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5 maggio 1860.

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Van Hanegem
view post Posted on 5/5/2010, 18:04




di Giuseppe Cesare Abba,
patriota e scrittore.

In Genova, sin dagli ultimi di aprile, stavano già molti dei più vogliosi di partire per la Sicilia, e altri ve ne furono chiamati nei primi tre giorni di maggio. Per le vie di quella città tutta lavoro, dove la gente va attorno sempre con l'aria di chi non ha tempo da perdere, quei forestieri che riempivano i caffè e le passeggiate stonavano alquanto. Ma forse nessuna città era adatta come Genova a farvi quell'adunata e a servir di copertura al Governo. Il quale così, negli ultimi momenti, poté far bene le viste di non accorgersi di nulla, proprio come se nulla vi fosse, e tutto pareva inteso, consentito, voluto dalla città intera, ma con somma prudenza.

Il 5 maggio ogni cosa era pronta. Allora Garibaldi scrisse al Re cominciando: "Il grido di sofferenza che dalla Sicilia arrivò alle mie orecchie, ha commosso il mio cuore e quelle d'alcune centinaia dei miei vecchi compagni d'arme." Pareva che volesse rammentare a Vittorio Emanuele che l'anno avanti egli per il primo, nel suo discorso del 10 gennaio in Parlamento, aveva trovato la espressione giusta come un'eco delle "grida di dolore" giunte a lui da ogni parte d'Italia. E soggiungeva di saper bene a quale impresa pericolosa si sobbarcava, ma che poneva confidenza in Dio e nella devozione dei suoi compagni. Prometteva che grido di guerra sarebbe l'unità nel nome di Lui, Vittorio; e sperava che se mai l'impresa fallisse, l'Italia e l'Europa liberale non dimenticherebbero che era stata determinata da motivi puri affatto da egoismo. Disse, che riuscendo, un nuovo e brillantissimo gioiello avrebbe ornato la corona di Lui; ma non celava l'amarezza sua per la cessione della sua terra natale. E, certo per non compromettere il Re, finiva scusandosi di non avergli detto il suo disegno, per tema che egli lo dissuadesse dal fare quel passo. Mesta e solenne lettera, nella quale era serenamente espresso il dubbio e la speranza e il sentimento dell'ora. Spiace in essa quel tanto che c'è di finzione: ma insomma, i tempi erano tali, da giustificare questo ed altro.

Il Generale scriveva pure all'Esercito italiano, esortando ufficiali e soldati a star saldi nella disciplina, a non abbandonare le fila per seguir lui. Scriveva all'Esercito napolitano per ricordare ai figli dei Sanniti e dei Marsi che erano fratelli dei soldati di Varese e di San Martino. E anche non dimenticava i Direttori della Società dei Vapori Nazionali, cui nella notte doveva menar via il Piemonte e il Lombardo, scusandosi di quell'atto di violenza, e raccomandandoli al paese perché rimettesse qualunque danno, avaria o perdita che loro potesse seguirne.

In tutte quelle lettere e in parecchie altre di quel giorno, una frase qua un'altra là rivelavano un sentimento sicuro ma anche una misteriosa tristezza.

La sera di quel 5 maggio, coloro che erano destinati a partire, ricevuto un ordine aspettato tanto, quale da solo quale con qualche amico, come se andassero a diporto, così consigliati per non dar nell'occhio alla polizia, cominciarono a uscir da Genova per la Porta Pila, sulla via del Bisagno. Andavano alla Foce o a Quarto, secondo che loro era stato detto. E trovavano sul loro cammino folle di cittadini di ogni classe, donne, uomini, che senza parere davano loro l'augurio, e ciascuno un poco dell'anima sua.

Nino Bixio scese al porto. "Là - scrive il Guerzoni - in una andana tra il Lombardo e il Piemonte e proprio costa a costa tanto da toccarsi coi due vapori, riposava una vecchia carcassa di nave condannata da tempo, che chiamavano "Nave Joseph". Bixio nella sua mente ne aveva fatta la prima base di operazione di tutta la mossa. Già da parecchi giorni la Joseph andava ricevendo a poco per volta delle casse misteriose, degli involti sospetti, che avevano le più strane somiglianze di casse da munizioni e d'involti di fucili... Bixio aveva ordinato che per la sera del 5 maggio tra le nove e le dieci, una quarantina d'uomini si raccogliessero in silenzio su quella nave, e stessero ad aspettare la sua venuta e i suoi ordini. Gli uomini erano parte marinai fedeli, parte volontari ma del fiore. Alle nove e mezzo arrivarono sulla Joseph Bixio e lo scrittore di queste pagine. Appena a bordo Bixio cavò di tasca un berretto da tenente-colonnello, se lo calò sulle orecchie, e disse: - Signori, da questo momento comando io, attenti ai miei ordini. - E gli ordini furono: buttarsi col revolver in pugno sui vicini vapori, fingere di svegliarvi la gente di guardia, fingere di costringere i fochisti ad accendere, i marinai a salpar l'ancora, i macchinisti a prepararsi al loro mestiere, sgombrare, pulire il bastimento, allestirlo in fretta per la partenza. E così fu fatto nel massimo ordine e silenzio, e non senza accompagnare di molti sorrisi quella farsa con cui quella epopea esordiva. Fra tutte queste operazioni se ne andarono quattro o cinque ore, e già i primi chiarori dell'alba cominciavano a rompere dalla punta di Portofino. Bixio era inquieto e principiava a perdere anche quell'ultimo avanzo di pazienza che in quei giorni di febbre e rabbia gli era restato. Finalmente, verso le quattro del mattino tutto era pronto, e i due piroscafi uscirono dal porto, girando verso Quarto, punto designato dell'imbarco."

