Il Fascismo non è un fenomeno esclusivamente italiano. Le sue radici ideologiche ed il suo Humus Culturale affondano nell'Europa del primo Novecento, in particolare nella Francia. E' in Francia che inizia ad opera dei sindacalisti rivoluzionari guidati da George Sorel una revisione antimaterialista del marxismo; è in Francia che prima dello scoppio della Grande Guerra si attua quel connubio tra Socialismo e Nazionalismo; è sempre in Francia che si dipartono quei filoni socio-culturali che saranno la base dell'Ideologia Fascista. A dispetto di chi sostiene che il Fascismo non ebbe una ideologia e che fu il risultato di una "improvvisazione", che non ebbe matrici culturali a differenza del marxismo e del liberalismo, a smentire queste farneticazioni è Zeev Sternhell in "Nascita dell'ideologia fascista" e nel saggio che qui vi propongo.
LA SINTESI SOCIALISTA-NAZIONALE
Da Z. STEKNHELL, Né destra né sinistra. La nascita dell’ideologia fascista, Akropolis, Napoli 1984, pp. 15-20; 23-33; 37-38 (ed. or. Ni droite, ni gauche. L’ideologie fasciste en trance, Seuil, Paris 1983). Estratto da “Il Fascismo – Le interpretazioni dei contemporanei e degli storici” Renzo De FeliceLo scopo di questo libro è di proporre un’analisi del fascismo che sia il riflesso della società francese. È quello di tentare di indicare e di comprendere le strutture di un fenomeno politico, di ritrovare la natura di un’ideologia, di rintracciare le caratteristiche di uno spirito e di un temperamento osservando la provetta francese. Il fatto è che la Francia, per uno studio del genere, offre delle condizioni particolarmente favorevoli: l’era fascista è stata, in questo paese, quella dei movimenti e delle ideologie, e non quella di un regime. Poiché è prima di aver conquistato il potere, prima che pressioni e compromessi li trasformino in gruppi governativi simili a tutti gli altri, che i movimenti e le idee offrono la loro immagine più fedele. La natura di un’ideologia politica è sempre più chiara nelle aspirazioni che nell’applicazione. È in Francia che la destra radicale acquista più rapidamente le caratteristiche essenziali del fascismo; è sempre in Francia che questo processo arriva più rapidamente al suo termine — alla vigilia della grande guerra. La parola non esiste allora, ma il fenomeno è già lì, provvisto di un quadro concettuale ben solido. Per diventare una forza politica non aspetta altro che il fiorire delle condizioni socio-economiche propizie, cioè: una disoccupazione estesa, una classe media impoverita, dei piccolo-borghesi terrorizzati. L’ondata delle idee fasciste in Francia non può essere messa sul solo conto della guerra. Ancor meno su quello dei successi di Mussolini in Italia o della ascesa del nazismo in Germania. Certamente, anche in Francia la guerra ha svolto il suo ruolo infinitamente importante di catalizzatore delle condizioni psicologiche, economiche e sociali favorevoli al mutamento del pensiero fascista in forza politica, ma essa non ha questo effetto di cesura, sia al livello degli uomini che a quello delle ideologie e dei movimenti, per quanto ci si diverta ad attribuirglielo.
Se non si può imputare alla guerra la nascita del fenomeno fascista, è essenzialmente perché, tutto sommato, il fascismo è nel contempo il risultato di una crisi della democrazia liberale e di una crisi del socialismo. È una rivolta contro la società borghese, i suoi valori morali, le sue strutture politiche e sociali, il suo modo di vivere. Il fascismo si presenta così come l’espressione di una rottura che reca tutti i segni di una crisi di civiltà. Ecco perché il fascismo, nonostante si alimenti di differenti aspetti della crisi del marxismo, non potrebbe nemmeno essere considerato come una semplice immagine riflessa del marxismo, oppure la sua esistenza come una semplice reazione al marxismo: si tratta infatti di un fenomeno che possiede un proprio grado di autonomia, di indipendenza intellettuale.
Fascismo e marxismo hanno un punto in comune: entrambi vogliono la distruzione del vecchio ordine di cose, di cui sono dei prodotti, per rimpiazzarlo con strutture politiche e sociali diverse. È in questo che l’ideologia fascista è un’ideologia rivoluzionaria. Anche se non intende attaccare tutte le strutture economiche tradizionali, anche se intende colpire solo il capitalismo e non la proprietà privata e la nozione di profitto. In una società borghese che pratica la democrazia liberale, un’ideologia che spinge l’esaltazione dello Stato fino a identificarlo con la nazione e afferma il primato del politico fino a concepire lo Stato come unico signore di tutta la vita sociale e di ogni valore spirituale, un’ideologia che si concepisce, in ultima analisi, come l’antitesi del liberalismo e dell’individualismo è un’ideologia rivoluzionaria. Un’ideologia che preconizza una società organica non può essere che refrattaria al pluralismo politico, così come non può che rifiutare le forme più palesi dell’ingiustizia sociale.
Fonte:
http://primatofascista.com/?p=161Continua a leggereEdited by Peppero - 28/11/2010, 00:04