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Il Fascismo e la sintesi Socialista Nazionale

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eveline1
view post Posted on 29/11/2010, 18:40




Io,Italo,noto che la discussione e' sclerotizzata :s'impernia sempre e solo intorno agli stessi assunti ed obiezioni.A me parlare di fascismo non interessa(anche se leggo tutto cio' che scrivete) e quindi liquido la discussione riducendola all'indispensabil.Questo perche' noto che mi e' anche difficile parlarne;primo,perche' manca un reale contraddittorio, edotto,due,perche'leggo spesso degli interventi da ciclostile.
 
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Tiberio Sempronio Gracco
view post Posted on 29/11/2010, 19:14




CITAZIONE
p.s. Avrei una domanda da fare agli amici Littore e TSG: non è ipotizzabile che tanto il caarattere graduale della rivoluzione fascista quanto la sua minore sanguinarietà rispetto ad analoghi esperimenti storici ad esso contemporanei (vedi Urss e Terzo Reich) siano dovuti, più che all'originaria impostazione dottrinale, alle precise condizioni dell'Italia degli anni '20, monarchica e cattolica?

Il motivo della differenza abnorme tra i tre totalitarismi in materia di crudeltà sta, a mio parere, all'origine della loro dottrina. Nazismo e comunismo ripescano il darwinismo innestandolo il primo nel tronco di una "guerra tra razze" col predominio della razza ariana, il secondo nel tronco di una "guerra tra classi" col predominio della classe proletaria. E' chiaro che impostando così le cose, le due ideologie materialiste si qualificano come "negative" perchè improntante nella negazione dei diritti umani dei loro avversari (siano i borghesi nel comunismo che gli ebrei nel nazismo).

Il fascismo si distingue dalle due precedenti ideologie in quanto anti-materialista e Spirituale. Risponde con la Solidarietà Nazionale posta in essere tramite la Dottrina di uno Stato forte ed Etico. La nuova Economia fascista è di tipo nazional – sindacale, Corporativista. Risolve le giuste istanze dei Lavoratori con la Partecipazione degli stessi al processo produttivo e alla ripartizione degli utili, riconsacrando il concetto di "proprietà privata". Nessuna soppressione idiota, quindi, ma una evoluzione di questo concetto per indirizzarlo al bene nazionale.

Rispondendo all'utente GIUSEPPE MAZZINI: Non è affatto vero che il fascismo fu rivoluzionario a San Sepolcro e reazionario nel Ventennio. Che esso sia salito al potere col solo scopo di "salvaguardare le istituzioni fondamentali dello stato e della società". Simili interpretazioni furono messe in auge dai marxisti e sono rimaste in voga fino alla caduta del muro di Berlino. L'interpretazione marxista sul fascismo tendeva a tacciare il fenomeno come "guardia bianca della borghesia", squalificava in partenza il fascismo inquadrandolo in un'ottica classista (cosa di per se assurda). Negli anni Trenta la Terza Internazionale dette la formulazione ufficiale sul fascismo definito letteralmente «dittatura palese e terroristica degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario». L'interpretazione marxista del fascismo è stata smentita da diversi storici e non è il caso di soffermarci. Il Fascismo è una rivoluzione permanente, l'applicazione della sua ideologia è stata una continua e persistente distruzione del vecchio regime liberal-democratico sostituito progressivamente da uno Stato Totalitario che avocava a se ogni potere politico all'interno della nazione. La chiesa, la monarchia, i vertici economici etc. furono privati di ogni potere politico che veniva detenuto da un Partito-Milizia con l'obiettivo principale di realizzare la conquista della società, ossia la trasformazione e la rigenerazione degli essere umani sulla base dei miti e delle idealità del fascismo.

Gli storici fanno notare che a partire dalla seconda metà degli anni Trenta si è addirittura avuta una "accelerazione totalitaria" del fascismo, dimostrazione questa che la rivoluzione non si era "esaurita". La campagna antiborghese si accentua nel 1938 e i prefetti segnalano il crescente malumore dell'alta borghesia nei confronti del fascismo, che infatti contribuirà il 25 luglio a sbarazzarsi del regime. Le leggi e i decreti emanati dal Regime dimostrano che ci si stava muovendo nella direzione indicata dalla Dottrina.

Se volete inserisco per maggiore completezza una definizione di fascismo data dallo storico Emilio Gentile.
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 29/11/2010, 20:15




a dire il vero l'interpretazione 'marxista' del fascismo era un po piu articolata...ad esempio il fascismo veniva inquadrato da gramsci stesso come un fenomeno rappresentativo della piccola borghesia(non dell'alta,che al massimo asprirava a servirsene,cosa che mi pare lo stesso amico littore non abbia mai negato),la quale non si sentiva rappresentata ne dallo stato liberale ne dai partiti della sinistra ,rivoluzionaria e non....
comunque ,pur essendoio di formazione sicuramnete in parte marxista(non rinnego certo le origini del socialismo)io qui non ho voluto riproporre semplicemente l'interpretazione 'reazionaria' del fenomeno,ho detto che in parte il fascismo,suo malgrado o no ,fini per diventare un movimento di 'reazione' all'attivismo della sinistra rivoluzionaria,e cosi fu percepito ,anche da gruppi di potere che ne appoggiarono l'ascesa(latifondisti agrari soprattutto)....
prendendo per buona la genuina carica rivoluzionariadel fascismo delle origini sara vero quello ce dice littore su noi socialisti,ma a dire il vero le rivoluzioni hanno come scopo la distruzione dell'ordine sociale e politico esistente non solo per i marxisti,ma anche ad esempio per i rivoluzionari francesi,i quali non erano certo marxisti(robespierre non mi risulta volesse abolire la propieta privata)....comunque avrei degli appunti sul tuo discorso inerente alla reale trasformazione dello stato liberale in stato totalitario:intanto ancora non sono convinto della reale esautorazione del re e della monarchia....se è vero che la sua figura era superflua,perche mussolini non si aazzardo mai ad arrogarsi ad esempio il comando delle forze armate? perche non tento mai un colpo di mano contro il re,nemmeno ai tempi di massimo consenso del regime? non sara che nemmeno il duce era cosi convinto della reale marginalizzzazione della casa reale?
se un istituzione non serve piu,perche è stata superata,non h asenso tenerla in vita...
non mi è chiara poi una cosa:parli di razzismo classista anti-borghese,nei riguardi del marxismo....poi pero rivendichi i provvedimenti anti-borghesi del regime negli anni di maggior fulgore...non avevi parlato di un fascismo che non fa distinzioni tra classi? e perche se il fascismo di sansepolcro era anti-borghese,quello del regime non lo era piu? non sara forse propio perch esi era trasformato in regime di governo,esaurondosi in una deriva conservatrice....non parlerei poi con tanta sicumera di collettivismo e corporativismo:innanzitutto durante il regime non avvenne nulla del genere(anzi almeno fino alla crisi del 29 'la politica economica del regime si indirizzo sul liberalismo economico piu esasperato,salvo poi diventare protezionistica dopo il crollo dell'economia mondiale),l'abolizione dei sindacati colpiva di per se una classe ,quella operaia e contadina,che dal sindacato fascista non poteva certo ottenere protezione e garanzie di fronte a una confindustria dove le grandi aziende (la fiat ,l'ansaldo la pirelli) erano ben felici di rigare dritto di fronte a un regim ech econ la pace sociale imposta garantiva salari bassi e eliminava uno dei diritti fondamentali ,quello dello sciopero....è vero che in cambio le classi disagiate ricevettero dallo stato totalitario alcune importanti garanzie (un principio di previdenza sociale,l'edilizia popolare),ma alla fin emi sembra di poter affermare che in barba alla concordia tra le classi questa fu raggiunta favorendo propio quel grande capitale e l'alta borghesia combattute a parole dal primo fascismo terza via tra capitale marxismo...tanto piu che i vertici della finanza e dell'industri italiana rimasero tutti al loro posto,mentre i sindacati non fascisti furono tutti decapitati,cosi come tutte le organizzazioni corporative,anche cattoliche

