2004,il libro di carlo grande dal titolo LA CAVALCATA SEVAGGIA.Il protagonista, Pribaz, è un pilota da guerra italiano fatto prigioniero dalle truppe britanniche durante la Seconda guerra mondiale e deportato in un campo di prigionia ai piedi dell’Himalaya. Costretto a far fronte alla durezza di un’esistenza che pare ormai senza scopo, giunto allo stremo delle forze dopo un fallito tentativo di fuga, Pribaz rinnega il fascismo e ottiene il permesso di compiere escursioni con i compagni di prigionia. Compirà una lunga marcia verso il lago Tso Moriri attraverso una terra popolata da pastori, orsi e carovane. Una marcia che sancirà il suo riscatto.edizioni ponte alle grazie,attualemente reperibile. non sono soltanto questi,i titoli dedicati alla prigionia dell’himalaya.infatti troviamo i seguenti libri: criminals camps.autori vari edizioni cen roma. uno dei tanti di corraro corsi. racconti del tempo perduto di enzo benedetto. all’ombra dell’himalaya di alfonso del guercio. india inutile di loffredo gaetani. 10.000 in Himalaya 1941-1947″, ed. Humana, 1997. Yol. Prigioniero in Himalaya: di Benardelli Mainardo.edizioni EsseZeta-Arterigere 2007. Prisoner of war:di Elena Morea e Annalia Orangi.Torino,Elena Morea Editore, 2003 diari indetiti dell’autore e dei venticinquisti *
*:cosi si facevano chiamare gli irriducibili rimasti fedeli alla repubblica sociale,rinchiusi nel campo 25 di yol.http://www.ladestra.info/?p=23316
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