Ma prima di tirar avanti per Quarto, i due piroscafi si pigliarono su una parte dei Mille, che stava alla foce del Bisagno. Ivi erano avvenute delle scene pietose di questa sorte. Tra quei giovani c'era un Luzzatto da Udine, cui fu detto che tra la folla si aggirava la madre sua, venuta così da lontano a cercarlo. Voleva benedirlo o tirarselo via da quel cimento? Il giovanetto le si fece incontro, e le andò tra le braccia; ma la sua prima parola fu di pregarla a non gli dir di tornarsene, perché a lui sarebbe stato mortale il dolore di partir lo stesso dopo averla disubbidita. Altri padri, madri sorelle andavano tra quei gruppi, pregando, scongiurando, incuorando, e alla fine dando il bacio quasi della morte; e quando i due vapori apparvero e accolsero quei giovani, chi aveva assistito a quelle scene dovè tornarsene nella città col cuore quasi sollevato.

Uguali cose avvenivano a Quarto. Là verso le dieci c'era folla anche più fitta che alla foce. Tutta la via che si svolge intorno a quel piccolo seno di acque era stipata. Nella villa Spinola entravano, dalla villa uscivano frettolosi uno dopo l'altro incessanti messaggeri; a ogni momento si faceva tra la folla gran silenzio, si udiva dire: "Eccolo!" No, non era ancora Garibaldi. Poi la folla fece un'ultima volta largo più agitata, tacquero tutti: finalmente era Lui!

Garibaldi attraversò la strada seguìto da Turr e da Sirtori, allora già colonnelli, e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della Villa, discese franco giù per gli scogli. E cominciarono i commiati. Tra gli altri bello e forte è narrare quello di uno Stefano Dapino cui suo padre, vecchio amico di Mazzini e dei fratelli Ruffini, aveva accompagnato fino a quel passo. Quel padre aveva con sé anche un altro figliuolo più giovane. Conversavano tranquilli come se il figlio partisse per una caccia; poi senza parole, senza sospiri il padre abbracciò il figlio, stettero un poco stretti prima essi due, poi tutti e tre, finché Stefano che aveva alla spalla la carabina, baciò il fratello, gli fece segno come a raccomandargli il padre, si staccò da loro e discese per dove scendevano alle barche i suoi compagni. E quel padre e quell'altro figlio si persero fra la folla, portando alla casa lieta di altre gioie, ricchezza, bellezza, onore, quell'amara gioia d'esser stati a quella fortissima prova. Piccole cose tra le grandi, nelle ore dell'attesa, qua e là per e vie di Quarto, sugli usci delle casupole, quelli che dovevano partire si sentivano dare dai pescatori, dai marinai, certi consigli semplici, ma d'amore.

Avete mai navigato? - No. - Se temete di avere il mal di mare, appena a bordo, coricatevi supino e state sempre così, non patirete. - Se vi daranno del biscotto mangiatene poco, e bevete poi pochissimo, se no guai! - Sbarcherete in Sicilia, oh sbarcherete! Ma,... vini traditori laggiù! - E la gente? - Come noi... però molto facili a tirare... Ma chi la rispetta... Soprattutto la famiglia bisogna rispettare laggiù... Ma voi avrete altro pel capo... Coraggio! -

A poco a poco tutti discesero nelle barche, queste presero il largo. Verso le undici, d'una di queste già più in alto, si udì una voce limpida e bella chiamare "La Masa!" E un'altra voce rispose: "Generale!" Poi non si udì più nulla. E su quell'acqua stetterro le barche a cullarsi aspettando. Quelli che v'erano su parlavano del Governo, di Cavour, di Vittorio Emanuele, dell'accordo, del disaccordo tra loro e Garibaldi e della finzione; e siccome le ore passavano, i più cominciavano a temere che i vapori non venissero, e che si dovesse tornare a terra mortificati, fors'anche a farsi arrestare. Oh quel Cavour! La voleva vincer lui!

