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La cappa di silenzio sul bestiale stupro di massa del ‘44

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Van Hanegem
view post Posted on 27/4/2010, 20:55




La furia bestiale che si abbatté sulle campagne e sui villaggi italiani, specie al Sud, dopo lo sbarco alleato ad Anzio e l’avanzata su Roma nella primavera del 1944, è ancora in parte sconosciuta, salvo che alle 60.000 donne, adolescenti e bambine che ne furono le vittime
Il generale Juin, al termine della battaglia di Cassino, diede ai suoi “goumiers” (da “goum”, reparto militare marocchino arruolato nel medesimo villaggio e clan) carta bianca per due giorni, come premio della vittoria che implicava il diritto di vita e di morte sulle popolazioni civili, il furto dei loro beni e la violenza sulle donne. Era stato questo l’incentivo che aveva convinto i marocchini a combattere per i francesi andando all’assalto delle posizioni nemiche alla testa dei reparti alleati. Così per due giorni e due notti razziarono, violentarono, uccisero. Stuprarono donne e bambine, dagli otto agli ottant’anni, obbligando padri e mariti ad assistervi

I risvolti della guerra, con le turpi appendici che si consumano nelle retrovie, son quelli di cui la storia perde volentieri nozione e li confina nel ripostiglio più nascosto e sudicio della memoria. La storia delle donne stuprate dai soldati marocchini agli ordini del generale francese Juin nell’ultima guerra è data quasi per scontata e come collegata alla fatalità della storia. Non se ne parla volentieri, resta un capitolo ermeticamente chiuso, se ne conoscono spiragli di dolore.
La furia bestiale che si abbatté sulle campagne e sui villaggi italiani, specie al Sud, dopo lo sbarco alleato a Anzio e l’avanzata su Roma nella primavera del 1944, è ancora in parte sconosciuta, salvo che alle 60.000 donne, adolescenti e bambine che ne furono le vittime designate e inconsapevoli. Fu una tragedia nella tragedia che all’inizio fu quasi difficile raccontare per imbarazzo e vergogna e poi, col passare del tempo, volutamente relegata dalla grande storia a episodio marginale, finchè la tendenza “terzomondista” nella storiografia “progressista” impose una cappa di silenzio, più vergognoso delle violenze compiute, per non favorire una forma di “pregiudizio razziale”. Se è così, come temiano, scopriamo che della storia si possono rivelare solo gli aspetti che fanno comodo e nascondere quelli che non concorrono alla “verità” che si vuol stabilire, e che non ha bisogno di essere dimostrata.
È un capitolo che gli storici italiani delle seconda guerra mondiale ignorano, quelli anglosassoni appena accennano e quelli francesi addirittura negano o riducono a episodi isolati e di poca importanza. Si riscontrano strane e colpevoli amnesie.
Nella sua storia delle donne nella seconda guerra mondiale, Mirian Mafai non ne parla. Non ne fa la minima menzione neppure per rispetto delle vittime. È un episodio che per lei non esiste. Come storia delle donne raccontata da una donna, per giunta “progressista”, non c’è male!
Solo nei costumi tribali di crudeltà degli eserciti afro-asiatici la sconfitta del nemico doveva accompagnarsi con l’umiliazione più abbietta e l’annientamento fisico dell’uomo e la violenza delle donne. Solo i giapponesi in Cina, con lo stupro di Nanchino, e le truppe marocchine e senegalesi in Italia praticarono lo stupro di massa, come rito di guerra e premio per gli atti di valore compiuti. Lo storico inglese Releigh Trevelyan, nel suo libro, ”Roma ’44”, scrive che «le truppe franco-algerine e i marocchini, nelle loro caratteristiche uniformi a strisce, erano veri guerrieri delle montagne; ed i loro metodi spregiudicati e crudeli di fare la guerra terrorizzavano sia i tedeschi sia la popolazione civile italiana». Ma sull’argomento non si diffonde molto di più. I marocchini tagliavano il naso e le orecchie ai tedeschi catturati e li mostravano come trofei di guerra, secondo i costumi di guerra delle tribù primitive nelle lotte di predominio tra i clan.
