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Microstorie, La Storia fuori dai libri di storia

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Allonsanfan
view post Posted on 15/5/2012, 22:09




Mi piacerebbe inaugurare qui una sezione dedicata alle "persone comuni", a quelle che, pur vivendo la storia come tutti noi, sono ricordati solamente entro la cerchia ristretta dei propri famigliari o compaesani.
Storie di uomini qualunque, esclusi dai libri di storia.

Vorrei cominciare con le vicende di due miei compaesani, padre e figlio, coinvolti nel sanguinoso Biennio che concluse la Seconda Guerra Mondiale e aprì la Guerra Fredda.
Il mio intento non è politico: vorrei parlarvi di loro perché nell'ultimo paio di mesi sono stati il mio forse insolubile "cold case", e perché la tragica vicenda di cui sono stati protagonisti mi ha profondamente appassionato, commosso, turbato e colpito.
Non so come funzionino le leggi sulla privacy. Nel dubbio ho scelto di omettere le fotografie e sostituire i cognomi con degli asterischi.
In questa versione del testo, a differenza di quella consegnata al mio allegro prof. di Storia Contemporanea e a quella inviata alla redazione di L'altra verità non contiene le note.
Qualora sia opportuno le aggiungerò in seguito.

I primi nomi che si incontrano, scorrendo la lista bronzea dei “caduti per cause di guerra” infissa sulla pietra del monumento di Mereto di Tomba, sono quelli di due militari: il capitano Valentino
*** e l’allievo ufficiale Luciano ***.
Padre e figlio.