Ma quando furon visti i segnali rossi e verdi dei due legni, e poi i legni stessi venir con già a bordo la gente che v'era stata imbarcata alla foce: quelle barche scoppiarono di grida di gioia. In un lampo vogarono ai due legni; e in meno di mezz'ora, chi sul Lombardo, chi sul Piemonte, quell'altro mezzo migliaio di uomini furono su, come ognuno seppe ingegnandosi; braccia, ganci, scale, corde, tutto fu buono a salirvi.

Bellissima fu l'alba di quella domenica 6 maggio 1860. Il mare, un po' mosso durante la notte, si era chetato. Da bordo, a guardare indietro, si vedevano la collina del Bisagno, là, cupa nella fredda ombra; e lontano, profilati nell'azzurro, azzurro anch'essi, i monti lungo la riviera d ponente che sfumavano via via verso Savona fin dove se ne perdevano le forme. Le cittadette e le borgate di quella riva biancheggiavano appena, e mettevano degli strani sensi di desiderio domestico nella gioia della partenza.

Ma quando i due vapori sbuffarono e i mossero, a vederselo dinanzi, là a prua, il promontorio di Portofino pareva dire: "Venite pure, oltre me lontana, molto lontana, sta la terra misteriosa, che andate a cercare." Dalle navi, rispondevano all'invito quelle mille anime; vecchi amici, compagni d'armi che, cercandosi un posto a bordo, s'incontravano, si abbracciavano e: - Anche tu? E tu? E tu? - gioia d'amarsi meglio per aver sentito e voluto fare una stessa gran cosa.

Ma ci fu un momento che dai due vapori Garibaldi e Bixio si scambiarono coi portavoce delle non liete parole. Diceva Garibaldi a Bixio:

- Quanti fucili avete a bordo?

- Mille e cento.

- E di munizioni?

- Nulla - E le barche di Bogliasco?

Per guardar che si guardasse non si scoprivano da nessuna parte le barche di cui il Generale chiedeva, e che si dovevano trovare in quelle acque ad aspettare i due vapori. Eppure quelle barche avevano nella notte imbarcate le armi e le munizioni raccolte a Bogliasco! Dunque si doveva star là tanto che comparissero? E se in Genova il Governo, destato a forza dalle grida di qualche Console, dovesse di necessità accorgersi che dal porto erano stati menati via i due vapori? Se fosse costretto a spedir una delle sue navi da guerra a catturarli, a ricondurli nel porto, quando mai si potrebbe poi ritentare l'impresa? Non era di quelle che si fanno due volte. Il generale Turr che in quel momento stava vicino a Garibaldi, narra che questi "rimase qualche tempo meditabondo, che poi alzò verso il cielo il capo dicendo: 'Anderemo avanti egualmente!' E che, stato un altro poco, ordinò di navigare verso Piombino."

http://it.wikisource.org/wiki/Storia_dei_M...nel_gran_giorno
 
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view post Posted on 5/5/2010, 18:25
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ma con milioni di testi a disposizione, proprio wikipedia dovevi prendere, che noi consideriamo attendibile quanto le chiacchere di una portinaia che ha alzato troppo il gomito...
 
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eveline1
view post Posted on 5/5/2010, 18:40




Cazziamolo!Neanche il riassunto ci ha fatto
 
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Van Hanegem
view post Posted on 5/5/2010, 18:42




Ci ho pensato su, ma il testo mi è piaciuto.
Dunque me ne son fregato e l'ho pubblicato lo stesso.
Va bene come spiegazione?
 
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eveline1
view post Posted on 5/5/2010, 18:45




Alzo le mani.E'stato Peppero.
 
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Van Hanegem
view post Posted on 5/5/2010, 18:46




Ma infatti la risposta era per lui, sei tu che ti sei messa in mezzo... :asd:
(E comunque è uno stralcio della Storia dei Mille di G.C.Abba, c'è poco da sbagliare).
 
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view post Posted on 5/5/2010, 19:05
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Possiamo sempre sperare nel suicidio di Van e dargli uno stradario che lo conduca ad un pozzo...

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Van Hanegem
view post Posted on 5/5/2010, 19:20




Beh, sai come si dice: chi vive sperando muore c...... Peppero. :D
 
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view post Posted on 5/5/2010, 21:51
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Allora ti lascerò in eredità il mio trono... :omg:
SPOILER (click to view)
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Bravehearth
view post Posted on 5/5/2010, 22:09




da Garibaldi alle latrine..........il nuovo corso dell'Italia.... :lol:
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 6/5/2010, 13:43




il pvero bandi dovette darsi disertore per poter raccogliere l'invito del generale
 
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10 replies since 5/5/2010, 18:04   106 views
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