Edited by GIUSEPPE MAZZINI - 29/11/2010, 20:59
 
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Tiberio Sempronio Gracco
view post Posted on 1/12/2010, 14:35




1. Allora, il problema è che dal 1919 al 1922 si combatté lo scontro sanguinoso tra due opposti schieramenti: la sinistra social-comunista ed i fascisti. I primi, prendendo spunto da quanto accadeva in Russia per opera di Lenin, volevano l'instaurazione immediata della "dittatura del proletariato"; i secondi volevano il ripristino dell'ordine e l'affermazione politica dei principi ideologici nazional-sindacali espressi dal variegato mondo interclassista uscito dalla guerra che reclamava a gran voce, in virtù dei sacrifici patiti in combattimento, di dirigere una nuova politica e lo Stato italiano. Gli agrari e la borghesia appoggiarono il fascismo non perchè conservatore o reazionario, ma perchè era l'unica soluzione di cui disponevano per impedire ai social-comunisti di realizzare la loro rivoluzione. Mussolini fu sempre chiaro in proposito: "Se la borghesia crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva delle imprese". Egli in un primo tempo di servì dell'appoggio di costoro per sconfiggere il nemico più temibile (il socialismo marxista) poi successivamente indirizzò la sua politica contro il mondo borghese-capitalista-liberaldemocratico.

2. Sul rapporto tra fascismo e monarchia bisogna specificare alcune cose. Il fascismo non è ne monarchico ne repubblicano. Il suo pragmatismo gli permette di guardare alle istituzioni ufficiali (monarchia, repubblica, democrazia ecc.) come FORME che devono adattarsi al divenire storico di un popolo. Era chiaro a Mussolini che la repubblica avrebbe potuto essere realizzata solo se la monarchia avesse tradito l'Italia scagliandola in una guerra civile (cosa che avverrà nel 1943) contro gli ex combattenti della Grande Guerra,che avevano completato l’unità nazionale. In questo modo la monarchia avrebbe rinnegato la memoria storica del Risorgimento. Ma il Re, temendo per la sua Corona visti i consensi crescenti di cui godeva il fascismo, pensò di appoggiarlo. I protagonisti della "convivenza forzosa",fascismo e monarchia,sapevano bene però che tale situazione non poteva durare. Entrambi capivano fin troppo chiaramente che nelle reali intenzioni di Mussolini non esisteva un fascismo monarchico. Prima o poi si sarebbe giunti all'affermazione dell'uno sull'altro. La Monarchia diventava sempre più una appendice,un simbolo più che un'istituzione,una realtà marginale. In vari casi vi furono divergenze che a mala pena non sfociarono in aperta ostilità. Il primo passo verso l'accentramento del potere nella persona del Duce fu compiuto con la costituzione del Gran Consiglio Del Fascismo e con l'elevazione di questo a organo determinante per le decisioni riguardanti la Nazione. La decisione di Mussolini di mettere da parte i Savoia cominciò a divenire una necessità a partire dal 1935. In tale periodo furono gettate le basi per la conquista dell'Impero in Africa orientale che avrebbe sancito l'inizio della fine per la Monarchia. Di tali avvenimenti ci sono testimonianze anche scritte come questa di Dino Grandi, gerarca fascista dalla forte impronta monarchica,futuro organizzatore della destituzione del Duce :"(...) Che Mussolini abbia avuto l'idea di liberarsi della Monarchia è indubbio. (...) Dal 9 maggio 1936 Mussolini aveva decretato in cuor suo la fine della Monarchia”. In questa dichiarazione si nota il riferimento cui si accennava prima,ovvero la conquista dell'Impero come momento propizio per tale operazione. Tutta una serie di azioni erano dirette a emarginare la Monarchia ma una in particolare,avvenuta nel Marzo del 1938,dovette confermare tali intenzioni. L’Italia era duramente impegnata nella guerra di Spagna. Questa data cruciale determinò una crisi tra Fascismo e Monarchia talmente grave da far pensare a un imminente cambiamento istituzionale. Una seduta straordinaria della Camera,dopo un discorso di elogio alla grandezza del Duce,decretò la creazione di un nuovo grado militare,quello di Primo Maresciallo dell'Impero. Tale grado venne assegnato anche a Vittorio Emanuele III. Il Re fu dunque di fatto scavalcato dai fascisti che si arrogarono il diritto di insignire un sovrano di un titolo. Ma,cosa ancora più grave,il Re non rappresentò più da allora il potere supremo della Nazione. In questo caso Mussolini assunse le sue stesse prerogative militari (nel 1940 Mussolini diverrà il Comandante Supremo dell'Esercito, scavalcando nuovamente il re che lo era stato nella guerra precedente). Tale situazione inflisse un colpo durissimo alla Corona. L’11 Gennaio del 1937 fu approvata la legge con cui al segretario del Partito Nazionale Fascista vennero conferiti il titolo e le funzioni di ministro segretario di Stato. Ecco che lo Stato veniva una volta di più identificato col Fascismo. Un altro evento di notevole importanza fu rappresentato dalla morte completa del parlamentarismo,instaurato dalla monarchia sabauda,avvenuto con l'istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni alla fine del 1938. Tale avvenimento, oltre a rappresentare un altro passo verso l'identificazione completa di tutto lo Stato nel Fascismo a scapito della Monarchia, fu anche e soprattutto una svolta radicalmente rivoluzionaria compiuta per confermare una volta di più i principi ideologici del Fascismo.

3. Su borghesia e fascismo occorre sottolineare che il fascismo non attacca la borghesia in quanto "classe economica" quanto bensì come "casta spirituale". Da sempre il fascismo ha espresso la sua ostilità contro lo "spirito borghese" e dichiarando di disprezzare la vita comoda. Come affermò Mussolini: “spirito borghese, spirito cioè di soddisfazione e di adattamento, tendenza allo scetticismo, al compromesso, alla vita comoda, al carrierismo”. Sul piano economico il fascismo non fa una distinzione tra "borghesi" e "proletari" quanto piuttosto tra "produttori" e "parassiti". I produttori sono tutte quelle forze del lavoro dalla cui opera deriva una utilità per la comunità nazionale. I parassiti sono invece coloro che vivono sul lavoro altrui e abusano della proprietà privata per un bene egoistico e personale, non indirizzandola al benessere nazionale (vedi borghesia plutocratica) ma usandola al solo scopo di accumulare selvaggiamente le proprie ricchezze. Questo è lo spirito borghese, questo il fascismo vuole combattere plasmando e cambiando il carattere e la mentalità degli italiani.

