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"Il Risorgimento ha mistificato molti episodi storici, strumentalizzando il passato con rifletture storicamente infondate" spiega Franco Cardini, docente di storia Medioevale all'Università di Firenze "I cosiddetti Vespri Siciliani sono uno di questi episodi. l'analisi ottocentesca di quei fatti ha del resto la stessa rilevanza storiografica dell'interpretazione della Battaglia di Legnano del 1176, che in quei decenni fu letta come momento cruciale di riscossa dell'Italianità, mentre si trattò di un fatto d'armi di scarso rilievo storico.
Che la lotta allo straniero non fosse nelle intenzioni dei siciliani lo conferma il dopo-Vespri: a massacro concluso, e sopratutto a seguito di vent'anni di guerra, i francesi vennero sì cacciati dall'isola, ma al loro postosubentrarono - chiamati e appoggiati dalla popolazione - gli Aragonesi, sovrani di Spagna.
Ma perchè allora i francesi finirono nel mirino dei Siciliani?
"La rivolta fu innanzitutto un atto d'accusa contro la politica di Carlo d'Angiò che, appena insediatosi, spostò la capitale da Palermo a Napoli dando il potere ad amministratori non più locali, ma francesi"" risponde Cardini.
Non conosco le posizioni politiche di Cardini, non so quale motivo l'abbia spinto a fare simili affermazioni, però esse mi sembrano in buona parte fondate. Purtroppo la storiografia Risorgimentale - come tutte le storiografie "impegnate" - ha peccato sovente di scarsa scientificità, come in molte analisi sullo Stato della Chiesa. Supportate da Machiavelli, certo, che però oltre a non essere l'unico depositario dell'assoluta Verità era a sua volta uno scrittore ben lungi dall'essere imparziale in merito.
Entrando nel merito:
a. La battaglia di Legnano fu rilevante nel senso che spinse Barbarossa a cercare una soluzione diplomatica, alleandosi con Alessandro III e strappando una tregua di sei anni a Venezia. La soluzione fu trovata nel 1183 a Costanza: essa costituì un compromesso, garantendo sia i "diritti acquisiti"(ovvero le regalie e l'ampia autonomia) dei Comuni della Lega sia il ruolo legittimante dell'Imperatore, nonché la sua giurisdizione in appello.
Più rilevante mi sembra l'analisi dei motivi che spinsero i contendenti alla guerra:
- La liberazione dallo straniero appartiene a Verdi, non alla Milano del XII secolo, giacché la Lega Lombarda non rivendicò mai l'indipendenza dall'Impero, bensì il mantenimento dell'ampio margine di autonomia "usurpato" grazie alla distanza geografica di un potere centrale troppo impegnato in beghe interne per potersi occupare della periferia.
- La restaurazione giuridica del Barbarossa, ovvero il recupero degli
jura regalia era sostenuto dai giuristi dell'Università di Bologna. Furono quattro bolognesi, Bulgaro, Ugo, Martino e Iacopo, a stilare la lista dei diritti regi rivendicati a Legnano.
- L'intervento dell'imperatore fu sollecitato da Lodi e Como, minacciate dall'espansionismo milanese.
b. A loro volta i Vespri non avevano nulla di Romantico:
- Come molti di voi hanno notato, il concetti di "nazionalità" era alieno al Medioevo e soprattutto al Medioevo italiano, che non conobbe nessuna Giovanna d'Arco.
- Ad essere in gioco erano gli interessi non del popolo - il cui coinvolgimento è oggetto di controversia -, bensì quelli di Carlo d'Angiò e di Clemente IV. Mentre il primo voleva espandersi ai danni del Piemonte al fine di emanciparsi dal vincolo feudale nei confronti del Papato, il secondo aveva bisogno di appoggi nel conflitto contro i ghibellini italiani. Gli Svevi, inoltre, defenestrati al termine della battaglia di Benevento(26.II.1266), non si erano ancora rassegnati alla perdita del Regno.
- Giovanni da Procida, come Ruggiero di Lauria, era in contatto con i fuoriusciti filo-Svevi, con Bisanzio e soprattutto con Pietro III d'Aragona. Il quale aveva un diritto dinastico sul Regno, avendo sposato Costanza, figlia di Manfredi di Svevia, nonché maggiore abilità dell'avversario francese nell'attrarre feudalità e borghesia locali.
- Messina, Palermo e Siracusa avevano appoggiato gli Angioini durante la rivolta del 1268, che per poco non aveva riportato sul trono gli Svevi, salvo staccarsi dalla dinastia nel decennio seguente.
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La rivolta fu innanzitutto un atto d'accusa contro la politica di Carlo d'Angiò che, appena insediatosi, spostò la capitale da Palermo a Napoli dando il potere ad amministratori non più locali, ma francesi
G. Vitolo è di ben altro parere. A pag.414 di
Medioevo. I caratteri originali di un'età di transizione scrive: "Un ruolo assai marginale deve essere assegnato invece al risentimento per lo spostamento della capitale da Palermo a Napoli, dato che già Federico II, e ancor di più i figli Corrado IV e Manfredi, erano stati indotti dalle vicende politiche a trattenersi più sulla terraferma che nell'isola."