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Ricordiamo, 69 anni dopo, gli arditi incursori di Alessandria...

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Italoromano
view post Posted on 24/12/2010, 09:28




www.regiamarinaitaliana.it/Alessandria.html


L'impresa della
X Mas


Genesi

Nel dicembre del 1941 la situazione militare italiana era molto critica: la Regia Marina, sia per mancanza di nafta sia per deficienze di preparazione, non riusciva più a proteggere il traffico mercantile da e per la Libia, con il conseguente risultato del continuo deperimento del nostro esercito in quel fronte, per noi, fondamentale della guerra. Le continue perdite di materiali e di uomini non potevano più continuare, perciò fu deciso un doppio colpo:

# Operazione M 42: tutta la flotta sarebbe dovuta uscire per proteggere un'importante convoglio diretto a Bengasi.

# Operazione G.A.3: sei incursori della X Mas avrebbero dovuto forzare il porto di Alessandria e affondarvi le Nb Valiant e Queen Elizabeth.

La situazione critica in cui versava la marina in quel momento fece si che fosse deciso di riprovare un'altra volta a forzare il porto di Alessandria, dopo i due dolorosi fallimenti dell'Iride ( Operazione G.A.1 ) e Gondar ( Operazione G.A.2 ). Gli ammiragli che decisero questa operazione non credevano più di tanto in una possibilità di successo, ma decisero che in quel momento si doveva giocare tutte le carte a disposizione; il porto di Alessandria era effettivamente difeso in maniera molto efficiente e inoltre i bassi fondali che circondano il porto rendono difficile e pericolo la rotta del sommergibile avvicinatore.

L'attacco

Dopo il fallimento delle due precedenti missioni, il piano della terza missione di attacco ad Alessandria fu preparata in modo molto meticoloso: furono eseguite molte ricognizioni aeree mentre alcuni nostri agenti fornirono importanti informazioni sulla posizione delle reti di protezione; in base a questi dati furono effettuate varie esercitazioni nel porto di La Spezia ( all'insaputa di tutti ad eccetto del comandante della porto ).

Gli uomini destinati all'attacco erano:

# Tenente di Vascello Luigi Durand de la Penne e capo palombaro Emilio Bianchi ( SLC 221 )
# Capitano genio navale Antonio Marceglia e sottocapo palombaro Spartaco Schergat ( SLC 222 )
# Capitano armi navali Vincenzo Martellotta e sottocapo palombaro Mario Marino ( SLC 223 )

Equipaggi di riserva:

# Tenente Luigi Feltrinelli e palombaro Luciano Savarè
# Sottotenente Medico Giorgio Spaccarelli e palombaro Armando Memoli

Il 3 Dicembre lo Scirè, al comando del capitano di Fregata Junio Valerio Borghese, salpò da La Spezia con a bordo i tre maiali, ma non gli operatori; infatti si era deciso, per la prima volta, di far risparmiare agli uomini che avrebbero dovuto effettuare l'attacco il lungo e pericoloso viaggio di avvicinamento. Il 9 Dicembre il sommergibile arrivò a Lero, dove fu dichiarato, per sviare qualunque sospetto, che il sommergibile era stato danneggiato e attendeva alcuni tecnici dall'Italia. Il 17 dicembre arrivati, dall'Italia gli attesi "tecnici", che altro non erano che gli operatori dei mezzi d'assalto, il sommergibile salpò in direzione di Alessandria, dove giunse il giorno dopo. Il battello si poso sul fondo e attese l'arrivo della notte per iniziare l'avvicinamento finale al porto; dopo una serie di manovre Borghese riuscì a portare il sommergibile nella posizione iniziale per l'attacco: a circa 2000 metri dall'ingresso del porto; erano le 20 del 18 dicembre 1941. Dopo circa un'ora il sommergibile affiora per permettere l'uscita degli operatori, poi il battello si rimmerge e gli uomini destinati all'attacco ( aiutati dagli equipaggi di riserva ) sfilano dai tubi i loro "maiali" e dopo aver controllato che il funzionamento dei loro mezzi partono in direzione di Alessandria. La navigazione di avvicinamento viene fatta in formazione e in affioramento, per permettere al pilota di orientarsi meglio ( il secondo si trovava invece completamente sottacqua ); giunti ormai in prossimità dello sbarramento retale che proteggeva l'entrata al porto e preparandosi ad attaccarla come ormai sapevano fare ad occhi chiusi, i tre piloti dei "maiali" si accorsero che stavano sopraggiungendo tre Ct inglesi che si dirigevano verso il porto. Così mentre la rete di protezione veniva tolta per permettere il passaggio alle navi amiche passarono anche i sei incursori della X Mas