Vendevano i prigionieri tedeschi agli americani che poteva vantare così di aver compiuto azioni eroiche senza troppo rischio.
Il generale Juin, al termine della battaglia di Cassino, diede ai suoi “goumiers” (da “goum”, reparto militare marocchino arruolato nel medesimo villaggio e clan) carta bianca per due giorni, come premio della vittoria che implicava il diritto di vita e di morte sulle popolazioni civili, il furto dei loro beni e la violenza sulle donne. Era stato questo l’incentivo che aveva convinto i marocchini a combattere per i francesi andando all’assalto delle posizioni nemiche alla testa dei reparti alleati.
Così per due giorni e due notti razziarono, violentarono, uccisero. Stuprarono donne e bambine, dagli otto agli ottant’anni, obbligando padri e mariti ad assistervi. Chi tentò di reagire venne ucciso. Non si salvarono gli uomini, i ragazzi, i preti. Le violenze sessuali dei marocchini sulle donne bianche europee, oltre che come istinto bestiale di contadini analfabeti arruolati per la paga nei villaggi del Sahara e dell’Atlante, erano una specie di “promozione” che li elevava al rango di “dominatori”, di padroni assoluti della vita degli sconfitti, privati della loro dignità più intima, una testimonianza elementare di “possesso” che li ripagava dalla condizione di paria colonizzati dai bianchi. Quando mai avrebbero avuto un’altra occasione simile?
Nessuno prima d’allora aveva compiuto simili atrocità, neppure i barbari dell’antichità. Le poche donne che si salvarono lo dovettero unicamente all’intervento armato delle pattuglie americane. Furono loro a proteggerle e a trasferirle in luoghi sicuri al riparo dalle truppe di colore. I soldati americani bianchi non si fidavano nemmeno dei loro commilitoni di colore e negli accampamenti era norma che bianchi e neri venissero rigorosamente divisi e alloggiati a distanza gli uni dagli altri.
I francesi lasciavano fare dicendo che era impossibile governare i marocchini. Nemmeno sotto l’occupazione tedesca gli abitanti dell’Italia centro-meridionale avevano subito un simile oltraggio. I marocchini sparsero il terrore e si distinsero per brutalità. Si finì per chiamare “marocchini” tutti i soldati africani che stupravano le donne e quel marchio d’infamia restò loro appiccato per sempre. Nella fantasia popolare “marocchino” divenne sinonimo - e lo è rimasto ancora oggi - di ferocia bestiale e di violentatore recidivo e abituale. Le gesta degli immigrati marocchini nel nostro paese non hanno cancellato la cattiva fama di stupratori e di scansafatiche. Le regole cavalleresche in vigore negli eserciti europei non appartenevano al codice d’onore del combattente africano o arabo.
I tedeschi in ritirata avevano razziato le campagne e i villaggi della Ciociaria, ma non avevano mai violentato le donne. Nella sconfitta e nella disperazione non s’erano degradati a tal punto. Quando si diffuse la notizia che stavano arrivando i “liberatori”, il paese si preparò ad accoglierli festosamente. Nessuno si aspettava di veder arrivare questi uomini dalle pelle scura, il volto butterato dal vaiolo, gli occhi neri di brace, intabarrati nei “burnous” marroni, il turbante, i lunghi pugnali ricurvi alla cintura, sporchi, “gente selvatica, bestie”, concordano le testimonianze. Non si capiva perché queste truppe coloniali fossero state mandate in un paese civile a comportarsi come le tribù selvagge dell’Africa. Dopo la “liberazione” di Roma, le truppe coloniali francesi, marocchini, algerini e senegalesi, si sarebbero macchiate di atrocità e violenze sessuali anche in Toscana, nel Senese e all’isola d’Elba. «Erano come straccioni, come banditi, non sembravano soldati, ’sti barboni, olivastri, brutti proprio», dice un’altra testimone ciociara.