Valentino *** nasce a Tomba di Mereto il 15 luglio 18**.
Qui frequenta le scuole elementari, prima di iscriversi al seminario di Udine.
Partecipa alla Grande Guerra, guadagnandosi le stellette da ufficiale.
Nel 1924 sposa Giulia *** e ottiene il posto di applicato di
segreteria in Comune, con uno stipendio di 6500 £ lorde
all’anno.
Nel 1933 figura come ufficiale della LXIII Legione della MVSN “Tagliamento”, incaricato dell’inquadramento della Legione Graduati Avanguardisti partecipanti all’adunata nazionale e direttore dei Corsi Premilitari per il biennio 1933- 1934; compie una buona carriera, fino al grado di Caporal Maggiore.
E’ padre di quattro figli: Luciano, Maria, Giuseppina e Alberta.
Allo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale viene richiamato sotto le armi e inviato, con il grado di capitano del II Reggimento di Fanteria, sul fronte jugoslavo.
L’armistizio lo spinge al ritornare a Mereto, a partire dal 23 settembre 1943 occupato da un presidio tedesco agli ordini del maggiore della Luftwaffe Enken Nikolaus. Il comune è entrato a far parte del “Litorale adriatico”, il cui supremo comando è tenuto dal commissario Friedrich Rainer, coadiuvato dal generale delle SS Odilo Globocnich e dal gaulaiter Carlo Starzacher, a detta del podestà Someda de Marco [noto per i molti meriti storici e letterari] “un gentiluomo, ma sempre tedesco”.
Fortunatamente, Nikolaus e Someda de Marco riescono a mantenere nel comune un certo equilibrio, limitando, entro i limiti del possibile, la violenza.
Le parole che il libro parrocchiale dedica ai tedeschi sono improntate a una pur diffidente benevolenza:
“23.IX.1943. Entra in paese e vi si accantona nella casa della GIL e nelle scuole comunali un reparto di truppe germaniche SS. La popolazione, che ne provò le sevizie durante l’occupazione dall’ottobre 1917 all’ottobre 1918, è spaventata e sta alla larga. La sera quasi tutti i germanici sono ubbriachi, suonano l’armonica e invitano le ragazze a ballare. Queste fuggono.
25.IX.1943. I germanici partono senza aver fatto niente di male ad alcuno.
1.X.1943. Giunge, si stabilisce in paese un reparto germanico comandato da un maggiore [Enken Nikolaus]. Nel dopodomani,3 ottobre, domenica, vengono ad assistere alla S. Messa, dopo la quale il maggiore si presenta al parroco per rendergli omaggio. Dopo alcuni giorni ci si persuade che sono buona gente che non soltanto non fanno alcun male, ma che fanno anche del bene.”
In virtù del suo grado, Valentino riceve la mansione di capo guardafili, incaricato di controllare che le linee telefoniche non vengano sabotate; compito questo che esegue con zelo.
La sera del 24 novembre 1944 viene fucilato da un gruppo di partigiani sulla piazza del paese, dopo essere stato prelevato dal suo posto di lavoro, in comune.
Il rapporto del podestà, le annotazioni del parroco e un articolo pubblicato su Il popolo del Friuli del 26 novembre permettono di ricostruire la fase del sequestro, mentre il delitto vero e proprio è rievocato dalle parole di Enea ***, sedicenne nipote della vittima, a sua volta impiegato presso il comando tedesco in qualità di trasportatore di materiali vari al campo aereo di Villaorba.
Da Il popolo del Friuli, microfilmato, conservato presso la sezione "Friuli" della Biblioteca Civica Joppi di Udine:
“L’opera dei fuori legge – L’applicato comunale ucciso a Mereto di Tomba. La sosta dei banditi in municipio.
Alcuni fuori legge armati con fucili mitragliatori giungevano l’altro ieri verso ore 17 a Mereto di Tomba. Dopo aver sostato per alcun po’ sulla piazza del paese il gruppetto si dirigeva verso la sede del Comune, inoltrandosi senza indugio in quegli uffici. Al podestà, all’applicato comunale ed agli impiegati imponevano unendo le parole alle minacce a mano armata il massimo silenzio ed a continuare le rispettive attività.
Installatisi tranquillamente negli uffici, essi sottoponevano tutti ad uno stringente interrogatorio, che soltanto dopo due ore poteva dirsi terminato. All’allontanarsi, verso le ore 19, essi portavano seco l’applicato del Comune Valentino ***, fu Santo e fu *** Maria, di 49 anni, residente in quel Comune.
Dalla sede del municipio il gruppo sempre preceduto dal ***, si recava nell’abitazione dell’applicato e in essa, metteva ogni cosa a soqquadro. Da questa abitazione i fuori legge si allontanavano rapinando diversi capi di biancheria, una bicicletta da uomo e un apparecchio radio che caricavano su un carro agricolo trainato da un cavallo che avevano tolto a Luigi ***, colono del luogo.
Non soddisfatti da queste rapine i banditi con spietata insistenza obbligavano il *** a rimanere ad essi unito, scortandolo attraverso le vie del paese sotto la costante minaccia dei loro fucili.
Giunti nella piazza centrale [piazza della Vittoria], nell’oscurità che ormai si era fatta, con alcune scariche di fucile assassinavano l’applicato comunale contro cui per quasi quattro ore si era sfogato il loro accanimento.
Compiuto il delitto gli assassini si allontanavano sopra il carro con la refurtiva.”

Dal rapporto del podestà, conservato nell’archivio comunale di Mereto di Tomba:
“25 novembre 1944.
[…]
Si comunica che ieri sera circa le ore 17.- un gruppo di individui vestiti da alpini e armati bloccarono Autorità e Impiegati in Municipio per circa due ore. Indi accompagnarono nella sua
abitazione l’Applicato Sig. *** Valentino ove eseguirono una perquisizione asportando effetti diversi, bicicletta, radio ecc. imponendo al Podestà accorso, di ritirarsi.-
Il *** Valentino condotto sulla pubblica piazza venne fatto oggetto di una scarica di mitraglia e decedeva poco dopo assistito dagli accorsi nella sua abitazione, ove era stato trasportato.
Sembra che i banditi si siano dileguati verso il Comune di Coseano.- ”

Dal libro storico parrocchiale, ff. 65v – 66r:
“24.11.1944. In questo giorno venne ucciso il sig.*** Valentino dai partigiani della Brigata Osoppo per motivi politici.
Da una squadra armata dei suddetti fu bloccato in municipio dov’era impiegato, da quei accompagnato a casa dove, dopo averla saccheggiata in tutta la roba personale che trovarono, lo sforzarono ad andare con loro.
Arrivati nel centro della piazza della chiesa, vicino al pilo della bandiera, lo percossero
ripetutamente e scaricatagli una raffica di mitraglia nelle gambe l’abbandonarono e si dileguarono.Erano le 21.30.
Quasi subito dopo accorsero i famigliari, il medico, il parroco che lo raccolsero, lo trasportarono a casa dove alle ore 23 spirò, dopo avere ricevuto i SS. Sacramenti.
Il podestà dott. Someda de Marco Pietro supplicò i partigiani ad essere clementi, ma inutilmente.”