Attacco dell' SLC 221

L'obbiettivo della coppia formata da Durnad de la Penne e da Bianchi è la nave da battaglia Valiant; una volta entrati nel porto, sapendo perfettamente la posizione del loro bersaglio i due riescono facilmente ad individuarla, sono circa le 2:00 del 19 dicembre. Qui però Bianchi, mandato in ricognizione dal pilota scopre che vi è una rete parasiluri che circonda tutta la nave: questa protezione non era stata prevista! Bianchi tuttavia capisce che questa rete non è fissata al fondo e che quindi sia "facile" far passar il maiale facendolo strisciare sul fondale e alzando la rete con i martinetti idraulici che avevano proprio per questa evenienza.
Ma de la Penne decide, poiché si sente molto affaticato dalla navigazione sostenuta, di far passare il maiale sopra la rete, operazione molto più difficile e pericolosa; infatti durante questa fase l'elica del "maiale" viene bloccata da un cavo e solo una pronta azione di Bianchi ( che rischia di vedersi tranciare le mani dall'elica del suo mezzo ) riesce a salvare la missione.
Ora l'SLC può eseguire la manovra d'attacco che prevede di fissare la bomba con dei morsetti all'aletta di rollio della nave; la ricerca del punto dove attaccare i morsetti si fa più difficile del previsto, e in questa operazione a Bianchi gli si guasta il respiratore: cerca di raggiungere quello di scorta, che si trova nella cassetta porta attrezzi del mezzo, ma perde i sensi. Quando si risveglia scopre di che gli inglesi si sono accorti di lui e con una raffica di mitra lo "guidano" verso una boa che tiene ferma la nave. Nel frattempo de la Penne, rinunciato a trovare l'aletta dove fissare la bomba, porta il maiale sotto la chiglia della nave e lo posa sul fondo ( solo 2-3 metri più in basso della nave ), attiva le spolette e riemerge.
Viene anche lui individuato dalle sentinelle inglesi e si ritrova nella stessa boa di Bianchi, che rassicura dicendo che è tutto a posto. I due vengono raggiunti poco dopo da un'imbarcazione che li cattura e li porta a bordo della nave; verranno quindi trasportati a terra per essere inutilmente interrogati, vengono quindi riportati a bordo e rinchiusi in due cale sotto la linea del galleggiamento: quando la bomba scoppierà per loro sarà difficile uscire dalla nave.
Alle 06:15 la nave viene scossa da una tremenda esplosione, quando dopo pochi minuti i due uomini italiani vengono ricondotti a terra notano con enorme soddisfazione che la nave comincia ad inclinarsi: avevano compiuto la loro missione e questo avrebbe reso meno amara la prigionia.

Attacco dell' SLC 222

L'obbiettivo dell'equipaggio Marceglia-Schergat era la nave da battaglia Queen Elizabeth; i due uomini persero il contatto con il resto della formazione prima di entrare nel porto ma anch'essi approfittarono dell'entrata dei Ct inglesi e si diressero subito verso il loro bersaglio. Superata senza particolari problemi la rete parasiluri che circondava la nave e facendosi dirigere dal rumore delle macchine ausiliarie della nave Marceglia si trova ben presto sotto la nave e invia Schergat a fare una ricognizione; il palombaro è di ritorno presto e conferma all'ufficiale di trovarsi nel punto giusto ( questi uomini erano addestrati a cominciare a gesti e al buio ), una volta fissato l'apparecchio all'aletta di rollio di dritta Schergat passa sotto la chiglia della nave e al secondo tentativo individua l'altra aletta e vi guida Marceglia con il secondo morsetto. Ora la bomba, assicurata alla nave dai due morsetti, viene sganciata dal "maiale" e vengono attivate le spolette, quest'ultima parte del lavoro viene svolta dal solo Marceglia poiché Schergat esausto per il lungo lavoro a profondità superiori ai 10 metri è costretto a risalire dai primi sintomi di avvelenamento da ossigeno. Terminato il lavoro e recuperato il proprio palombaro Marceglia si dirige verso terra, durante la navigazione nota delle luci sulla prora della Valiant e capisce che qualcosa è andato storto per i suoi compagni. Alle 04:32 toccano terra e subito si liberano delle mute da palombaro e si rivoltano le maniche dei maglioni per nascondere i gradi. Mentre si dirigono per la stazione odono alcuni grossi scoppi e capiscono che la loro missione è stato un successo, ora devono riuscire a raggiungere Rosetta e da lì rubare una barca per raggiungere un sommergibile che li stava aspettando per riportarli in Italia. Alla stazione, facendosi passare per marinai francesi in licenza, scoprono che le sterline inglesi non avevano corso legale in Egitto e per poco questo inconveniente non li tradisce, riescono tuttavia a farsi cambiare da un commerciante alcune sterline e riescono a prendere il treno. Arrivati a Rosetta vengono fermati dalla polizia egiziana, ancora una volta la storia dei marinai francesi sembra funzionare ma poi il giorno dopo vengono perquisiti da alcuni agenti che trovano il piastrino con scritto: " R. Marina Italiana". Marceglia e Schergat vengono presi prigionieri ma sanno di aver compiuto fino in fondo la loro missione: hanno infatti condotto un attacco da manuale.