Curzio Malaparte nel suo libro «La pelle», sulla tragedia di Napoli in guerra, li aveva studiati nei loro sguardi di cupidigia e di desiderio per le donne bianche.«I servi marocchini che si affaccendavano intorno alla tavola non distoglievano da Jeanlouis gli occhi incantati, e io vedevo in quegli occhi luccicare una torbida voglia. Per quegli uomini venuti dal Sahara o dalle montagne dell’Atlante, Jeanlouis non era che un oggetto di piacere...». (Malaparte, La pelle, pag. 117).
I marocchini si portavano dietro un serraglio di prostitute marocchine per i loro quotidiani sfoghi, come branchi di capre. Dopo la caduta di Montecassino, su precisa autorizzazione del comando francese, ebbero a disposizione le donne d’ogni età dei villaggi italiani conquistati.
I marocchini ignoravano tutto della guerra, sapevano solo che si combatteva in Europa, tra europei, e che loro non c’entravano se non come carne da cannone, fin dai tempi di Napoleone III, nella campagna d’Italia del 1859. Così da bravi “servi” dei francesi andavano all’attacco salmodiando, (“Allah illah Allah! Mohammed Rassoud Allah”). Non solo uccidevano il nemico, lo mutilavano orrendamente perché la vittoria fosse completa. A proposito di stupri e di violenze sessuali il Corano, evidentemente, non diceva nulla che li impedisse come atti ignobili e bestiali ai musulmani, i quali continavano a seguire un regolamento di guerra che non cambiava dal Medioevo. Le voci di sgozzamenti notturni, di sevizie e di barbarie d’ogni genere resuscitavano gli incubi ancestrali delle incursioni saracene sulle coste italiane.
Una indagine ministeriale posteriore accertò che le donne violentate raggiungevano complessivamente la cifra di 60.000.
La magistratura militare francese avviò 160 procedimenti giudiziari che riguardavano 360 individui. Il tribunale francese emise alcune condanne a morte e ai lavori forzati.
Una quindicina di marocchini erano stati colti sul fatto e fucilati sul posto. In complesso lo stato francese fu reticente e non riconobbe la vastità dei casi denunciati dagli italiani. Le richieste di indennizzo furono accolte solo in numero esiguo. I francesi pagarono da un minimo di 30.000 lire a un massimo di 150.000 lire una tantum fino al l° agosto 1947, cifre che apparvero ideguate anche allora. Le domande di risarcimento fino al dicembre 1949 erano state non più 20.000, un terzo dei casi accertati, solo perché la maggioranza delle donne aveva preferito nascondere lo stupro e parecchie non erano sopravvissute alle violenza.
Nelle piazze dei paesi ciociari, ad Ausonia e Esperia, sorgono le lapidi che ricordano le vittime della violenza selvaggia dei “marocchi”, come li chiamano da queste parti. Ma nessuno ama parlarne. I testimoni, e insieme le vittime di quella tragedia, sono morti da tempo. Da quelle violenze non nacquero figli. I marocchini erano affetti da gravi malattie veneree che trasmisero alle donne e alle bambine violentate. Malattie che provocarono interruzioni e aborti spontanei nella maggioranza dei casi. Solo pochi bambini meticci sopravvissero e le madri li allevarono amorevolmente rinunciando a sposarsi. Ma parecchie donne, specie le più giovani, non ressero alla vergogna e abbandonarono il paese per trasferirsi in città dove sarebbe stato più facile dimenticare e farsi dimenticare.
In realtà non superarono mai l’onta dell’oltraggio subìto e rimasero segnate per sempre. Non avevano più osato guardare in faccia i familiari, e avevano preferito nascondersi come animali spauriti.