Così Enea *** rievoca il delitto vero e proprio. La sua narrazione comincia dall’arrivo della comitiva a casa della vittima [è citata in Monutti Lao, Troiero Enrico, Uomini, fatti e misfatti del nord-est, Udine, Associazione culturale Magma, 1996, vol. II, pagg 56 - 58]
“Ero appena tornato a casa dal lavoro allorquando fui mandato a chiamare da zio Valentino. Mi recai a casa sua e vidi che con lui c’erano anche tre partigiani sui vent’anni. Erano paesani, e uno
per di più parente di Valentino. I tre sembravano voler assicurare mio zio dicendogli che non aveva nulla da temere e ch’essi erano lì solo per prelevare la radio, le divise e tutto il materiale militare.
Nel frattempo altri partigiani stavano caricando su di un carro, oltre alla radio e al materiale militare, tutto ciò su cui riuscivano a mettere mano come provviste e biancheria. Poi il carro si allontanò…
Giunse poi un altro partigiano, pare fosse di Pielungo, che ordinò ai tre presenti di portare mio zio ad un confronto con il segretario comunale ***, in buoni rapporti con i partigiani – per faccende riguardanti il Comune. Mio zio mi chiese di seguirlo. Accettai. Voleva accompagnarlo anche mia cugina Giuseppina, sua figlia, ma i partigiani rifiutando lei e me acconsentirono alla sola presenza della zia Giulia. I due furono condotti dal segretario, nella sua casa di via Diaz. Nessuno, tranne i presenti, seppero quel che fu detto in quell’arco di tempo, un’ora di confronto. Fatto sta che vidi mio zio e mia zia uscire sottobraccio dalla casa, seguiti dai partigiani armati di mitra, bombe a mano e pistole. Giunti in piazza, i partigiani ordinarono a zia Giulia di andare a casa. Lei lasciò il braccio del marito e si avviò…Valentino fu invitato a disporsi al centro della piazza. Lì c’è il monumento ai caduti. Lo attendeva un altro partigiano. Appena mio zio si diresse verso il luogo indicatogli, il partigiano più giovane, aveva 19 anni, gli sparò una raffica di mitra che gli troncò le gambe. Vidi il giovane sparare, anche se non potei osservare lo zio coperto alla mia vista dall’angolo d’una casa. Con Giuseppina accorremmo sul posto. Avvolto il ferito in una coperta lo portammo nel salotto di casa. Informati dell’accaduto, giunsero anche la zia Nicolina e lo zio Luigi
che dormiva fuori paese per tema dei partigiani e dei fascisti. Luigi ***, fratello di Giulia, classe 1915, per uscire dal campo di concentramento in Germania aveva accettato, pur senza convinzione, d’aderire alla RSI arruolandosi nella Divisione Alpina Monterosa. All’arrivo in Italia della Monterosa aveva abbandonato l’unità…Per aver aderito alla Monterosa era proscritto dai partigiani che, spesso, facevano irruzione in casa, minacciandone i parenti e prelevando cibo e armi.[…]
Valentino respirava ancora […] ma aveva perso molto sangue. Arrivò il prete. «Tanto è un fascista, che muoia pure!» non aveva mancato di sentenziare prima d’aver appena il tempo di svolgere il suo
uffizio al moribondo che subito dopo spirò.”
Non segue nessuna rappresaglia. Anzi, nell’archivio della prefettura, conservato presso l’archivio di Stato di Udine, non c’è traccia del rapporto del podestà, come nel rapporto del comando tedesco non c’è traccia del fatto di sangue. Come mai? Il seguito del racconto di Enea chiarisce anche questi punti.
“L’indomani, mentre la salma era ancora in casa nostra, giunse da Cisterna un maggiore delle SS quasi in contemporanea con mio cugino Luciano da Padova, il primo figlio di Valentino. Di fronte a
tutti i parenti, il maggiore disse a Luciano: «Se vuoi che tuo padre sia vendicato, possiamo farlo in quattro secondi, sappiamo chi è stato!» Luciano gli rispose: «Ormai mio padre è morto. Non si può fare niente e non servono altre vittime!»
Questa risposta fece sì che i tedeschi, che pure evidentemente conoscevano nomi e cognomi – si dice che l’ordine di uccidere mio zio fosse partito da un certo “Trieste” di Udine – non ponessero in
atto alcuna rappresaglia.”
Il bollettino settimanale del CINPRO n. 23 del 5 dicembre 1944 [Archivio della Brigata Osoppo, Biblioteca del Seminario di Udine], nella sezione dedicata alle “Azioni dei patrioti”, capoverso 9, così sintetizza l’accaduto: “Il 24/II è stato giustiziato a Mereto tale ***, filotedesco, elemento pericoloso.[…] Le azioni di cui al 9° e al 10° [l’esecuzione di tal
Barone, “patriota per conto proprio”] sono state compiute dalla 3^ Brigata I° Div. Osoppo.”