Attacco dell' SLC 223

L'ordine della coppia Marcellotta-Marino è di perlustrare il porto nell'eventualità di trovarvi una portaerei nemica che si prevedeva dovesse rientrare in quei giorni da una missione, se questa nave non fosse stata nel porto i due incursori dovevano attaccare una grossa petroliera e piazzare 4 bombe incendiare nei pressi della nave, nella speranza che il greggio fuoriuscito dalle cisterne della nave si incendiasse ( esperti inglesi affermarono dopo l'azione che se queste bombe avessero raggiunto il loro scopo del porto di Alessandria ci sarebbe rimasto ben poco ). Entrati come gli altri due equipaggi nel porto grazie all'arrivo delle Ct inglesi Marcellotta guidò il suo mezzo nei due posti di ormeggio abituali, ma con sua grande delusione non trovò nessuna portaerei; mentre si dirigeva verso gli ormeggi delle petroliere individuò una nave da guerra e decise di attaccarla nonostante gli ordini ricevuti. Mentre già stava posizionando il "maiale" in buona posizione si accorse, dal calibro dei cannoni principali, che si trattava di un incrociatore leggero e decise a malincuore di dirigersi verso le petroliere.
Marcellotta individuata una grossa petroliera ( si trattava della Sagona ) con un Ct affiancato di controbordo ( era il Jervis ) e decise di piazzare la carica in modo che l'esplosione danneggiasse entrambi. In questo frangente Marcellotta è costretto a togliersi la maschera a causa di un forte mal di testa e urti di vomito, così il lavoro di attacco della bomba alla carena viene eseguito dal solo Marino che riesce tuttavia a fissare la bomba e ad attivare le spolette; nel frattempo Marcellotta aveva predisposto le bombe incendiare. Eseguito il lavoro cercarono un approdo e si diressero verso un'uscita del porto quando vennero fermate da una guardia egiziana, in quel momento una tremenda esplosione li avvisa che avevano compiuto il loro dovere. Vennero subito arrestati. Purtroppo le bombe incendiare non funzionarono, ma sia la petroliera che il Ct subirono gravissimi danni.

Considerazioni

Taranto era stata vendica: dopo circa un anno la Regia Marina si era ripresa la sua rivincita, anche se solo grazie al coraggio di sei eroi; la M. Fleet non esisteva più: gli rimanevano soltanto alcuni incrociatori e Ct ma nessuna Nb, mentre di portaerei non ne aveva già più da dopo Creta. Questo incredibile successo però non fu sfruttato dall'Italia e ben presto le marine alleate ripreso il sopravvento, perché? Possiamo dire che l'Italia aveva ormai mobilitato tutte le sue risorse e non avrebbe potuto fare di più senza un aiuto della Germania ( ormai impelagata fino al collo in Russia ), senza la notte di Alessandria molto probabilmente, con la marina italiana bloccata nei porti priva di nafta, la guerra in Africa sarebbe finita: l'azione della X Mas ritardò di anno la sconfitta definitiva in africa.