www.fattisentire.org/modules.php?na...rticle&sid=1590

Mario CERVI
Testimonianze dall'Italia «marocchinata» (truppe marocchine in Italia)


Per questo "Il corpo di spedizione francese in Italia 1943-1944" (Mursia, pagg. 256, euro 19), Fabrizio Carloni sarà da più d'uno iscritto all'elenco dei revisionisti, vil razza dannata. Il libro si propone infatti di raccontare i fatti e i misfatti dei soldati maghrebini -appartenenti al corpo di spedizione francese del generale Alphonse Juin- che parteciparono alla campagna d'Italia nella seconda guerra mondiale: e che, essendosi in combattimento distinti per il loro coraggio, si distinsero purtroppo anche per gli stupri, le ruberie, la violenza, la ferocia. Quei marocchini -non lo erano tutti, ma del Corpo di spedizione costituivano il nerbo- lasciarono una scia di tragedie e di odi. Le «marocchinate» -come "La ciociara" del racconto di Moravia da cui venne tratto un film con Sofia Loren protagonista e Vittorio De Sica regista- furono vittime di comportamenti bestiali d'una truppa mal controllata e a volte lasciata libera di sfogare i propri istinti peggiori.

Alla rievocazione di queste vicende -tra le più dolorose e umilianti della vita nazionale- storici e divulgatori si sono dedicati poco, e di malavoglia. Le sorti delle «marocchinate» furono ritenute politicamente poco corrette. Così accadde a lungo anche per le mattanze di fascisti o presunti tali dopo il 25 aprile 1945 o per gli eccidi di prigionieri italiani disarmati di cui furono responsabili reparti statunitensi dopo lo sbarco in Sicilia del luglio 1943. La convenzione storica consolidata e in buona sostanza accettata ed avallata dalle Alte Autorità vuole che il ruolo dei cattivi spetti sempre e comunque, quando si ripercorre quel tempo, ai tedeschi. Loro i fucilatori, loro i massacratori, loro i violenti. E noi, gli italiani, dalla parte dei buoni e perfino, pensate un pò, dalla parte dei vincitori.

Le atrocità tedesche furono spaventose. Giusto rammentarle e condannarle incessantemente, in cerimonie solenni. Ma un qualche briciolo di memoria potrebbe essere dedicato anche ai morti e alle sofferenze da attribuire a chi si fregiava dell'etichetta di liberatore -e nessuno nega che gli angloamericani abbiano portato la democrazia- ma agiva all'occorrenza da oppressore e da giustiziere: e associava alla sua avanzata i terribili goumiers, ossia appartenenti a un goum («Goum -spiega Carloni- è la traslitterazione fonetica francese del termine arabo qum che indica una banda o uno squadrone: il goum era in genere basato sul villaggio o su un gruppo di villaggi e di famiglie. Il goumier era un irregolare marocchino di razza berbera, nativo delle montagne dell'Atlante»).

Il volume di Carloni è estremamente circostanziato e documentato. Gli episodi che attestano le nefandezze compiute da marocchini, algerini, senegalesi sono agghiaccianti. Si capisce che in alcuni casi la popolazione martoriata rimpiangesse la presenza della Wehrmacht di Kesselring. Il presidente del Consiglio italiano Ivanoe Bonomi, pur nel tono sommesso che ai vinti era prescritto, così scrisse il 10 luglio 1944 all'ammiraglio Ellery Stone, presidente della commissione alleata di controllo: «Già precedentemente questo governo ha segnalato... le malefatte commesse dalle truppe marocchine e ha avuto affidamento che sarebbe stato fatto il possibile, dando anche i dovuti esempi, per evitarle. Purtroppo le violenze però continuano. Dal 2 al 5 giugno nel territorio della provincia di Frosinone le truppe francesi marocchine hanno consumato 396 violenze carnali, 13 omicidi, 250 rapine, 303 furti». I comandi francesi a volte intervennero, anche condannando a morte e giustiziando alcuni colpevoli delle peggiori nequizie. Ma in generale si cercò di glissare. L'Italia del «colpo di pugnale» alla Francia agonizzante del 1940 non meritava, in fin dei conti, troppi riguardi.