4. Il Corporativismo non fu realizzato in modo compiuto e definitivo, ma era in divinenire durante il Ventennio. Anzitutto il sistema corporativo fu attuato diverse varie fasi, l'inizio vero e proprio si può far partire con la promulgazione della Carta del Lavoro (1927). I motivi per cui la costruzione dello stato corporativo non iniziò prima furono molteplici: anzitutto il sistema capitalista non sembrava essere fallito, ma deteneva ancora preziosi segni di vitalità. Il fallimento del capitalismo fu appurato con la crisi del 1929 e fu allora che Mussolini accelerò la politica corporativa. Un secondo motivo è dovuto al fatto che tra il 1922 e il 1926 si promulgarono leggi e decreti a favore dei lavoratori (legge sulle 8 ore di lavoro, assistenza contro la tubercolosi, istituzione maternità e infanzia etc.). Bisognava quindi porre le basi per compiere passi successivi (rivoluzione permanente). I Sindacati non furono aboliti, è più corretto dire che i Sindacati Antifascisti furono aboliti. A sopperirli vi era il Sindacato Fascista che faceva davvero gli interessi dei lavoratori! Riporto da Arrigo Petacco:

"Si deve riconoscere che la Carta tornò gradita più ai lavoratori che agli imprenditori grazie anche all'interpretazione che gli aveva dato il capo dei sindacati Edmondo Rossoni, un fascista <<di sinistra>> che era stato a suo tempo un sindacalista rivoluzionario. Del resto, pare che anche Mussolini fosse favorevole a questa interpretazione rossoniana della Carta, tanto è vero che, come racconta Enrico Mattei, gli industriali cominciarono ben presto a lamentarsi perchè, nel corso delle trattative, anche <<il più piccolo dirigente sindacale si arroga il diritto di parlare in nome del Duce e non esita a tacciare di antifascismo l'imprenditore che respinge le istanze dei lavoratori>>>. Un episodio significativo si registrò, per esempio, a Roma mentre erano in corso le trattative per il rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici. I lavori già procedevano a rilento per la litigiosità delle parti, quando giunse la notizia che, a Torino, la Fiat, adducendo come pretesto le difficoltà economiche del momento, aveva licenziato duemila operai. L'annuncio inatteso congelò le trattative, i sindacalisti abbandonarono l'aula e una loro delegazione si rivolse direttamente al Duce per chiedere un suo intervento chiarificatore. Ricevuta la delegazione e messo al corrente di quanto era accaduto alla Fiat, Mussolini fu molto duro nei confronti del senatore Giovanni Agnelli. <<a questo signore>> disse rivolgendosi ai presenti <<sono stato io a dargli il laticlavio e credo che adesso sarò io a mettergli le manette. Bisogna che, con le buone o con le cattive, si tolga dalla testa l'idea che la rivoluzione fascista sia stata fatta per consentire ai magnati dell'industria, come lui, di fare strame dei lavoratori. Voi non lasciatevi intimidire. Avrete tutto il mio appoggio>>. " (L'Uomo della Provvidenza, Arrigo Petacco).

Se è vero come è vero che fu abolito lo sciopero, al pari della capitalistica serrata, ciò non fu per “garantire” i padroni dagli scioperi operai, quanto bensì perché nell’ottica del nuovo Stato Corporativo, il lavoro assurgeva a base e perno della società, e privo da qualsiasi turbamento doveva svolgersi in completa armonia sociale e giustizia d’interessi. Sul discorso dei salari ci sarebbe da fare un lungo discorso.

Infine, posso farti un sintesi del lungo percorso corporativo, culminato nel 1944 con la socializzazione delle imprese, ma devi sempre tener presente che per il fascismo la "rivoluzione sociale" era subordinata e secondaria alla "rivoluzione antropologica". Ossia: prima di cambiare l'economia di un paese bisogna cambiare i cervelli! Come fai a fare una rivoluzione economica se prima non educhi e formi un popolo dedito ai tuoi stessi ideali? Questo Mussolini l'aveva capito, Lenin no, e infatti vedi come è fallita la sua rivoluzione...

 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 2/12/2010, 13:43




CITAZIONE (Tiberio Sempronio Gracco @ 1/12/2010, 14:35) 
1. Allora, il problema è che dal 1919 al 1922 si combatté lo scontro sanguinoso tra due opposti schieramenti: la sinistra social-comunista ed i fascisti. I primi, prendendo spunto da quanto accadeva in Russia per opera di Lenin, volevano l'instaurazione immediata della "dittatura del proletariato"; i secondi volevano il ripristino dell'ordine e l'affermazione politica dei principi ideologici nazional-sindacali espressi dal variegato mondo interclassista uscito dalla guerra che reclamava a gran voce, in virtù dei sacrifici patiti in combattimento, di dirigere una nuova politica e lo Stato italiano. Gli agrari e la borghesia appoggiarono il fascismo non perchè conservatore o reazionario, ma perchè era l'unica soluzione di cui disponevano per impedire ai social-comunisti di realizzare la loro rivoluzione. Mussolini fu sempre chiaro in proposito: "Se la borghesia crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva delle imprese". Egli in un primo tempo di servì dell'appoggio di costoro per sconfiggere il nemico più temibile (il socialismo marxista) poi successivamente indirizzò la sua politica contro il mondo borghese-capitalista-liberaldemocratico.

2. Sul rapporto tra fascismo e monarchia bisogna specificare alcune cose. Il fascismo non è ne monarchico ne repubblicano. Il suo pragmatismo gli permette di guardare alle istituzioni ufficiali (monarchia, repubblica, democrazia ecc.) come FORME che devono adattarsi al divenire storico di un popolo. Era chiaro a Mussolini che la repubblica avrebbe potuto essere realizzata solo se la monarchia avesse tradito l'Italia scagliandola in una guerra civile (cosa che avverrà nel 1943) contro gli ex combattenti della Grande Guerra,che avevano completato l’unità nazionale. In questo modo la monarchia avrebbe rinnegato la memoria storica del Risorgimento. Ma il Re, temendo per la sua Corona visti i consensi crescenti di cui godeva il fascismo, pensò di appoggiarlo. I protagonisti della "convivenza forzosa",fascismo e monarchia,sapevano bene però che tale situazione non poteva durare. Entrambi capivano fin troppo chiaramente che nelle reali intenzioni di Mussolini non esisteva un fascismo monarchico. Prima o poi si sarebbe giunti all'affermazione dell'uno sull'altro. La Monarchia diventava sempre più una appendice,un simbolo più che un'istituzione,una realtà marginale. In vari casi vi furono divergenze che a mala pena non sfociarono in aperta ostilità. Il primo passo verso l'accentramento del potere nella persona del Duce fu compiuto con la costituzione del Gran Consiglio Del Fascismo e con l'elevazione di questo a organo determinante per le decisioni riguardanti la Nazione. La decisione di Mussolini di mettere da parte i Savoia cominciò a divenire una necessità a partire dal 1935. In tale periodo furono gettate le basi per la conquista dell'Impero in Africa orientale che avrebbe sancito l'inizio della fine per la Monarchia. Di tali avvenimenti ci sono testimonianze anche scritte come questa di Dino Grandi, gerarca fascista dalla forte impronta monarchica,futuro organizzatore della destituzione del Duce :"(...) Che Mussolini abbia avuto l'idea di liberarsi della Monarchia è indubbio. (...) Dal 9 maggio 1936 Mussolini aveva decretato in cuor suo la fine della Monarchia”. In questa dichiarazione si nota il riferimento cui si accennava prima,ovvero la conquista dell'Impero come momento propizio per tale operazione. Tutta una serie di azioni erano dirette a emarginare la Monarchia ma una in particolare,avvenuta nel Marzo del 1938,dovette confermare tali intenzioni. L’Italia era duramente impegnata nella guerra di Spagna. Questa data cruciale determinò una crisi tra Fascismo e Monarchia talmente grave da far pensare a un imminente cambiamento istituzionale. Una seduta straordinaria della Camera,dopo un discorso di elogio alla grandezza del Duce,decretò la creazione di un nuovo grado militare,quello di Primo Maresciallo dell'Impero. Tale grado venne assegnato anche a Vittorio Emanuele III. Il Re fu dunque di fatto scavalcato dai fascisti che si arrogarono il diritto di insignire un sovrano di un titolo. Ma,cosa ancora più grave,il Re non rappresentò più da allora il potere supremo della Nazione. In questo caso Mussolini assunse le sue stesse prerogative militari (nel 1940 Mussolini diverrà il Comandante Supremo dell'Esercito, scavalcando nuovamente il re che lo era stato nella guerra precedente). Tale situazione inflisse un colpo durissimo alla Corona. L’11 Gennaio del 1937 fu approvata la legge con cui al segretario del Partito Nazionale Fascista vennero conferiti il titolo e le funzioni di ministro segretario di Stato. Ecco che lo Stato veniva una volta di più identificato col Fascismo. Un altro evento di notevole importanza fu rappresentato dalla morte completa del parlamentarismo,instaurato dalla monarchia sabauda,avvenuto con l'istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni alla fine del 1938. Tale avvenimento, oltre a rappresentare un altro passo verso l'identificazione completa di tutto lo Stato nel Fascismo a scapito della Monarchia, fu anche e soprattutto una svolta radicalmente rivoluzionaria compiuta per confermare una volta di più i principi ideologici del Fascismo.