Purtroppo le poche informazioni a mia disposizione e la reticenza dei testimoni oggi viventi non mi hanno concesso di identificare gli assassini. “Trieste” non figura negli elenchi dei quadri dirigenti né della Osoppo né della Garibaldi.
Spero che ulteriori indagini, che per motivi di tempo non sono ancora riuscita a svolgere, mi permetteranno di ottenere altre informazioni.
Non sono state svolte indagini ufficiali, né un processo.
Il 14 dicembre 1944, a venti giorni dal delitto, la vedova si trasferisce a Udine assieme ai figli.
Nella sezione dedicata a Mereto di Tomba di Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della Regione Friuli Venezia Giulia nella II Guerra Mondiale Valentino risulta, eufemisticamente,
“deceduto[…] per cause di guerra, tumulato a Udine”.

Luciano ***, primogenito di Valentino, nasce a Mereto di
Tomba il 4 settembre 19**.
Iscritto all’università di Padova, dopo l’armistizio si arruola
nelle fila della RSI, venendo inquadrato come allievo ufficiale
nel III Battaglione del Reggimento Volontari Friulani Tagliamento, posto in funzione anti-titina a difesa delle valli del Natisone, di Gorizia e della zona di Montespino. Una zona strategica, ove il 26, 27 e 28 maggio 1944 si verifica un furioso scontro fra i volontari alpini e le forze congiunte di partigiani sloveni e italiani della Garibaldi.
Non da ultimo a causa del doppio gioco e della propaganda del
tenente Giuseppe Limido, il battaglione passerà dalla parte dei
partigiani verso la fine dell’aprile 1945, rendendosi protagonista di alcuni scontri con i tedeschi, quali quello del 25 a San Pietro e quello del 30 a Cividale.
“Nell’inverno del ‘44” ricorda Enea “trovandosi a casa in permesso, si recò con alcuni amici a fare un giro in bicicletta nelle osterie della zona. Tutti avevano bevuto un po’ e a Tomba di Mereto, per futili motivi, si accese una zuffa con i ragazzi del paese. Luciano, per spaventarli, sparò una raffica di mitra in aria. Non accadde nulla, ma anche in considerazione di tale episodio si cominciò a parlare di «farlo fuori come suo padre». Ritornato al reparto, ad un certo punto, ebbe chiara la sensazione che ormai tutto era perduto. Abbandonata l’unità si nascose dalle ricerche dei fascisti quale disertore a Udine, presso la fidanzata in via Martignacco. A conflitto terminato, il 4 maggio ’45, i partigiani del suo paese andarono a prelevarlo. Gli promisero di portarlo al sicuro a Mereto, anche facendo appello ai rapporti di amicizia che esistevano fra tutti i giovani della zona prima dei
sanguinosi fatti innescati dalla guerra civile. Invece, portato sul ciglio della fossa anticarro appresso il cotonificio fu ucciso. Fu suo zio Luigi *** a riconoscerlo al cimitero in mezzo ad altri cadaveri. Padre e figlio trovarono successiva sepoltura nel cimitero di Udine.”
 
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view post Posted on 31/8/2013, 19:04
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