www.storialibera.it/il_sabato/il_sabato_view.php?id=610
 
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view post Posted on 27/4/2010, 21:00

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Che triste pagina di storia :(
 
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Van Hanegem
view post Posted on 27/4/2010, 21:03




Durante la Seconda guerra mondiale, come in tutte le altre guerre, si sono consumate efferate e gratuite violenze ai danni delle donne. Ma niente può eguagliare l'orrore della vicenda delle "marocchinate", le donne ciociare violentate, nel 1944 dal contingente marocchino dell'esercito francese. Erano chiamati effetti collaterali della guerra, oggi quegli stupri sono un crimine contro l'umanità.

IL CONTESTO

È 15 febbraio del 1944, Seconda guerra mondiale, la folle distruzione della Abbazia di Montecassino, roccaforte tedesca nel frusinate, da parte dei bombardieri alleati, provoca la morte di centinaia di civili. L'Abbazia è rasa al suolo dal più imponente bombardamento della storia contro un singolo edificio. I tre mesi seguenti di combattimenti feroci per stanare gli invasori, trincerati tra le macerie, sono inutili. Quando i soldati alleati arrivano al Monastero, i pochi paracadutisti tedeschi se ne sono già andati per evitare di essere accerchiati dai gurkha della divisione indiana del generale inglese Francis Tuker. Un mese dopo il tragico bombardamento, esattamente il 15 marzo, è rasa al suolo anche la sottostante città di Cassino. Le bombe cadono anche dalle Mainarde a Minturno, distruzioni massicce, con oltre 10.000 vittime civili, e circa 50.000 militari.

Ma non è che l'inizio del martirio della zona intorno alla Linea Gustav. Voluta da Hitler nel settembre del 1943, la Linea: 230 chilometri di barriera difensiva, dal Tirreno all’Adriatico partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara. La città ciociara di Cassino ne era il nodo. Saranno i soldati del generale francese Alphonse Juin infine a sfondarla.

È l’aprile del 1944, la guerra non è finita. Per vincere, gli Angloamericani decidono di cambiare strategia: riuscire a prendere Montecassino, quindi passare attraverso i monti Aurunci, nella valle del Liri in Ciociaria. Anche per la popolazione che si è rifugiata in montagna è il tempo dell’attesa. Il generale Clark, che è a capo della V armata americana, si affida al generale Juin e alle divisioni francesi perché si rende conto che nella zona è più opportuno inviare truppe di montagna, anziché divisioni corazzate, considerata la natura impervia del terreno del basso Lazio

I GOUMIERS

Proprio il contingente marocchino agli ordini del generale Juin, i cosidetti "goumièrs", sfondano per primi il 13 maggio 1944, i capisaldi della linea Gustav.
Giovedì 11 maggio 1944, scatta il piano di Juin. Nome in codice: operazione Diadem. Alle undici di sera, 1600 cannoni danno inizio a un intenso bombardamento contro i tedeschi. Quarantacinque minuti dopo le truppe del Corpo di Spedizione Francese attaccano Monte Faito, al centro dei Monti Aurunci. Dove passano i goumiers però seminano morte violenza e distruzione. Poi la furia dell'esercito liberatore risale la valle del Liri, sconvolge il frusinate, prosegue verso Nord, verso Roma, per fermarsi in Toscana.
Nell'agosto del 1944, dopo lo sbarco alleato sulle coste della Provenza, le truppe di Juin, vengono in patria: 7485 di loro sono morti.

110 mila soldati: francesi, marocchini, algerini e tunisini sono gli uomini del C.E.F., il Corpo di Spedizione Francese, guidato dal generale Juin: nato a Bona in Algeria, “pied- noir” orgoglioso delle proprie origini, comandante deciso e ostinato. Ai suoi ordini anche i 12 mila goumiers, arruolati e addestrati sulle montagne dell’Atlante in Marocco.