3. Su borghesia e fascismo occorre sottolineare che il fascismo non attacca la borghesia in quanto "classe economica" quanto bensì come "casta spirituale". Da sempre il fascismo ha espresso la sua ostilità contro lo "spirito borghese" e dichiarando di disprezzare la vita comoda. Come affermò Mussolini: “spirito borghese, spirito cioè di soddisfazione e di adattamento, tendenza allo scetticismo, al compromesso, alla vita comoda, al carrierismo”. Sul piano economico il fascismo non fa una distinzione tra "borghesi" e "proletari" quanto piuttosto tra "produttori" e "parassiti". I produttori sono tutte quelle forze del lavoro dalla cui opera deriva una utilità per la comunità nazionale. I parassiti sono invece coloro che vivono sul lavoro altrui e abusano della proprietà privata per un bene egoistico e personale, non indirizzandola al benessere nazionale (vedi borghesia plutocratica) ma usandola al solo scopo di accumulare selvaggiamente le proprie ricchezze. Questo è lo spirito borghese, questo il fascismo vuole combattere plasmando e cambiando il carattere e la mentalità degli italiani.

4. Il Corporativismo non fu realizzato in modo compiuto e definitivo, ma era in divinenire durante il Ventennio. Anzitutto il sistema corporativo fu attuato diverse varie fasi, l'inizio vero e proprio si può far partire con la promulgazione della Carta del Lavoro (1927). I motivi per cui la costruzione dello stato corporativo non iniziò prima furono molteplici: anzitutto il sistema capitalista non sembrava essere fallito, ma deteneva ancora preziosi segni di vitalità. Il fallimento del capitalismo fu appurato con la crisi del 1929 e fu allora che Mussolini accelerò la politica corporativa. Un secondo motivo è dovuto al fatto che tra il 1922 e il 1926 si promulgarono leggi e decreti a favore dei lavoratori (legge sulle 8 ore di lavoro, assistenza contro la tubercolosi, istituzione maternità e infanzia etc.). Bisognava quindi porre le basi per compiere passi successivi (rivoluzione permanente). I Sindacati non furono aboliti, è più corretto dire che i Sindacati Antifascisti furono aboliti. A sopperirli vi era il Sindacato Fascista che faceva davvero gli interessi dei lavoratori! Riporto da Arrigo Petacco:

"Si deve riconoscere che la Carta tornò gradita più ai lavoratori che agli imprenditori grazie anche all'interpretazione che gli aveva dato il capo dei sindacati Edmondo Rossoni, un fascista <<di sinistra>> che era stato a suo tempo un sindacalista rivoluzionario. Del resto, pare che anche Mussolini fosse favorevole a questa interpretazione rossoniana della Carta, tanto è vero che, come racconta Enrico Mattei, gli industriali cominciarono ben presto a lamentarsi perchè, nel corso delle trattative, anche <<il più piccolo dirigente sindacale si arroga il diritto di parlare in nome del Duce e non esita a tacciare di antifascismo l'imprenditore che respinge le istanze dei lavoratori>>>. Un episodio significativo si registrò, per esempio, a Roma mentre erano in corso le trattative per il rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici. I lavori già procedevano a rilento per la litigiosità delle parti, quando giunse la notizia che, a Torino, la Fiat, adducendo come pretesto le difficoltà economiche del momento, aveva licenziato duemila operai. L'annuncio inatteso congelò le trattative, i sindacalisti abbandonarono l'aula e una loro delegazione si rivolse direttamente al Duce per chiedere un suo intervento chiarificatore. Ricevuta la delegazione e messo al corrente di quanto era accaduto alla Fiat, Mussolini fu molto duro nei confronti del senatore Giovanni Agnelli. <<a questo signore>> disse rivolgendosi ai presenti <<sono stato io a dargli il laticlavio e credo che adesso sarò io a mettergli le manette. Bisogna che, con le buone o con le cattive, si tolga dalla testa l'idea che la rivoluzione fascista sia stata fatta per consentire ai magnati dell'industria, come lui, di fare strame dei lavoratori. Voi non lasciatevi intimidire. Avrete tutto il mio appoggio>>. " (L'Uomo della Provvidenza, Arrigo Petacco).

Se è vero come è vero che fu abolito lo sciopero, al pari della capitalistica serrata, ciò non fu per “garantire” i padroni dagli scioperi operai, quanto bensì perché nell’ottica del nuovo Stato Corporativo, il lavoro assurgeva a base e perno della società, e privo da qualsiasi turbamento doveva svolgersi in completa armonia sociale e giustizia d’interessi. Sul discorso dei salari ci sarebbe da fare un lungo discorso.

Infine, posso farti un sintesi del lungo percorso corporativo, culminato nel 1944 con la socializzazione delle imprese, ma devi sempre tener presente che per il fascismo la "rivoluzione sociale" era subordinata e secondaria alla "rivoluzione antropologica". Ossia: prima di cambiare l'economia di un paese bisogna cambiare i cervelli! Come fai a fare una rivoluzione economica se prima non educhi e formi un popolo dedito ai tuoi stessi ideali? Questo Mussolini l'aveva capito, Lenin no, e infatti vedi come è fallita la sua rivoluzione...

discorso molto interessante e ben argomentato,ti faccio i miei complimenti perche non ti sei limitato ai soliti slogan di certo personaggi ch esi definiscono della tua parte politica...per il resto rimango convinto che la rivoluzione graduale fascista sia piu un utopia difficilemnte realizzabile e abbastanza velleitaria,similmente al socialismo reale
 
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Italoromano
view post Posted on 2/12/2010, 23:03




Se assomigli al socialismo reale francamente non saprei, però insomma nel mio piccolo condivido il giudizio di Mazzini: non intendo affatto dubitare della genuina carica rivoluzionaria del primo fascismo, ma credo anche che, col passare degli anni, la sua progressiva istituzionalizzazione, colla parallela subordinazione degli organi di Partito a quelli dello Stato, lo condusse ad una deriva sostanzialmente involutiva e conservatrice.

Non me ne vogliano gli amici TSG e Littore, è solo la mia personalissima opinione.


p.s. Per Mazzini: il giudizio del gruppo dirigente comunista italiano - e del ceto intellettuale ad esso legato - sulla genesi del fascismo restò per anni quello codificato da Togliatti a Lione, quanto a Gramsci sai meglio di me come la sua posizione fosse assolutamente minoritaria, tanto da attirarsi financo il sospetto, sul finire degli anni '20, di una sorta di "deviazionismo" in quanto critico della nota posizione kominternista sui c.d. "socialfascisti" o "socialtraditori".
 
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Allonsanfan
view post Posted on 12/12/2010, 15:06




QUOTE
Il motivo della differenza abnorme tra i tre totalitarismi

Ho solo una piccola obiezione da fare: siamo proprio sicuri che il Fascismo fosse un totalitarismo?