Luigi Durand de la Penne, Emilio Bianchi ,Antonio Marceglia, Spartaco Schergat, Vincenzo Martellotta, Mario Marino
furono decorati con la Medaglia d'Oro al Valore Militare
 
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The Italian Patriot
view post Posted on 27/12/2010, 00:06




Onore a loro.
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 27/12/2010, 10:29




il piu grande successo della marina italiana nel secondo conflitto mondiale,non c'è dubbio
 
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Italoromano
view post Posted on 27/12/2010, 13:07




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 27/12/2010, 10:29) 
il piu grande successo della marina italiana nel secondo conflitto mondiale,non c'è dubbio

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Che peraltro non fu sfruttato come pure si sarebbe potuto, anche se nel breve periodo pose le basi per la travolgente offensiva rommeliana della primavera '42.
 
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GIUSEPPE MAZZINI
view post Posted on 27/12/2010, 13:46




sfruttarlo in che modo? vuoi dire nel senso che con le corazzate britanniche fuori servizio si sarebbe potuto far arrivare molti piu convogli a destinazione?
 
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Italoromano
view post Posted on 28/12/2010, 08:56




CITAZIONE (GIUSEPPE MAZZINI @ 27/12/2010, 13:46) 
sfruttarlo in che modo? vuoi dire nel senso che con le corazzate britanniche fuori servizio si sarebbe potuto far arrivare molti piu convogli a destinazione?

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All'inizio della guerra, nell'estate del 1940, la forza della Regia Marina era superiore a quella della Mediterranean Fleet britannica, sia per tonnellaggio complessivo che per numero delle unità disponibili; purtroppo, Supermarina - ossia lo Stato Maggiore della marina, a Roma - le fece tenere un contegno sostanzialmente difensivo, per non dire passivo.

Gli inglesi avevano alcuni vantaggi tattici non certo trascurabili, come il coordinamento tra unità navali e forza aerea imbarcata (=le portaerei) e l'addestramento al combattimento notturno, ma la verità è che, tantopiù dopo la "scaramuccia" di Punta Stilo (9 luglio 1940) e soprattutto dopo il raid sulla base di Taranto, la nostra Forza Navale da Battaglia venne impiegata esclusivamente per scortare i convogli diretti in Libia, senza più cercare di ingaggiare una battaglia (potenzialmente) risolutiva col nemico.

Nel dopoguerra, si sarebbe poi scoperto che gran parte delle nostre perdite furon dovute ad "Ultrasecret" - il congegno elettromeccanico elaborato a Bletchey Park per intercettare e decifrare in tempo utile le comunicazioni tra i vari comandi tedeschi attraverso la macchina cifrante "Enigma" -, ma se ad es. i Tedeschi avessero sostenuto con più forze aeree il nostro impegno nel Mediterraneo, era teoricamente possibile chiudere la partita in Nordafrica prima dell'Operazione Torch, che prese Rommel tra due fuochi.

Ma Hitler proprio non vedeva il settore mediterraneo, non ne comprendeva l'importanza, era insomma quel che suole definirsi un terrigno, il che peraltro lo condusse a diversi errori strategici, per lui rivelatisi poi fatali.
 
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view post Posted on 28/12/2010, 14:57
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QUOTE
Ricordiamo, 69 anni dopo, gli arditi incursori di Alessandria.

Figurati, con me sfondi una porta aperta, basta vedere il mio Avatar...
 
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Italoromano
view post Posted on 28/12/2010, 21:29




CITAZIONE (juvaborg @ 28/12/2010, 14:57) 
CITAZIONE
Ricordiamo, 69 anni dopo, gli arditi incursori di Alessandria.

Figurati, con me sfondi una porta aperta, basta vedere il mio Avatar...

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Sì, lo avevo già notato (ed apprezzato). ;)
 
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Rinascimento
view post Posted on 4/1/2011, 14:35




Gli incursori italiani della seconda guerra mondiali sono stati i primi in assoluto nella loro specialità, tanto che tutte le formazioni analoghe sorte in altre marine del mondo sono nate dopo e sulla base della loro imitazione.
 
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Italoromano
view post Posted on 4/1/2011, 21:01




CITAZIONE (Rinascimento @ 4/1/2011, 14:35) 
Gli incursori italiani della seconda guerra mondiali sono stati i primi in assoluto nella loro specialità, tanto che tutte le formazioni analoghe sorte in altre marine del mondo sono nate dopo e sulla base della loro imitazione.

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Verissimo.

Ma gli italiani fecero scuola anche per quel che riguarda la specialità della fanteria d'assalto: gli Arditi furono difatti la base da cui gli Americani partirono per formare i loro Rangers.

Sia in loro che nei Navy Seals, quindi, scorre sangue italiano, in un certo senso...





 
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9 replies since 24/12/2010, 09:28   306 views
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