La Linea Gustav è sfondata, i tedeschi sono costretti ad arretrare. I profughi vedono arrivare i liberatori. Ma proprio in questi giorni di liberazione ha inizio un saccheggio senza precedenti: i goumiers devastano, rubano, uccidono, violentano. Donne, bambini, ma anche uomini, sono il loro "bottino di guerra". Questo periodo non ha trovato il giusto spazio nei libri della storiografia ufficiale. Solo il grande romanzo: "La Ciociara" (1957), di Alberto Moravia e poi il grande film omonimo di Vittorio De Sica (1960) hanno avuto il coraggio di raccontarlo, dopo, negli anni del dopoguerra.

Le «marocchinate», una brutta definizione, ma da allora usata da tutti in quei luoghi e si capisce subito di cosa si parla. Sono le donne che hanno subito la violenza dei soldati marocchini, gli efferati liberatori dall'occupazione tedesca.

Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun li descrive così:
"Era soprattutto gente che viveva sulle montagne, i francesi li rastrellarono, li caricarono sui camion con un’azione violenta, di sopraffazione e li portarono a migliaia di chilometri da casa a compiere altre violenze. Le loro azioni brutali vanno inquadrate in questo contesto...In Marocco ovviamente sono gli eroi di Cassino."
I goumiers inoltre andavano all'attacco salmodiando la Chahada, catturavano i tedeschi per rivenderli (500-600 franchi per un soldato semplice, il triplo per un ufficiale superiore) ai militari americani desiderosi di costruirsi una reputazione guerriera senza rischiare."

Dopo l'abbattimento della linea Gustav, la «furia francese» travolge soprattutto il paesino di Esperia, sede del quartier generale della 71° divisione tedesca.
Un rapporto inglese parla di donne e ragazze, adolescenti e fanciulli stuprati per strada, di prigionieri sodomizzati, di ufficiali evirati. I nord-africani perdono il controllo, in preda all'ebbrezza del successo entrano nelle abitazioni prelevano le donne e spesso uccidono padri , fratelli e chiunque tenti di opporsi.
Pio XII sollecitò De Gaulle in questo senso, ricevendone una risposta accorata accompagnata da un'ira profonda che si riversò sul generale Guillaume, capo dei "marocchini". Si mosse la magistratura militare francese: fino al 1945 furono avviati 160 procedimenti giudiziari che riguardavano 360 individui, ci furono condanne a morte e ai lavori forzati.

IL BALLETTO DELLE CIFRE

Ma quanti furono gli stupri? Le cifre non sono mai state precise.
Lo storico francese Jean Christophe Notin sostiene che il documento più importante, assolutamente inedito, è quello relativo ad una inchiesta condotta dal tribunale militare che ha censito tutti i casi accertati di stupro. I casi per i quali è stata avviata un'azione presso il tribunale militare. Secondo questo documento, sono stati giudicati circa 150 casi, 350 le persone coinvolte.
Lo storico Giovanni De Luna, invece sostiene che si oscilli tra un massimo di 60 mila e un minimo di 300. Il 13 settembre 1944, pochi mesi dopo la liberazione di Roma e di tutto il basso Lazio, la direzione generale della Sanità Pubblica scrive al Ministero dell’Interno che circa 3100 donne sono state violentate tra la provincia di Frosinone e quella di Latina, l'allora Littoria.

Secondo De Luna 3000, 3500 stupri sembra un ordine di grandezza sufficientemente preciso. Un ordine di grandezza comunque sterminato, rispetto all’esiguità del territorio, in cui queste violenze avvennero.
Tutto questo risulta tanto più drammatico in quanto il tutto avviene in un arco di tempo estremamente compatto, dal 12 al 27 maggio. Le truppe marocchine ripeteranno questa tragiche violenze anche a carico di altre popolazioni nella Val d’Orcia in Toscana e nel viterbese.