Innanzi tutto è opportuno trovare un accordo in merito al significato da attribuire al termine “Totalitarismo”: proporrei di attenersi alle definizioni coniate prima del 1939, giacché le successive potrebbero essere influenzate dall’esito del II conflitto Mondiale prima e dalla dissoluzione dell’URSS poi, nonché per prevenire gli anacronismi derivanti dalla retroapplicazione di termini e concetti emersi ben dopo lo svolgersi dei fatti.
Stando alla voce “Fascismo” dell’Enciclopedia Italiana, “Stato Totalitario” dovrebbe essere quello sottoposto al governo di un solo Partito, capace di compenetrare ogni aspetto della vita Politica, come una sorta di appercezione trascendentale Kantiana.
Il che non ci dice nulla né in merito ai contenuti del Partito né al rapporto fra i tre poteri di Montesquieu.
In effetti non c’è nessun motivo per negare a priori la possibilità di un Totalitarismo Liberale, né per affermare, allo stesso modo, la necessità che l’ideologia Fascista – almeno fino al contributo dell’Idealismo Gentiliano - trovi la sua migliore applicazione in un Regime Totalitario; è piuttosto necessario che una delle due prospettive monopolizzi la politica, precludendo all’altra ogni possibilità di espressione. Seguendo questo ragionamento, dovremmo dedurre che uno Stato Fascista che neghi il Liberalismo o uno Stato Liberale che neghi il Fascismo siano, allo stesso modo, dei potenziali Totalitarismi. Potenziali, giacché dovremmo anche chiederci se, di fatto, tale modello di Stato sia realizzabile sul piano pratico.
Poi dovremmo rivolgerci al ruolo di Gentile, come teorico del II Fascismo (per il I citerei, piuttosto, Labriola), esegeta efficacissimo di Mazzini (cfr. "I profeti del Risorgimento Italiano"), e come ministro della Pubblica Istruzione, come autore concetto di “Stato Etico” e della “più Fascista” delle Riforme.
Cos’è lo Stato Etico?
In estrema sintesi – e dovendo purtroppo dare per scontato il complesso Sistema Filosofico soggiacente – corrisponde a una Gestalt alternativa al Liberalismo, che pone a fulcro e fondamento non più l’individuo, bensì l’orizzonte superiore dello Stato, depositario dell’Etica. Risolvere l’Etica nello Stato non significa risolverla nell’auto-referenziale Potere, né opporre una stantia Vox Dei, incompatibile con le Democrazie post-1789, a un’arbitraria Vox Populi né, soprattutto, porre in conflitto Diritto Naturale e Diritto Positivo, come invece è accaduto nel II Dopoguerra; significa invece superare tali distinzioni, per ricondurre l’intero svolgersi della Storia al dispiegarsi dell’Hegeliano Spirito Assoluto. In parole povere: l’Etica coincide con l’Attualità Spirituale, ovvero con la manifestazione concreta dello Spirito. Essa è realizzata mediante il superamento delle istanze particolari che, in sé, non sono nulla, semplici inganni del punto di vista empirico. Tali istanze particolari sono, nel caso specifico, gli individui, che si realizzano nell’unità superiore e organica dello Stato. Il quale non è l’origine dell’Etica e il garante del Popolo, perché viene a coincidere interamente con essi. Non un limite estrinseco, bensì un’universalizzazione, un completamento e una realizzazione del singolo.
Perché ci interessa? Perché tale fu il modello e il compimento teorico del II Fascismo, quello ormai svincolatosi dall’anarcoide matrice Diciannovista e deciso a “governare totalitariamente”1 la Nazione. Quel “Totalitariamente” non indica una forma di governo - non ha nulla a che fare né con la coercizione né con il Prussiano Stato di Polizia – bensì un punto di vista, un orizzonte Filosofico distillato nel motto, che insieme è anche un aforisma: “Tutto nello Stato, nulla al di fuori dello Stato, niente contro lo Stato”. L’avversione al sistema Liberale è così coronata da un affinamento teorico, che fa del Fascismo un fenomeno valido a livello universale e potenzialmente esportabile.
Una precisazione: il rifiuto del Liberalismo non coincide con il rifiuto della Democrazia, né tantomeno con una prassi liberticida: nel primo caso si dovrebbe ricercare la legittimazione dello Stato al di fuori del Popolo, ad esempio nella religione, nel secondo si dovrebbe sovrapporre Libertà con Anarchia, azione guidata dalla Ragione (incarnata dall’Etica Statale) con azione guidata dal personale arbitrio.
Passiamo al Gentile Ministro della Pubblica Istruzione. Che la sua sia stata o meno la “più Fascista” delle Riforme è attualmente centro di una viva querelle, che non potrò qui delineare.
Ritengo siano sufficienti due constatazioni, condotte sulla scorta di Charnitzkj e del suo Fascismo e scuola. Primo: nel 1923 il neonato PNF non aveva ancora maturato una linea educativa, come invece aveva fatto il sodalizio Gentile – Croce. Secondo: questi ultimi avevano già provato ad applicare la suddetta linea educativa nel 1921, con il Ministero Croce, senza risultato. Ergo: il progetto della Riforma era precedente e indipendente dal PNF. Sembra così di trovarsi di fronte all’incontro e alla collaborazione di due interessi diversi e compatibili: un programma in cerca di un supporto politico e un partito politico in cerca di un programma. Pensiero senza azione e azione senza pensiero, parafrasando il Filosofo.
Da questo punto di vista, la questione del livello di “Fascismo” della Riforma perde molta della sua pregnanza, tanto più che ogni ritocco fu detto “più Fascista” del precedente.
Giustamente avete citato la Monarchia: una delle principali differenze fra il Fascismo e altri regimi oggi ritenuti “totalitari” risiede proprio nella diversa forma di governo. La Germania ove nacque e si sviluppò il Nazismo era divenuta una repubblica nel 1918, in seguito alla sconfitta militare. La Russia dei Soviet aveva trucidato la famiglia dello Zar nel 1918, pochi mesi dopo lo scoppio della “Rivoluzione d’Ottobre”. L’Italia, forte di quella che, pur mutilata, era sempre una vittoria, rimase per la gran parte fedele al “Re soldato”, nonostante alcuni episodi di insubordinazione e l’esistenza di un marginale Partito Repubblicano.
La Germania – per non parlare della Russia – poté sopprimere la divisione dei poteri, riunendo nella figura del Fürer sia il Legislativo che l’Esecutivo, nonché il controllo dell’Esercito. L’Italia, al contrario, mantenne sempre una rigida dicotomia, nel rispetto dello Statuto Albertino: Mussolini, Presidente del Consiglio prima che Duce, fu nominato e destituito dal monarca, il quale rimase l’unico destinatario della fedeltà delle forze armate. Allo stesso modo, la Marcia Reale conservò il ruolo di inno ufficiale del Regno, cui il Fascista Giovinezza poté essere affiancato, ma non sostituito.
Concludendo, secondo me il Regime Fascista, nonostante le intenzioni dichiarate, non fu mai un Totalitarismo, per le seguenti ragioni:
1.Adattamento e conseguente eterogeneità. Se il PNF riuscì a ottenere una solida maggioranza fu proprio in virtù dell’assorbimento di forze politiche esistenti, come il Liberalismo e il Nazionalismo. Non si trattò, quindi, dell’imposizione dall’alto di un’ideologia, quanto piuttosto dell’incontro fra i tentativi di applicare tale ideologia – tutt’altro che compatta – e l’astrazione dall’esistente.
2.Frammentazione. Un totalitarismo presuppone l’esistenza di un Popolo. La creazione del Popolo Italiano, ancora chimerico nonostante i sessant’anni trascorsi dall’Unità, costituiva il fine del progetto educativo Fascista. Ergo, più che un dato di fatto, il totalitarismo sarebbe stato una missione da perseguire.
3.Delimitazioni estrinseche. La presenza di Monarchia e Chiesa rappresentava il limite invalicabile di giurisdizione del Partito, e di conseguenza la necessità di scendere a nuovi compromessi.
4.Maniera. Un problema metodologico, consistente nell’impossibilità di valutare l’effettivo livello di convinzione dei singoli cittadini, al di là delle manifestazioni esteriori, ovvero della Maniera.