LA CARTA BIANCA

La furia delle truppe marocchine ha sin dal primo momento assunto le caratteristiche di uno stupro di massa. Ma come è stato possibile che soldati comandati da ufficiali francesi, inquadrati nella V armata americana, abbiano potuto infierire sulla gente del luogo senza alcun controllo? In questa ricerca della verità partiamo, anche se può sembrare paradossale, da un misterioso proclama, attribuito proprio ad Alphonse Juin:

"...oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per 50 ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale manterrà la promessa, se voi obbedirete per l’ultima volta fino alla vittoria...".

La causa diretta del comportamento dei marocchini verrebbe dunque ricondotta al generale Juin e al suo proclama, con il quale egli avrebbe incitato le truppe alla battaglia, promettendo 50 ore di saccheggio libero. Una sorta di carta bianca che fa ancora discutere gli storici, e resta viva nella memoria della gente. Ma di questo documento non è rimasta traccia.

Non è credibile secondo lo storico francese Notin che il generale Juin che si preoccupava della sorte della gente del luogo e dei suoi soldati, abbia dato l’ordine ad un esercito intero di mettere a ferro e fuoco un paese.
Anche per l'italiano De Luna la "Carta Bianca", è un ordine che non è mai stato confermato. Alcune testimonianze ritengono più plausibile che ci sia stata una complicità omertosa da parte degli alti comandi francesi. Agli irregolari marocchini sarebbe spettato dunque il diritto di preda.
Secondo la storica Daria Frezza era consuetudine per questo tipo di truppe, dopo aver conseguito la vittoria, prendere possesso del territorio, dei beni e delle donne.

Dunque l’ordine di dare carta bianca non sarebbe venuto da Alphonse Juin, anzi ci sarebbe stata una promessa in tal senso da parte di altri vertici militari francesi. Ma come è potuto accadere? Per capire bisogna guardare a quelli che erano i rapporti tra Italia e Francia.

La risposta probabilmente in una lettera scritta dal generale Juin alle truppe francesi, al verificarsi dei primi incidenti, il 24 maggio 1944. Non bisogna dimenticare che l’Italia nel 1940 aveva dato la famosa pugnalata alle spalle alla Francia. Mitragliamenti della nostra aviazione contro le colonne di civili francesi in fuga dalle valli della Loira; c’è un contenzioso da saldare. E questo fa si che per esempio nei comandi francesi ci siano atteggiamenti di lassismo nei confronti di questi episodi, che certamente hanno visto per protagoniste le truppe di colore.

Il 4 giugno Roma viene liberata. Per le strade esplodono la gioia e la consapevolezza di essere finalmente liberi.
Le truppe di colore di Alphonse Juin non si vedono sfilare insieme agli alleati della V Armata. Avranno il loro pieno riconoscimento solo in seguito durante la parata per la liberazione di Siena. A metà luglio Alphonse Juin e il C.E.F. abbandoneranno il fronte italiano. Destinazione la Francia meridionale. Nei paesi coinvolti dagli stupri restano solo la povertà, l’emarginazione, la malattia.

LE CONSEGUENZE PER LE DONNE

Invece di una solidarietà che era lecito aspettarsi, queste donne furono rifiutate, furono oggetto di giudizi pesanti, stentarono a sposarsi, a trovare un minimo di intesa nel tessuto familiare quelle che erano sposate e stentarono a trovare un posto di lavoro, ci furono molti casi e casi di suicidio .
Alla fine della guerra, il Comando francese concede un indennizzo di 150 mila lire testa, ma da questo scaturisce un groviglio di questioni burocratiche, ritardi, lamentele.
Le uniche a protestare ea a ricordare le violenze saranno le comuniste dell'UDI (Unione Donne Italiane). Nel 1951 un'affollatissima assemblea di donne in un cinema di Pontecorvo affronta la questione delle marocchinate, provocando un infuocato dibattito parlamentare. Il Pci, in piena guerra fredda, diventa paladino dell'onore nazionale; nel 1966.