In merito a Rivoluzione e Reazione:
Anche in questo caso la dicotomia mi sembra troppo netta.
Lasciando sullo sfondo la già appurata eterogeneità e tutto il brillante impianto esteriore di adunate, divise, gagliardetti, motti e discorsi al balcone, mi sembra piuttosto di trovarmi davanti a un efficace piano di riforme, volto a costruire uno dei primi Welfare State d’Europa.
Un concetto rivoluzionario, se confrontato con la precedente situazione Italiana, realizzato mediante l’istituzione di organismi ad hoc – come ONMI, INFPS, OND -, all’assorbimento e al miglioramento dell’esistente, a campagne di lavori pubblici e di sensibilizzazione, quali bonifiche, edilizia scolastica e lotta a malattie molto diffuse, come malaria e tubercolosi.
Molte missioni furono ereditate dal passato ma svolte con mezzi e strategie originali: basti pensare all’educazione, o al difficile rapporto con il Papato, incrinatosi ai tempi della Breccia di Porta Pia e risolto, dal punto di vista puramente ufficiale, con il Concordato del 1929.
Nuova fu la colossale organizzazione dell’ONB, dotata del precedente solo parziale degli enti cattolici, nuovi furono i media impiegati per raggiungere ogni strato della popolazione, primi fra tutti la radio – permessa dallo sviluppo e dall’accorto sfruttamento della tecnologia – e il cinema, che grande influsso ebbe sulle stesse forme della Maniera Fascista.
Nuovo fu anche il ruolo attribuito alla famiglia e alla procreazione, inscritti nel più ampio contesto della potenza della Nazione e del miglioramento della stirpe, nuovi furono le esenzioni, gli assegni famigliari, i prestiti matrimoniali e i tardi premi di natalità, mentre la struttura fu lasciata praticamente invariata, almeno fino alla promulgazione del nuovo Codice di famiglia, datato 1940.
Per quanto riguarda i rapporti sociali, la questione è più complessa, coinvolgendo l’Economia: la teoria corporativa, escogitata dal De Ambris della Carta del Carnaro, fu applicata solo in parte, nonostante gli sforzi di Bottai, mentre il sistema di produzione rimase sostanzialmente Capitalistico – Liberista. Del resto, sappiamo che la Socializzazione – pure azzardata nella Repubblica di Salò – costituiva uno dei principali punti di disaccordo fra Marxisti Ortodossi e Revisionisti Soreliani.
Concludendo, e cercando quindi di comporre un bilancio in grado di render conto tanto delle intenzioni che del loro esito, parlerei del Fascismo come di un fenomeno essenzialmente riformista, dotato di elementi rivoluzionari e continuità con il Regime Liberale, di spinte progressiste e salvaguardia di quegli elementi della Tradizione ritenuti – a torto o a ragione – ancora vitali.
Mi sia concessa un’ultima nota, di carattere metodologico: “Rivoluzione” e “Reazione” sono termini che obbligano a operare un confronto, per cui personalmente ho scelto non le direttive o gli spunti esteri, bensì l’Italia Liberale, diretto antecedente del Fascismo. La motivazione è duplice: innanzi tutto l’esigenza di prendere in considerazione il sostrato reale, ovvero la situazione di partenza su cui il Governo si sarebbe trovato ad agire; in secondo luogo la ferma convinzione che ogni Nazione, pur nella molteplicità delle relazioni internazionali, abbia il diritto a un proprio sviluppo, proporzionato alle proprie risorse materiali e intellettuali, e che non sia dunque tenuta a uniformarsi alla condotta dei Paesi vicini. Inoltre, un confronto su scala internazionale richiederebbe l’impiego di astrazioni quali “progresso” e “regresso”, carichi di connotazioni ideologiche.
 
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Tiberio Sempronio Gracco
view post Posted on 12/12/2010, 16:50




Non concordo con la disanima dell'utente Allonsanfan. Le più progredite ricerche storiografiche condotte dalla scuola defeliciana concordano oramai nel ritenere il Fascismo un Totalitarismo, in particolare consiglio la lettura del libro di Emilio Gentile "La via italiana al totalitarismo" dove esplica in maniera chiara ed esauriente la concezione totalitaria propria della Rivoluzione fascista. Inoltre desidero riportare questo esauriente scritto sull'argomento, pubblicato sull'Associazione Culturale "ilCovo", dove viene sintetizzata la concezione gentiliana e mussoliniana, che nulla ha a che vedere con lo stato di polizia o con la visione distorta che spesso si ha del termine totalitarismo:

"Totalitarismo" fascista:opposto alla definizione

Crediamo sia opportuno focalizzare l'attenzione su uno specifico tratto distintivo della dottrina politica fascista, cioé il suo carattere "totalitario". Esso ha delle particolarità tali che non trovano riscontro nel significato convenzionale attribuito al concetto di "totalitarismo". Il fascismo ha una visione Morale della Politica. Una visone Etica e Normativa. Il fascismo mira a costituire una base costituzionale nazionale, un principio comune unitario, fondando la società nazionale sullo Stato Etico Corporativo. Tale principio mette in luce il nucleo centrale dell’idea stessa di "totalitarismo" presente nel pensiero fascista. Esso rappresenta un principio socialmente UNITARIO dove La collettività aderisce coscientemente e TOTALMENTE al principio costituzionale della nazione (etico corporativo), accetta l'etica normativa dello Stato nella quale si riconosce poiché sente a sua volta di esserne l’ente costituente, e dunque si comporta secondo la Morale espressa dallo Stato, il quale concretizza di fatto e di diritto nelle sue istituzioni la volontà popolare. Quindi lo Stato Etico, investe la vita quotidiana del cittadino nella sua Totalità e lo educa ad essere partecipe della stessa collettività nazionale Unitaria, trasmette dunque concettualmente valori Total-unitari ovvero TOTALITARI, che necessariamente devono fondarsi su una realtà oggettiva: LA LEGGE MORALE!
Così si va a toccare il tema dei Valori Nazionali: l’amore di Patria (che si traduce nell’amore per il proprio popolo e non necessariamente in sciovinismo né tanto meno in razzismo!);la ricerca e l’obbedienza al valore della GIUSTIZIA SOCIALE (CORPORATIVISMO);il rispetto per l'autorità in cui il cittadino si riconosce e vi riconosce il compito di rappresentare l'interesse superiore collettivo.
Il principio dell’elevazione morale di ogni singolo cittadino che risiede nella concretizzazione del fatto che egli fa parte di una Comunità nella quale si riconosce ed alla quale guarda come ad un bene più grande. Il Bene Collettivo Nazionale, rappresenta il cuore stesso della dottrina dello Stato Etico fascista. Il Bene Collettivo, che si raggiunge anche con la parziale "limitazione" delle proprie prerogative individuali, quando ciò va a beneficio dell'intera Comunità. "Limitazione apparente" poichè è indiscutibile che il bene della Comunità realizza inevitabilmente il bene del singolo, che di essa è parte integrante. Non quindi un annullamento della personalità individuale,ma al contrario una esaltazione della stessa nella compagine nazionale. L'Individuo è tale ed è fondamentalmente necessario, in virtù del fatto che è inserito attivamente nel contesto sociale nazionale, poiché dà il suo proprio contributo allo stesso armonico collettivo rappresentato dallo Stato. Il "Totalitarismo" fascista è perciò permeato dal fondamentale Principio della comunità nazionale, all'interno della quale è ammessa però (e non potrebbe essere altrimenti) una MULTIFORMITA' ,che tuttavia imprescindibilmente si riconosce sempre in tale Principio unitario. Le forme in cui si può attuare tale Principio possono essere molte. Il fascismo, proprio sulla scorta della revisione delle dottrine politiche a cui successe, revisione ed analisi importantissima, comprese che non vi sono mille realtà ma una; non mille interpretazioni di essa ma una. Alla luce di quanto affermato, la risposta ai problemi della Società per il fascismo non poteva essere che una. Ciò ha prodotto anche la convinzione che tale risposta, possa esistere inalterata nella sostanza, ma diversa nella forma, avendo sempre chiaro che la realtà della Psicologia e della cultura, come della formazione dei popoli impone spesso mezzi diversi per uno stesso fine. In uno Stato Fascista, chiamato così perchè si intende fascista nella sua piattaforma costituzionale e non a causa di un partito fascista che sia al governo, non vi é nessun ostacolo al fatto che possano esistere gruppi sociali e politici diversi e che propongano mezzi diversi tra loro per ottenere un unico scopo: l’inveramento dello Stato Etico Corporativo. Tutto ciò è stato elaborato nell'Ideologia Fascista sulla scorta delle precedenti esperienze politiche liberali e socialiste. Così come in uno Stato Fascista non è assolutamente negata la possibilità di esistere e prosperare alle religioni o alle associazioni che non neghino la portata Etica dello Stato, che poggia sulla LEGGE MORALE e sulla sua propria identità collettiva. Tale possibilità viene a concretizzarsi nella SOVRANITA' e NORMATIVITA’ che lo Stato deve esercitare in maniere assolutamente autonoma.
Lo Stato in ciò è libero, veramente libero, non "liberale" (lo stato "liberale" nega la reltà di tale parola, nella pratica della sua dottrina), e dunque non può e non deve essere soggetto ad alcunchè. Ciò non significa che, essendo emanazione e fedele interprete del Popolo, esso non riconosca chiaramente identità,aspirazioni e bisogni di quello stesso popolo. Identità rappresentata anche dalla Religione del popolo. Il "Totalitarismo" Fascista, dunque, manifesta tali caratteristiche peculiari, peraltro esposte magistralmente dal filosofo Giovanni Gentile nelle "analisi" da lui fornite in alcune opere di carattere più specificamente politico come ad esempio nella raccolta intitolata "Politica e Cultura". Troppo spesso si identifica erroneamente come quint’essenza del "Totalitarismo" fascista l’istituto della dittatura, l'imposizione, la negazione della libertà. Ebbene va detto senza mezzi termini che tutto ciò costituisce un arbitrio inesatto. La testimonianza di Carlo Silvestri,giornalista di area social-democratica che si oppose al fascismo, a tacer d'altre, mostra come questo totalitarismo, questo fascismo, non fosse necessariamente legato al mezzo della dittatura ma che tale evento fu provocato da contingenze storiche. lo stesso Stato durante la R.S.I non fu meno "totalitario " dello Stato Fascista del "ventennio". Eppure fu Istituzionalmente diverso. Cosa che non gli impedì di essere pienamente fascista. In un libro dello stesso Silvestri ( Matteotti Mussolini ed il dramma italiano ), lo stesso fondatore ed ideologo per eccellenza del partito delle camice nere, Benito Mussolini, afferma che se il caso Matteotti non fosse esploso, lo Stato Etico Corporativo avrebbe trovato condizioni istituzionali completamente diverse in cui poter essere realizzato! Inoltre lo stesso progetto di Socializzazione delle imprese sarebbe stato attuato in tempi diversi, anche se sempre in relazione alle necessità oggettive interne della nazione, tramite il principio della cosiddetta "RIVOLUZIONE CONTINUA". Proprio da tale principio discende il reale significato che nel fascismo mussoliniano si attribuisce al termine RIVOLUZIONE. Scriveva infatti Mussolini :
“ La rivoluzione non è il caos,non è il disordine,non è lo sfasciamento di ogni attività,di ogni vincolo della vita sociale,come opinano gli estremisti idioti di certi paesi;la rivoluzione ha un senso e una portata storica soltanto quando rappresenta un ordine superiore,un sistema politico,economico, morale di una sfera più elevata;altrimenti è la reazione,è la Vandea. La rivoluzione è una disciplina che si sostituisce a un’altra disciplina,è una gerarchia che prende il posto di un’altra gerarchia ”.Ecco un’altro punto di dissonanza e di profonda diversità con le concezioni radicaliste tipiche della destra tradizionalista che vedono nell’ attivismo violento e sovvertitore il senso, anzi, il fine ultimo di una rivoluzione e nelle quali a torto si vuole riconoscere una indimostrabile continuità ideale e politica con il fascismo. D'altro canto, basta guardare all’azione svolta dal governo di Mussolini, per comprendere come si debba intendere per il fascista l'uso della forza.
Riassumendo, possiamo affermare che i tratti distintivi del totalitarismo nell’accezzione convenzionalmente utilizzata dalla storiografia ufficiale, NON APPARTENGONO AL FASCISMO.
Il Fascismo NON vuole lo stato di polizia.
Il Fascismo NON vuole la dittatura.
Il Fascismo NON vuole la violenza di Massa.
Il Fascismo NON erge a modello politico la pratica del concentrazionamento in massa degli avversari e la loro eliminazione fisica.
Il Fascismo NON si propone di sopprimere gruppi sociali o nazionali.
Il Fascismo NON vuole l'annientamento di realtà politiche nazionali.
Il Fascismo NON vuole ergere uno Stato a Dio del Popolo.
Il Fascismo, viceversa, vuole FORMARE ETICAMENTE, NELLA DISCIPLINA CORPORATIVA, gli individui componenti la comunità nazionale, per garantire una BASE MORALE E SPIRITUALE SOCIALMENTE UNITARIA di quella stessa nazione!
Questo costituisce l’essenza più profonda del concetto di totalitarismo fascista.

RomaInvicta
 
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Allonsanfan
view post Posted on 13/12/2010, 12:19




La tua analisi è ottima.
Diciamo che, piuttosto che "totalitarismo" - termine purtroppo storpiato da una certa propaganda - mi sembra più corretto parlare di "Stato etico", più vicino alla concezione Gentiliana e più adatto a rendere la sfumatura del recupero di una concezione classica di Stato (come quella che fa da sfondo alla "Repubblica" di Platone), rispetto a quella moderna/contrattuale (Hobbes, Locke, Rousseau...).

Che ne pensi?
 
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Tiberio Sempronio Gracco
view post Posted on 13/12/2010, 17:09




CITAZIONE (Allonsanfan @ 13/12/2010, 12:19) 
La tua analisi è ottima.
Diciamo che, piuttosto che "totalitarismo" - termine purtroppo storpiato da una certa propaganda - mi sembra più corretto parlare di "Stato etico", più vicino alla concezione Gentiliana e più adatto a rendere la sfumatura del recupero di una concezione classica di Stato (come quella che fa da sfondo alla "Repubblica" di Platone), rispetto a quella moderna/contrattuale (Hobbes, Locke, Rousseau...).

Che ne pensi?

Stato Etico e Stato totalitario sono sinonimi, come dimostrano i passi presenti nella Dottrina Fascista dove Gentile e Mussolini usano gli stessi termini in maniera intercambiabile. Il problema è dare ai termini il loro corretto significato. Totalitarismo significa per l'appunto l'identificazione di Individuo e Stato. Nel caso del nazismo e del comunismo questa identificazione è avvenuta in maniera violenta, con l'ausilio di sistemi di coercizione (vedi gulag e lager), nel Fascismo invece questa identificazione avviene tramite l'Educazione e la Formazione Pedagogica dei cittadini che devono riconoscersi come pienamente parte di un armonico collettivo che è la Comunità!