Per le donne ora violentate c'è la possibilità di ottenere la pensione come vittime civili della guerra, ma tempi delle pratiche sono interminabili e viene vietato di cumulare l’indennizzo con la pensione. Un lungo calvario che spesso non porta al risarcimento.

Dopo vergogna, reticenza e silenzio,sulla vicenda delle marocchinate, solo oggi a 60 anni da quella violenza lontana viene dato un risarcimento morale. Il 15 marzo del 2004 la più alta carica dello Stato italiano l'allora presidente Ciampi e l'associazione nazionale dei reduci marocchini hanno ricordato le vittime degli stupri e del bombardamento di Montecassino.

LO STUPRO CRIMINE CONTRO L'UMANITA'

Ma il riscatto autentico viene dal riconoscimento dello stupro i guerra, come un crimine contro l'umanità.

Questa è in breve la sequenza cronologica della considerazione dello stupro negli ultimi 50 anni.

1945: Il Tribunale militare internazionale di Norimberga ignora lo stupro e l’abuso sessuale.
1949: La Quarta Convenzione di Ginevra include la prima norma internazionale contro la pratica dello stupro.
1993-1994 : gli Statuti del tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia e per il Ruanda, menzionano per la prima volta lo stupro tra i crimini contro l’umanità.
22 febbraio 2001. Il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia condanna con una sentenza storica tre miliziani serbo-bosniaci per lo stupro e la riduzione in schiavitù sessuale di donne bosniache. Il capo d’accusa per la prima volta viene considerato un crimine contro l’umanità.

[cliccare sul link per i video]

www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=194
 
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view post Posted on 27/4/2010, 21:39
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Sapevo degli stupri e delle altre cose, ma non così in dettaglio. Piuttosto scioccante... :huh:
 
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Daniele Italico
view post Posted on 28/4/2010, 11:26




L'Italia dovrebbe fare come la Libia cioè chiedere i danni di guerra ai francesi, americani etc. Hanno un debito con noi. Purtroppo il risarcimento dei danni sembra un utopia...
 
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Bravehearth
view post Posted on 28/4/2010, 11:32




Bisogna far luce su tutti i punti oscuri della Resistenza, e della Seconda Guerra Mondiale
 
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Char08
view post Posted on 28/4/2010, 12:05




Si lo so stato sapevo tutto le storie brutte, le vittime italiane.........Orribile!!!!!!........
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 30/4/2010, 14:05




anche le donne tedesche ne seppero qualcosa....
 
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Italoromano
view post Posted on 22/5/2010, 01:16




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 30/4/2010, 15:05)
anche le donne tedesche ne seppero qualcosa....

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Esatto Mazzini: nella sola Berlino in migliaia di esse, tra la primavera e l'estate del 1945, si suicidarono per il trauma psicofosico subito, l'onta sociale, ecc..., soprattutto ad opera dei reparti combattenti di origine mongola, kazaka e siberiana (cioè gli asiatici insomma).
 
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view post Posted on 27/5/2010, 11:46
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EVVIVA I LIBERATORI !!!!
 
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view post Posted on 28/5/2010, 23:03
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Certe volte anche io mi chiedo che cosa è stato peggio, se i nazisti o i "liberatori"...

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eveline1
view post Posted on 29/5/2010, 13:05




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 30/4/2010, 15:05)
anche le donne tedesche ne seppero qualcosa....

Il VERO problema e' che le donne di ogni epoca,nazione ed etnia ne hanno sempre saputo qualcosa
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 29/5/2010, 15:23




nessuno lo mette in dubbio qui....solo che certe vittime sono inevitabilmente piu pubblicizzate di altre....
 
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view post Posted on 29/5/2010, 22:50
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_Evans_
view post Posted on 30/5/2010, 21:25




Che schifezza...
 
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35 replies since 27/4/2010, 20:43   11686 views
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