Rousseau non lo considererei un giusnaturalista, anzi lo vedo molto affine alla concezione di Stato secondo il Fascismo...
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 13/12/2010, 18:06




CITAZIONE (Tiberio Sempronio Gracco @ 13/12/2010, 17:09) 
CITAZIONE (Allonsanfan @ 13/12/2010, 12:19) 
La tua analisi è ottima.
Diciamo che, piuttosto che "totalitarismo" - termine purtroppo storpiato da una certa propaganda - mi sembra più corretto parlare di "Stato etico", più vicino alla concezione Gentiliana e più adatto a rendere la sfumatura del recupero di una concezione classica di Stato (come quella che fa da sfondo alla "Repubblica" di Platone), rispetto a quella moderna/contrattuale (Hobbes, Locke, Rousseau...).

Che ne pensi?

Stato Etico e Stato totalitario sono sinonimi, come dimostrano i passi presenti nella Dottrina Fascista dove Gentile e Mussolini usano gli stessi termini in maniera intercambiabile. Il problema è dare ai termini il loro corretto significato. Totalitarismo significa per l'appunto l'identificazione di Individuo e Stato. Nel caso del nazismo e del comunismo questa identificazione è avvenuta in maniera violenta, con l'ausilio di sistemi di coercizione (vedi gulag e lager), nel Fascismo invece questa identificazione avviene tramite l'Educazione e la Formazione Pedagogica dei cittadini che devono riconoscersi come pienamente parte di un armonico collettivo che è la Comunità!

Rousseau non lo considererei un giusnaturalista, anzi lo vedo molto affine alla concezione di Stato secondo il Fascismo...

non voglio sembrarti polemico ma le bastonature e gli omicidi politici con questa visione 'pedagogica' cosa c'entrano???
 
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eveline1
view post Posted on 13/12/2010, 19:27




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 13/12/2010, 18:06) 
CITAZIONE (Tiberio Sempronio Gracco @ 13/12/2010, 17:09) 
Stato Etico e Stato totalitario sono sinonimi, come dimostrano i passi presenti nella Dottrina Fascista dove Gentile e Mussolini usano gli stessi termini in maniera intercambiabile. Il problema è dare ai termini il loro corretto significato. Totalitarismo significa per l'appunto l'identificazione di Individuo e Stato. Nel caso del nazismo e del comunismo questa identificazione è avvenuta in maniera violenta, con l'ausilio di sistemi di coercizione (vedi gulag e lager), nel Fascismo invece questa identificazione avviene tramite l'Educazione e la Formazione Pedagogica dei cittadini che devono riconoscersi come pienamente parte di un armonico collettivo che è la Comunità!

Rousseau non lo considererei un giusnaturalista, anzi lo vedo molto affine alla concezione di Stato secondo il Fascismo...

non voglio sembrarti polemico ma le bastonature e gli omicidi politici con questa visione 'pedagogica' cosa c'entrano???

Mazzini meriti un'ovazione
 
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Allonsanfan
view post Posted on 13/12/2010, 20:12




QUOTE
Stato Etico e Stato totalitario sono sinonimi, come dimostrano i passi presenti nella Dottrina Fascista dove Gentile e Mussolini usano gli stessi termini in maniera intercambiabile.

Hai perfettamente ragione, la mia seconda obiezione non reggeva.

Vorrei ritornare alla prima: secondo te il Fascismo riuscì a divenire un totalitarismo "in atto", a realizzare cioè nella pratica ciò che i suoi teorici si prefiggevano?

QUOTE
Rousseau non lo considererei un giusnaturalista, anzi lo vedo molto affine alla concezione di Stato secondo il Fascismo...

Sicuramente simile per quanto riguarda il concetto di Volontà Generale. Ho invece i miei dubbi per quanto riguarda uno dei fondamenti del sistema politico Rousseauiano: il Contratto Sociale. Postulare un contratto non significa, a tuo parere, presupporre una frattura fra Natura e Cultura, contraddicendo il punto di vista unificante e universalizzante dell'approccio classico? Non significa opporre all'Ingenuo classico la dicotomia irriducibile del Sentimentale Moderno (perdonami la terminologia Schilleriana)?
Al contrario, mi sembra che Gentile faccia del suo meglio proprio per ricucire tale dicotomia, operando una sintesi Hegeliana fra individuo e cittadino, e fra cittadino e Stato (mantenuti da Rousseau in una problematica opposizione).

QUOTE
non voglio sembrarti polemico ma le bastonature e gli omicidi politici con questa visione 'pedagogica' cosa c'entrano???

C'entrano quanto i meccanismi pratici della politica e della vita reale con le ideologie che li sostengono, quanto la componente fanatica con i teorici e i filosofi.
Credo che nulla sia bipartisan quanto la violenza.
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 13/12/2010, 20:42




CITAZIONE (Allonsanfan @ 13/12/2010, 20:12) 
CITAZIONE
Stato Etico e Stato totalitario sono sinonimi, come dimostrano i passi presenti nella Dottrina Fascista dove Gentile e Mussolini usano gli stessi termini in maniera intercambiabile.

Hai perfettamente ragione, la mia seconda obiezione non reggeva.

Vorrei ritornare alla prima: secondo te il Fascismo riuscì a divenire un totalitarismo "in atto", a realizzare cioè nella pratica ciò che i suoi teorici si prefiggevano?

CITAZIONE
Rousseau non lo considererei un giusnaturalista, anzi lo vedo molto affine alla concezione di Stato secondo il Fascismo...

Sicuramente simile per quanto riguarda il concetto di Volontà Generale. Ho invece i miei dubbi per quanto riguarda uno dei fondamenti del sistema politico Rousseauiano: il Contratto Sociale. Postulare un contratto non significa, a tuo parere, presupporre una frattura fra Natura e Cultura, contraddicendo il punto di vista unificante e universalizzante dell'approccio classico? Non significa opporre all'Ingenuo classico la dicotomia irriducibile del Sentimentale Moderno (perdonami la terminologia Schilleriana)?
Al contrario, mi sembra che Gentile faccia del suo meglio proprio per ricucire tale dicotomia, operando una sintesi Hegeliana fra individuo e cittadino, e fra cittadino e Stato (mantenuti da Rousseau in una problematica opposizione).

CITAZIONE
non voglio sembrarti polemico ma le bastonature e gli omicidi politici con questa visione 'pedagogica' cosa c'entrano???

C'entrano quanto i meccanismi pratici della politica e della vita reale con le ideologie che li sostengono, quanto la componente fanatica con i teorici e i filosofi.
Credo che nulla sia bipartisan quanto la violenza.

allora diciamo che la componente 'gentiliana' del fascismo è rimasta molto sulla carta e ha ispirato poco la pratica dello squadrismo e degli omicidi politici....omicidi di cui mussolini si è assunto ,almeno in un occasione con cognizione di causa,la responsabilita' politica e morale'.....è vero che la violenza politica non è monopolio del fascismo(mai pensato ),ma liquidarla come inevitabile corollario della lotta politica mi sembra francamente inaccettabile,almeno in un regime democratico...e per la cronaca tutto sommato è propio sotto gli stati retti da contratto sociale,che l'europa ha vissuto il suo periodo di maggior splensore e potenza,dilapidato purtroppo da due guerre mondiali fraticide
 
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Allonsanfan
view post Posted on 13/12/2010, 21:01




QUOTE
è vero che la violenza politica non è monopolio del fascismo(mai pensato ),ma liquidarla come inevitabile corollario della lotta politica mi sembra francamente inaccettabile,almeno in un regime democratico

Inaccettabile da un punto di vista morale, forse, ma che dire del punto di vista storiografico? Capisco che l'impiego della violenza nella politica sia poco edificante, eppure mi sembra che sia un fenomeno tutt'altro che raro, e tanto radicato da risultare ineliminabile.

QUOTE
tutto sommato è propio sotto gli stati retti da contratto sociale,che l'europa ha vissuto il suo periodo di maggior splensore e potenza,dilapidato purtroppo da due guerre mondiali fraticide

Parli del primato dell'Europa nell'Ottocento post-Rivoluzionario?
 
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62 replies since 27/11/2010, 19:22   922 views
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